Nuovo Codice Appalti, con il D.Lgs. n. 50/2016 passo indietro rispetto alla normativa precedente
Con l'approvazione, pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ed entrata in vigore del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 si è concluso un periodo di passio...
Con l'approvazione, pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ed entrata in vigore del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 si è concluso un periodo di passione durato 24 mesi e che ha finalmente portato alla revisione delle disposizioni in materia di appalti pubblici.
Nonostante l'idea originaria che ha mosso la redazione del nuovo Codice degli Appalti (oltre chiaramente il recepimento delle Direttive comunitarie) fosse quella di fornire il nostro Paese di uno strumento innovativo che semplificasse le regole e incentivasse gli investimenti delle pubbliche amministrazioni e dei privati, sin dai primi giorni di applicazione della nuova norma è sembrato che qualcosa non fosse stato correttamente considerato.
L'assenza di una corretta disciplina transitoria, i dubbi iniziali circa l'entrata in vigore, l'assenza di una disciplina speciale per i servizi di architettura e ingegneria, la necessità di 50 provvedimenti per il completamento della riforma e alcuni difetti (che saranno probabilmente risolti con i prossimi errata corrige) hanno contribuito senz'altro a far montare lo scontento dei professionisti dell'area tecnica interessati alla materia.
Per misurare la temperatura del disagio, ho intervistato il Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, nonché Coordinatore della Rete delle Professioni Tecniche Armando Zambrano, che ha gentilmente risposto ad alcune mie domande che riporto di seguito.
Domanda: Come giudica il
processo di approvazione del D.Lgs. n. 50/2016? In particolare,
sono stati rispettati tutti i principi della delega e recepite le
osservazioni della Rete delle Professioni Tecniche?
Risposta: Se lo vediamo nel suo complesso, il
testo non recepisce in toto lo spirito della Legge delega circa la
centralità della progettazione, costituendo, per alcuni importanti
aspetti, un arretramento rispetto alla normativa precedente, in
particolare se ci riferiamo alla Determinazione Anac 4/2015. Il
nuovo Codice, poi, non dispone di una parte specificamente dedicata
ai servizi di ingegneria e architettura, come se questi ultimi
potessero essere assimilati semplicemente alle altre tipologie di
forniture e di servizi. Un altro punto che mi sento di dover
criticare riguarda la non obbligatorietà del Dm 143 (il cosiddetto
“decreto parametri”) per la determinazione del corrispettivo da
porre a base di gara. Così facendo si lascia alle stazioni
appaltanti la più ampia libertà nel determinare il valore
dell’appalto, con evidenti rischi di abusi ed elusioni. Confidiamo,
però, nelle linee guida ANAC e nei provvedimenti ministeriali per
sistemare queste questioni.
D. Ritiene che sia stata
data sufficiente attenzione alla data di entrata in vigore del
Codice e alla disciplina transitoria?
R. Per scrivere la versione definitiva della
legge delega in materia di appalti pubblici, entrata in vigore lo
scorso 28 gennaio, il Parlamento ha impiegato quasi 2 anni,
lasciando solo 4 mesi per la stesura del decreto legislativo. Un
tempo eccessivamente ristretto, soprattutto per una materia
decisamente complessa come quella degli appalti pubblici; ciò ha
impedito il pieno coinvolgimento degli operatori del settore, come
la RPT, che invece hanno fornito un contributo importante nella
stesura della legge delega. Ciò ha portato, da un lato, ad emanare
una normativa che ha tradito in importanti aspetti lo spirito della
originaria legge delega. E, dall’altro, ha provocato una serie di
dubbi interpretativi sulla effettiva data di entrata in vigore
della stessa legge. Un primo comunicato stampa congiunto Anac-Mit
affermava, infatti, che i bandi pubblicati a partire dal 19 aprile
ricadessero nella nuova disciplina. Tale scelta, tuttavia, rendeva
retroattiva l’applicazione delle nuove regole visto che la
pubblicazione della legge in Gu è avvenuta, in tardissima serata,
alle 22 del 19 aprile. Con un nuovo comunicato del 3 maggio, quindi
Anac e Mit hanno dovuto rettificare quanto affermato in precedenza,
precisando che i bandi pubblicati il 19 aprile (per un valore di
circa 92 milioni di euro, dal momento che molte stazioni appaltanti
si sono affrettate a pubblicare i bandi per sfuggire al nuovo
regime) ricadono ancora nella vecchia normativa. Insomma una legge
già partita col piede sbagliato.
D. Come giudica la parziale
abrogazione del D.P.R. n. 207/2010? Non pensa che si rischia di
vanificare l'idea di semplificazione con un corpo normativo
incompleto dei decreti attuativi e in cui sono presenti solo alcune
parti del vecchio regolamento?
