ALLARME RIBASSI: LE RISPOSTE DI PAOLO GRASSI PRESIDENTE FEDERARCHITETTI
Cinque domande per cinque presidenti. Ecco, qui di seguito le risposte di Paolo Grassi, Presidente di Federarchitetti. Sulle procedure di affidamento P...
Cinque domande per cinque presidenti. Ecco, qui di seguito
le risposte di Paolo Grassi, Presidente di
Federarchitetti.
Sulle procedure di affidamento
Presidente, perché negli affidamenti degli incarichi il sistema più utilizzato è quello del prezzo più basso e non quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa?
Per il perpetuarsi di una scelta miope che, nel privilegiare un apparente minore spesa iniziale, paga poi gli interessi nella qualità dei progetti e nella esecuzione, oltre che nei maggiori costi di manutenzione, come dimostra la condizione di degrado di strutture anche pochi anni dopo la realizzazione, posto che vengano utilizzate dopo la rituale “inaugurazione”.
Altre misure devono modificare i criteri di accesso al mercato subordinato alle potenzialità economiche delle strutture professionali, ricercando “garanzie” diverse, prevalentemente in termini interprofessionali, ed, ancora, la soppressione della definizione di “opera affine” limitata alla stessa destinazione d’uso, concetto che si caratterizza per l’ingessare le capacita intellettive dei progettisti, creando specialisti monotematici.
Sulla derogabilità dei minimi di tariffa e sugli attuali ribassi
Presidente, qual è l’idea del suo Consiglio in merito al problema relativo alla derogabilità dei minimi di tariffa e come pensa che sia possibile evitare i ribassi "selvaggi"?
Parzialmente in controtendenza con chi considerava e considera ancora oggi una misura sciagurata la soppressione dei minimi tariffari, abbiamo considerato superato il concetto che legava la prestazione professionale ad un mero calcolo aritmetico di più aliquote. Abbiamo ritenuto che fosse il momento di considerare la valutazione della prestazione sia in termini qualitativi sia legata ad altre componenti che avessero la loro incidenza nel determinare il costo base della stessa, quali il tempo previsto e, realmente impiegato, per il suo espletamento e le professionalità e addetti che coinvolte nel complesso delle singole fasi dell’intervento.
Un siffatto sistema sarebbe stato quindi soggetto a elementi di valutazioni sia oggettive, (ciò che è necessario per redigere l’incarico), sia soggettive legate alla valutazione delle specifiche difficoltà annesse, ai tempi occorrenti ed, appunto, i professionisti o dipendenti coinvolti.
Ne deriva una necessaria crescita culturale che fissa i diversi rapporti tra committenza, pubblica o privata e professionisti, rispettivamente con procedura indiretta o trattazione diretta.
Le valutazioni economiche, per una medesima prestazione richiesta, sarebbero diverse in base alle valutazioni assunte ed al confronto con la committenza, ma aderenti ad oneri e utili considerati.
Con ciò, è possibile adottare anche una soluzione all’aspetto che ha assunto maggior rilievo dopo l’avvento della “Bersani”, ovvero la individuazione di “minimi”, oltre i quali l’offerta è da considerarsi “anomala” e destinata all’ esclusione.
Per Federarchitetti può essere assunto come riferimento il CCNL dei dipendenti degli studi professionali, di cui siamo co-firmatari all’interno di Confedertecnica, quale indice minimo del costo della prestazione, estendendo ai livelli previsti dallo stesso anche ai componenti libero professionali, fermo restando la discrezionalità soggettive per ogni valutazione della prestazione dei singoli. Và da sé che costi inferiori rileverebbero lavoro “in nero”, sanzionabili con l’esclusione dalla procedura di affidamento.
Lo studio formulato, di cui attendiamo parere sottoposto c/o la Direzione attività Produttive dell’Antitrust e del Ministero di Grazia e Giustizia, riteniamo costituisse un’ipotesi percorribile per portare a soluzione il problema, ma l’impressione avuta è che la tendenza a sollevare e creare problemi prevalga sulla volontà di risolverli. Il ruolo delle OO. Sindacali libero professionali, delle rappresentanze dei “Consumatori” o degli Enti Locali, sarebbero ben definite, così come la collocazione degli Ordini, per un giudizio “terzo” in casi di controversie.
Sulla dignità della professione
Presidente, ritiene che un ribasso "selvaggio" tolga dignità alla professione ed in tal caso quali meccanismi crede che possano utilizzare i Consigli provinciali e nazionali degli Ordini per porre rimedio ad un problema definito da tutti veramente grave?
Il rimedio sta nel trovare una alternativa in tempi rapidi, ed abbiamo dimostrato che una soluzione è possibile anche senza la semplificazione del ritorno dei “minimi”. Su questo gli Ordini possono assumere un ruolo fondamentale attuando un sistema di vigilanza sull’operato delle Amministrazioni e prevedendo sanzioni sia per i RUP che per i professionisti che accettano onorari incongrui inferiori ai limiti individuati. E’ questo un voler salvaguardare l’interesse collettivo anche in termini di qualità della produzione progettuale e della correttezza delle procedure.
