Codice dei contratti: non gettiamo via il bambino con l’acqua sporca
Assistiamo da qualche giorno, e dopo che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sciolto le Camere, alle prime avvisaglie di campagna elettorale ...
Assistiamo da qualche giorno, e dopo che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sciolto le Camere, alle prime avvisaglie di campagna elettorale con un risveglio di interesse da parte degli operatori del settore e dei media sul “Codice dei contratti”, il decreto legislativo 18 aprile 2006, n. 50 che ha cancellato, senza alcun periodo transitorio, il previgente Codice di cui al d.lgs. n. 163/2006 rimasto in vigore per 10 anni.
Nei mesi precedenti all’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016 e sin dal tempo della stesura della legge delega (legge n. 11/2016), siamo stati tra i primi a denunciare alcuni fatti che, oggi a distanza di quasi due anni, sono diventati oggetto del dibattito di molti tra i quali il Presidente dell’ANAC Raffaele Cantone, il fondatore di Energie per l’Italia Stefano Parisi ed alcuni giornalisti di importanti testate nazionali.
Prime avvisaglie sul Corriere della sera del 29 dicembre 2017 in cui Raffaele Cantone ha dichiarato “L’Autorità che presiedo è stata creata sostanzialmente con questa legislatura. Nasce da un’idea moderna, e cioè che la corruzione vada combattuta non solo dopo, con il giudice penale, ma anche prima, con la prevenzione. Mi auguro che la prossima campagna elettorale non metta in discussione questo principio”.
A seguire in un altro articolo, Stefano Parisi risponde così a Raffaele Cantone “L'Anac va abolita alla prima riunione del Consiglio dei Ministri della prossima legislatura, insieme al nuovo codice degli appalti”.
A seguire un articolo di Giorgio Santilli sul Sole24ore in cui il giornalista afferma che imprese e cittadini italiani combattono ogni giorno la battaglia dei problemi concreti provocati da un apparato normativo ipertrofico e da una pubblica amministrazione inefficiente. Nel caso del Codice dei contratti, siamo perfettamente d’accordo con il giornalista de Il Sole 24 Ore relativamente alla prima indicazione (quella dell’apparato normativo ipertrofico) mentre dissentiamo sulla seconda non perché la pubblica amministrazione non sia inefficiente ma perché questa è dovuta ad un Codice non soltanto ipertrofico ma, anche, di difficile attuazione per la mancanza di fondamentali provvedimenti attuativi.
Valga per tutti l’esempio del vuoto normativo creato relativamente alle norme sulla direzione dei lavori che erano presenti nella Parte II, Titolo VIII, Capi I, II e III del Regolamento n. 207/2010 e abrogate dal Codice dei contratti. Ricordiamo che risultano abrogati dall’ormai lontano 18 aprile 2016 gli articoli dal 147 al 177 del Regolamento n. 207/2010 con un vuoto normativo creatosi con l’abrogazione “tout court” e senza alcun periodo transitorio dei citati articoli (dal 147 al 177). In pratica con tale abrogazione sono state cancellate tutte le norme cui un direttore dei lavori poteva far riferimento relativamente, tra l’altro, alla consegna dei lavori, alla sospensione e ripresa dei lavori, alla sospensione illegittima, alla determinazione dei nuovi prezzi, alle contestazioni tra la stazione appaltante e l’esecutore, ai sinistri alle persone e danni, ai danni cagionati per fora maggiore, all’accettazione qualità ed impiego dei materiali. Vuoto che durerà sin quando non sarà pubblicato il decreto del MIT (articolo 111, comma 1) relativo alle modalità con cui il direttore dei lavori effettua l’attività di controllo tecnico, contabile e amministrativo dell’esecuzione di lavori. È vero che è prevista la predisposizione del decreto ma resta il fatto che dal 18 aprile 2016 non sappiamo ancora sino a quando sarà colmato questo vuoto.
