Architetti in crisi e sulla soglia della povertà
Non farà piacere ai fautori del "va tutto bene" per forza. Purtroppo, però, quello che i professionisti italiani già sapevano molto bene e che era già stato ...
Non farà piacere ai fautori del "va tutto bene" per forza.
Purtroppo, però, quello che i professionisti italiani già sapevano
molto bene e che era già stato certificato anche dall'ISTAT e da
Inarcassa, adesso è stato attestato anche dal IV Rapporto sulla
professione dell'architetto a cura del Cresme e del
Consiglio Nazionale degli Architetti PPC: gli architetti (ma
mi sento di dire anche tutte le altre professioni dell'area
tecnica) hanno un reddito molto prossimo alla soglia di
povertà.
Con un reddito medio pari a circa 17 mila euro, al netto
dell'inflazione, una perdita (tra il 2008 e il 2013) di circa il
40% del reddito professionale annuo lordo, il 68% degli Architetti
vanta crediti nei confronti della committenza privata, mentre il
32%, un terzo degli architetti sul totale dei 152mila
professionisti italiani, attende pagamenti da parte del settore
pubblico.
Nonostante gli interventi del Governo volti a sbloccare i pagamenti
da parte della P.A., in media, i giorni necessari per ottenere un
pagamento sono arrivati nel 2013 a oltre 217 (erano 129 nel 2010 e
90 nel 2006). Considerato il privato, con le imprese si è passati
dai 114 giorni del 2011 ai 172 del 2013, mentre con le famiglie da
70 a 98 giorni. Il problema delle insolvenze è maggiormente sentito
nel Sud del Paese, mentre al Nord il fattore critico è
rappresentato dal rapporto con le banche: il 57% degli architetti
ha, infatti, debiti con istituti di credito, società finanziarie o
fornitori.
Questi sono i drammatici dati di sintesi del IV Rapporto sullo
stato della professione dell'architetto promosso dal Consiglio
Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e
Conservatori in collaborazione con il Cresme.
L'indagine ha, inoltre, evidenziato un altro dato: l'impossibilità
o comunque la forte difficoltà nell'avviare o incrementare la
propria attività all'estero. Le dimensioni degli studi
professionali non consentono, infatti, di affrontare le difficoltà
derivanti dall'operare fuori dal Paese. Sono, infatti, circa 70
mila gli studi di architettura in Italia, che impiegano appena un
dipendente non architetto e 1,5 collaboratori esterni con partita
Iva. Secondo l'Agenzia delle entrate, il fatturato annuo medio
degli studi, nel 2012, si aggirava intorno a 38 mila euro, contro i
55 mila degli studi di ingegneria.
La prima conseguenza di questi dati sta nella perdita di appeal del
corso di laurea di architettura: il numero complessivo di
immatricolati ad un corso di laurea di architettura, è crollato del
51% negli ultimi 5 anni (nel 2012, rispetto al 2007, quasi 7 mila
immatricolati in meno), una flessione nettamente più marcata di
quanto registrato per il complesso dei corsi di laurea (17%).
"Siamo alle soglie della povertà - ha sottolineato
Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli
Architetti - e, senza una inversione di rotta, da parte
della politica e del Governo, rischiamo di non sopravvivere alla
crisi. La vera risposta sta nel lancio e nella realizzazione di un
grande progetto d'investimento di idee e di denaro sulle città per
intervenire sugli 8 milioni di edifici che si avviano a fine vita;
per risparmiare 25 miliardi di euro all'anno di energia che viene,
di fatto, sprecata; per mettere le case e le città in sicurezza da
sismi ed inondazioni, alle quali anche in queste ore siamo
costretti ad assistere; per realizzare spazi pubblici che ridiano
il senso delle comunità, ricreando le condizioni affinché
fioriscano idee, innovazione e impresa".
"Serve anche superare - e serve farlo subito - le
anacronistiche regole discriminatorie che impediscono alla
stragrande maggioranza degli studi professionali di piccole e medie
dimensioni e pressoché alla totalità dei giovani architetti
italiani di partecipare alle gare per l'affidamento di servizi di
architettura e di ingegneria. Ci battiamo da anni contro il vecchio
sistema che, fissando requisiti quantitativi, come il fatturato ed
il numero di dipendenti del professionista, ha di fatto
progressivamente riservato questo mercato ad un numero molto
ridotto di strutture professionali. Ciò in contraddizione con le
più recenti direttive europee in materia di appalti".
"In questo momento di crisi - conclude il presidente
degli architetti italiani - siamo pronti ad organizzarci in
reti professionali e interprofessionali sul territorio nazionale e
nel mondo e a cambiare anche profondamente i nostri Studi
professionali per integrare conoscenze e competenze. Chiediamo
però, primo un segnale da parte dllo Stato: quello di estendere ai
professionisti che si aggregano le agevolazioni fiscali che la
legge di Stabilità 2015 prevede per le attività di impresa e di
lavoro autonomo nella fase di start up".
A cura di Ing. Gianluca Oreto
Documenti Allegati
Rapporto Cresme/CNAPPCIL NOTIZIOMETRO