FIERCE: il software che studia il passato, presente e futuro dei vulcani
Un nuovo software analizza la geometria dei dicchi magmatici
per comprendere l’attività eruttiva attuale e del passato dei
vulcani Etna, Stromboli, Somma-Vesuvio (Italia), Summer Coon (USA)
e Vicuña Pampa (Argentina) e ipotizzare futuri scenari eruttivi. Lo
studio, a firma INGV è stato pubblicato su Bulletin of
Volcanology
Si chiama FIERCE (FInding volcanic ERuptive CEnters by a
grid-searching algorithm in R) il nuovo software utilizzato da un
team di ricercatori dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale
di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OE), per studiare i relitti di
magma non eruttato (dicchi magmatici) e ricostruire gli antichi
sistemi di alimentazione dei vulcani confrontandoli con quelli
attuali, al fine di ipotizzare possibili futuri scenari eruttivi.
Elaborato in collaborazione con il Dipartimento Politecnico di
Ingegneria e Architettura (DPIA) dell’Università di Udine (UNIUD) e
con l’Instituto de Bio y Geociencias del Noroeste Argentino
(IBIGEO) di Salta, FIERCE è in grado di analizzare la disposizione
geometrica dei dicchi e individuare la posizione dei centri
vulcanici che li hanno generati. La ricerca è stata pubblicata su
Bullettin of Volcanology (https://link.springer.com/article/10.1007/s00445-017-1102-3).
“Questo software”, spiega Marco Neri, Vulcanologo dell’INGV-OE, “è
stato applicato a cinque vulcani dalle caratteristiche differenti:
i vulcani italiani Etna, Stromboli e Somma-Vesuvio; l’americano
Summer Coon; e, infine, l’argentino Vicuña Pampa”.
I dicchi sono stati considerati come prodotti da intrusioni
magmatiche superficiali (alcune centinaia di metri) o profonde
(alcuni chilometri). Quelli superficiali possono avere una
distribuzione geometrica puramente “radiale”, quando tutti i dicchi
convergono in un unico punto (il centro vulcanico), oppure
“tangenziale”, nel caso in cui i dicchi si allineano lungo
superfici semi-circolari come le pareti di una caldera. Le
intrusioni magmatiche profonde, invece, generano dicchi
“regionali”, ovvero disposti lungo fratture della crosta terrestre
profonde vari chilometri. Il software FIERCE ha permesso di
indagare tutte e tre le combinazioni di dicchi, individuando quella
più probabile per ogni vulcano analizzato.
“Se l’americano Summer Coon è risultato un vulcano alimentato
esclusivamente da dicchi radiali convergenti in un unico centro
eruttivo”, osserva Marco Neri, “nei casi italiani dell’Etna e del
Somma-Vesuvio i dicchi indicano che i centri vulcanici più antichi
avevano posizioni diverse rispetto a quella attuale. A Stromboli,
invece, è risultato evidente come alcuni dicchi superficiali siano
stati deviati delle pareti della Sciara del Fuoco, mentre altri
risultano allineati secondo faglie tettoniche regionali della
crosta terrestre. Nell’argentino Vicuña Pampa, infine, il software
ha individuato due antichi centri eruttivi che hanno alimentato
quel vulcano, nonostante l’erosione abbia smantellato quasi
completamente l’apparato eruttivo”.
I dicchi magmatici osservati lungo le pareti erose dei vulcani,
come nella Valle del Bove dell’Etna o nella Sciara del Fuoco dello
Stromboli sono formati da magma che, raffreddandosi lentamente
all'interno delle fratture, si solidifica diventando roccia dura e
compatta.
“Trovandosi all'interno dei vulcani”, prosegue Marco Neri, “i
dicchi restano ai nostri occhi quasi sempre invisibili. Solo in
rari casi possono affiorare in superficie, quando il vulcano è
profondamente eroso o quando violente esplosioni formano profonde
caldere”. Tutti questi processi fanno emergere strati interni degli
apparati vulcanici e mostrano i dicchi e gli antichi sistemi di
alimentazione magmatica.
“Studiare i dicchi significa, quindi, analizzare il passato di un
vulcano e i suoi antichi sistemi di alimentazione, per capirne
l’evoluzione geologica. Nel corso dei secoli i vulcani cambiano,
modificano la loro forma, la posizione delle camere magmatiche e
dei condotti eruttivi. La comprensione di questo passato, quindi,
può dare informazioni utili anche sul futuro di un vulcano e su
come esso evolverà”, conclude Marco Neri.