Codice Appalti e Correttivo, la stangata del Consiglio di Stato sulle Tariffe Professionali
Nonostante si parli di parere favorevole (leggi articolo), le numerose condizioni e osservazioni poste dal Consiglio di Stato in merito allo schema di decret...
Nonostante si parli di parere favorevole (leggi articolo), le numerose condizioni e osservazioni poste dal Consiglio di Stato in merito allo schema di decreto correttivo al nuovo Codice dei contratti di cui al D.lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice Appalti), palesano uno scontro nel merito tra il potere legislativo e quello giuridico con rischi molto elevati per professionisti e imprese che tali regole dovrebbero applicare.
Senza volere entrare troppo dentro un parere “numericamente” copioso e particolareggiato (com'è giusto che sia), interessante è la parte relativa all'articolo 24 del Codice ovvero quella relativa alla progettazione interna e esterna alle amministrazioni aggiudicatrici in materia di lavori pubblici.
Su tale articolo, il Consiglio di Stato rileva le seguenti osservazioni:
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non piace la modifica al comma 3 che impone l’obbligo di iscrizione dei progettisti interni all’albo professionale dal momento che l’unico requisito soggettivo legalmente indispensabile per lo svolgimento dell’attività professionale è il conseguimento della relativa abilitazione. In tal senso, i giudici del CdS non riescono a individuare “l’interesse pubblico che giustifichi l’introduzione dell’obbligo generalizzato di iscrizione”. Il Consiglio di Stato ha ricordato che nel vigore del previgente codice del 2006, lo stesso Consiglio Nazionale degli Ingegneri aveva ritenuto di prevedere la firma dei progetti da parte dei progettisti interni, alla sola condizione che fossero abilitati dell’esercizio della professione (art. 90, comma 4, d.lgs. n. 163/2006) ma non necessaria l’iscrizione all’Ordine professionale dei progettisti-dipendenti pubblici;
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non piace neanche la modifica al comma 8 tanto caldeggiata dai tutti i Consigli Nazionali dell'area tecnica (Architetti e Ingegneri in primis). I giudici del CdS hanno, infatti, osservato che tale modifica, come specificato nelle relazioni di accompagnamento, mira a rendere più pregnante la tutela dei professionisti esterni, ponendoli al riparo da affidamenti per importi troppo ribassati rispetto alle tariffe professionali. Tuttavia l’introduzione, in luogo della mera facoltà, di un sostanziale obbligo per le stazioni appaltanti di riferirsi alle tabelle ministeriali dei corrispettivi comporta di per sé un aggravio dei costi, non considerato dalla relazione tecnico/finanziaria, e in definitiva una violazione del criterio di invarianza. Si è quindi suggerito di mantenere il testo vigente o, in alternativa, di prevedere una possibilità di deroga alle tabelle ministeriali. In tale ultima ipotesi sarebbe allora opportuno sostituire nel correttivo le parole: “sono utilizzati” con le seguenti: “sono, salvo motivata deroga, utilizzati”.
Le preoccupazioni del Consiglio Nazionale degli Ingegneri
Il Consigliere Tesoriere Ing. Michele Lapenna, delegato ai Lavori Pubblici, non condivide quanto riportato dal CDS per quanto attiene alle modifiche apportate dal Correttivo all'articolo 24 del Codice che oltre a sottointendere un palese contrasto tra ANAC e Consiglio di Stato risultano essere in contrasto con la legge delega che, superando quando previsto dalla precedente normativa, tendeva a ridefinire il ruolo della PA all'interno del processo di realizzazione delle opere pubbliche affidando ai tecnici interni il ruolo importantissimo del controllo dalla fase di programmazione a quella di esecuzione.
Secondo Lapenna “Non sono condivisibili le osservazioni relative al comma 3 dell'articolo 24 relativamente alla prevista iscrizione all'albo dei progettisti interni alla PA. Il parere sembra ignorare le modifiche apportate dal DPR 137/2012 agli Ordinamenti Professionali Italiani e all'importanza, segnalata dalla Rete delle Professioni Tecniche e recepita dal governo, dell'aggiornamento professionale obbligatorio previsto dalla nuova normativa. Non condivisibile a tale proposito il presunto aggravio che ne deriverebbe alle Stazioni Appaltanti dalla iscrizione all'Ordine valutato mediamente attorno ai 100 euro annuo”.
“Assolutamente non condivisibile – continua Lapenna - quanto riportato nel parere, limitatamente al comma 8 dello stesso articolo 24, circa l'obbligatorietà della base d'asta calcolata con il Decreto Parametri. Il parere ricorre nuovamente nell'errore di considerare la base d'asta come una tariffa inderogabile mentre si tratta della determinazione di un Corrispettivo sottoposto a gara e conseguentemente a ribasso alla stregua del Prezzo di una qualsiasi lavorazione”.
“La base d'asta – conclude Lapenna - è il riferimento essenziale per la determinazione della Procedura di gara da porre in essere e a Tal fine rappresenta un elemento oggettivo di garanzia e trasparenza come ribadito più volte e ripetutamente dall'ANAC”.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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