R. Direi proprio di sì. Infatti, anche se il
nuovo codice appalti è composto da soli 220 articoli e, per questa
ragione, viene sbandierato come “semplificazione”, per far funzionare operativamente
il codice saranno necessari, quantomeno, 43 decreti attuativi con
tutto ciò che questo comporta in termini di ritardi, complicazioni,
norme contradditorie e di difficile interpretazione. Si rischia
oggettivamente, come è facile intuire, di vanificare lo sforzo
iniziale di ridurre al minimo il numero degli articoli del nuovo
Codice.
D. L'art.
95 comma 4 del DLgs n.50/2016 prevede la possibilità di utilizzare
il criterio del massimo ribasso per i lavori di importo pari o
inferiore a 1.000.000 euro. Come giudica questa
disposizione?
R. La giudico un buon passo in avanti rispetto
al vecchio Codice nel quale, al contrario, si poteva sempre
utilizzare il criterio del massimo ribasso a prescindere dalle
soglie. Giudico, inoltre, positivamente la norma che prevede che
per l’aggiudicazione dei servizi di ingegneria e architettura è
possibile ricorrere al criterio del prezzo più basso solo per
contratti di importo inferiore ai 40 mila euro. Nel vecchio codice,
ricordo, si poteva utilizzare il criterio del prezzo più basso, per
contratti fino a 100 mila euro. È stata, quindi, finalmente accolta
la tesi, avanzata più volte dalla Rpt in diverse sedi, per la quale
non sempre rispondeva all’interesse del committente aggiudicare il
contratto al concorrente che offriva il “prezzo più basso”,
soprattutto laddove l’offerta risultava palesemente anomala e
soprattutto perché ciò portava alla realizzazione di opere non di
qualità. L’amministrazione aggiudicatrice, infatti, spesso non
valutava adeguatamente se un’offerta presentava sospetti di
anomalia, non procedendo alla sua “verifica” di attendibilità.
Davanti ad offerte per lo svolgimento di servizi di ingegneria che
presentavano ribassi folli (anche del 100%) le amministrazioni
dovevano immediatamente riconoscere la natura di “prezzo fuori
mercato” piuttosto che di “miglior prezzo di mercato” e questo
spesso non accadeva. Il nuovo Codice, poi, introduce alcune
importanti innovazioni rispetto a quello precedente. In linea con
le nostre richieste tese a riportare al centro del processo di
realizzazione delle opere pubbliche la progettazione, va valutato
molto positivamente il divieto di ricorrere all’appalto integrato,
così come il fatto che gli appalti relativi ai lavori dovranno
essere affidati ponendo a base di gara il progetto
esecutivo. Inoltre, è molto positiva la cancellazione dal Codice
della norma che avrebbe consentivo alle Società di ingegneria di
operare anche nel settore privato senza rispettare vincoli e
obblighi a cui devono invece sottostare professionisti e società
tra professionisti.
D. Quali sono i punti da
migliorare su cui lavorerà la Rete delle Professioni
Tecniche?
R. In primo luogo, il ripristino per le
stazioni appaltanti dell’obbligo di applicare il Dm 143 per
determinare l’importo da porre a base d’asta. Su questo specifico
punto voglio però essere fiducioso: come è noto, il nuovo Codice
affida meritoriamente all’Anac la stesura delle linee guida (cd.
Soft Law) che andranno a sostituire il regolamento di attuazione.
Nel documento di consultazione sulle linee guida che l’Anac ha
recentemente pubblicato, anche a seguito delle numerose
segnalazioni avanzate alla stessa Anac dalla Rpt, proprio tale
obbligo di applicazione del Dm 143 viene ripristinato. Altri
correttivi sui quali ci impegneremo riguardano l’introduzione di
requisiti specifici per la qualificazione per i servizi di
ingegneria e architettura, in quanto quelli generali rischiano di
tagliare fuori dal mercato degli appalti pubblici la quasi totalità
di professionisti e società di ingegneria. Inoltre sarebbe
necessario prevedere l’obbligo di iscrizione all’albo e quindi di
formazione continua anche per i progettisti interni alla pubblica
amministrazione, così come l’estensione del fondo di progettazione
anche ad altre opere e non solo a quelle strategiche. Vi sono poi
altre azioni che potrebbero essere intraprese per migliorare la
governance degli appalti pubblici come l’avvio di un processo per
la riqualificazione delle stazioni appaltanti anche mediante
l’assunzione di personale tecnico qualificato, ormai ridotto ai
minimi termini. Inoltre è necessario un vero snellimento delle
procedure anche, per alcune tipologie di lavori, attraverso
l’accorpamento in un’unica fase della progettazione definitiva ed
esecutiva.
Ringrazio il Presidente Zambrano per il prezioso contributo.
A cura di Ing. Gianluca Oreto
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