In verità non ci voleva molto a comprendere che il passaggio da un sistema binario (codice + regolamento) a un sistema certamente più flessibile nell'adattarsi alle mutate esigenze operative, ma molto più articolato e complesso da realizzare (codice più un’infinità di provvedimenti attuativi vincolanti e non vincolanti), non avrebbe consentito la piena operatività in tempi ragionevoli. D’altra parte quando ad un regolamento attuativo si sostituiscono decine e decine di provvedimenti vengono moltiplicati "n" volte i pareri della Conferenza unificata, del Consiglio di Stato, delle Commissioni parlamentari e di quant’altro necessario e la situazione diventa quella attuale con un sistema normativo che pur incompleto è, comunque, ipertrofico, di difficile comprensione e che non consente alla Pubblica amministrazione di diventare efficiente.
All’articolo di Santilli ha fatto seguito un’intervista di Raffaele Cantone rilasciata al Sole24ore in cui il Presidente dell’Anac prende le distanze dal Codice affermando che “Questo non è il codice dell’Anac, le scelte le ha fatte la politica. Anche oggi, se si volesse decidere di cambiare strada, sarebbe una scelta che spetta alla politica. L’Anac non ha ridotte da difendere: poteri o prerogative ci sono stati dati della politica in un disegno che, per altro, è stato approvato originariamente dal Parlamento quasi all’unanimità. Detto questo, ritengo che per un certo provincialismo italiano e per ragioni politiche, probabilmente evitare procedure di infrazioni Ue su altri fronti, si sia deciso un recepimento frettoloso delle direttive Ue. Siamo stati, insieme al Regno Unito, l’unico Paese che ha rispettato alla lettera quel termine”.
Segnaliamo, anche, il pensiero del Presidente dell’Ance Raffele Buia che dice no a un azzeramento del codice, pure invocato da qualche parte politica, e attende che il prossimo Governo vari un robusto correttivo.
Sono, quindi, tutti d’accordo sulla necessità di intervenire per rimettere in carreggiata la riforma ma le opinioni sono, in certi casi, diametralmente opposte e vanno, come quella del Pd che parla di attuazione da velocizzare e chi, come quella della Lega, che pensa ad una integrale riscrittura del Codice.
Ma la verità sta nel fatto che, probabilmente, sino ad oggi si è navigato a vista senza la presenza di quella cabina di regia che era prevista all’articolo 212 del Codice dei contratti e che avrebbe dovuto (udite, udite), come è possibile leggere all’articolo 1, comma 2, lettera b) del codice “curare, se del caso con apposito piano di azione, la fase di attuazione del presente codice coordinando l’adozione, da parte dei soggetti competenti, di decreti e linee guida, nonché della loro raccolta in testi unici integrati, organici e omogenei, al fine di assicurarne la tempestività e la coerenza reciproca”.
Sino al 4 marzo ne sentiremo delle belle e scopriremo che tutti (sì, proprio tutti) manifesteranno il loro dissenso sul Codice dei contratti e prenderanno le dovute distanze sullo stesso prospettando in qualche caso anche l’abolizione del Codice dei contratti.
Noi che siamo stati tra i primi a dissentire su un codice con troppi provvedimenti attuativi e senza un congruo periodo transitorio non siamo di quest’avviso e riteniamo che questa non sia una soluzione adeguata a risolvere il problema. Non avrebbe senso “gettare via il bambino con l’acqua sporca” perché, in questa maniera non faremmo tesoro degli errori commessi.
È ovvio, comunque, che è necessaria una riforma del Codice che non può essere, adesso, delegata al Governo ma che deve essere effettuata con una legge ordinaria su cui dovranno prendersi le proprie responsabilità coloro che saranno chiamati dalle urne a governare. Una riforma che non può non passare attraverso modifiche fondamentali principalmente sui provvedimenti attuativi per i quali, a nostro avviso, è necessario arrivare ad una regolamentazione che, pur non essendo unica come il previgente Regolamento n. 207/2010, potrebbe essere suddivisa sui tre argomenti basilari nella progettazione e realizzazione delle opere pubbliche. In pratica, tenendo, conto del lavoro già fatto dall’ANAC con le linee guida già in vigore e che, pur essendo state predisposte, non sono entrate, ancora, in vigore, potrebbero essere realizzati i tre regolamenti (vincolanti) che dovrebbero essere emanati come decreti ministeriali su:
- programmazione e progettazione
- affidamento
- realizzazione
A cura di arch. Paolo Oreto
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