Noi operiamo a favore di una crescita complessiva delle libere professioni e degli studi, partendo da pari condizioni di accesso al lavoro e con procedure che favoriscano l’inserimento dei giovani, (in numero proporzionale all’importanza delle opere) e forme di sinergia tra studi e società di ingegneria.
Riteniamo che il “numero chiuso”, da molti auspicato, sia un espediente pilatesco che non tiene in conto destinazione e dignità dei giovani, se non come serbatoio di precariato a basso costo.
Sulla riforma delle libere professioni
Presidente, sino a qualche tempo fa le libere professioni tecniche erano molto vicine al CUP che era anche riuscito a presentare una legge di iniziativa popolare. Oggi la posizione delle professioni tecniche sembra più debole. Quali strumenti ritiene, oggi, possano essere utilizzati affinché in questa legislatura veda la luce la riforma delle libere professioni?
Premesso che non considero assolutamente il CUP rappresentativo del comparto delle libere professioni tecniche, la posizione di queste è debole perché un effettivo riconoscimento delle modifiche rivendicate, sia per le prassi instaurate che per gli aspetti legislativi, pur semplici da attuare, contrastano con interessi politicamente più forti: quali? Burocrazia, università, imprese.
Un risultato potrebbe raggiungersi se si attuasse una sinergia di intenti con le componenti ordinistiche, quali garanti collettive dei processi procedurali e quelle sindacali, quali parti sociali ufficialmente riconosciute, a tutela degli aspetti riguardanti le attività professionali, anche con il sostegno delle casse di Previdenza.
Le proposte sulla riforma delle professioni sono state finora formulate con il “copia e incolla”, evitando di toccare i punti più sensibili, anche nell’ottica, errata, di concentrare più funzioni, anche fra loro incompatibili, all’interno delle strutture ordinistiche.
Riteniamo che vadano chiaramente esplicitati i differenti ruoli tra sindacati ed Ordini perché le rispettive funzioni possano essere espletate prive delle contraddizioni attuali ma in sinergia; che vada riconosciuto autonomia di percorso del comparto libero professionale, fin dalla composizione degli Albi e dei Consigli, nella formazione, nel rispetto ed indipendenza dei ruoli pubblico ed autonomo.
Sulle procedure per superare l’attuale crisi
Presidente, quali possono essere, secondo Lei tre possibili risposte all’attuale crisi delle libere professioni?
1) Riforme legislative A) di sostanziali modifiche al T.U. sui LL.PP. , eliminando le attività progettuali previste ancora all’interno delle stazioni appaltanti con tutte le distorsioni che ne derivano ben segnalate dalla stessa Autorità di Vigilanza; creando momenti di sinergia che possano giovare all’esplicarsi delle procedure, riconsegnando i collaudi ai professionisti esterni per evitare la prassi dell’autocontrollo e liberando opportunità di lavoro. B) riforma delle professioni con chiaro riferimento agli status professionali ed ai differenti ruoli Ordinistici e dei sindacati professionali. 2) Provvedimenti legislativi, ad esempio, quelli recentemente proposti da Federarchitetti come: --lettera liberatoria a saldo dell’onorario quale atto necessario al completamento dell’istruttoria dei permesso di costruzione o DIA; -semplificazione, con l’istituzione di soli Albi Provinciali, eliminando quelli Comunali, forieri di un chiuso sistema clientelare di “architettura municipale”; -la revisione dell’istituzione dei concorsi di progettazione e, dei concorsi di idee, se privi di prospettive di realizzazione ma come sola acquisizione nell’archivio dell’ente locale; -incrementare l’attività di tirocinio retribuito negli studi ed implicazione dei giovani in numero proporzionale all’importo delle opere; -disciplinari tipo nazionali. 3) Diversi comportamenti di soggetti quali: le Banche, che negano supporto all’attività professionale, la Magistratura, che con tempi biblici induce a transazioni che taglieggiano gli onorari maturati,lla classe politica che deve pur risolvere problematiche di comparti determinante sulla qualità della vita e dei rapporti tra istituzioni e cittadini.in un’ottica non clientelare o economica e non sfuggendo ad un democratico confronto con le rappresentanze professionali. Non ultimo, si auspica un rinnovato impegno di supporto alla crescita delle condizioni dei liberi professionisti da parte di Inarcassa.
Ringraziamo il Presidente Grassi per le sue interessanti risposte che metteremo a confronto con quelle degli altri presidenti che pubblicheremo nei prossimi giorni.
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Sulle procedure di affidamento
Presidente, perché negli affidamenti degli incarichi il sistema più utilizzato è quello del prezzo più basso e non quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa?
Per il perpetuarsi di una scelta miope che, nel privilegiare un apparente minore spesa iniziale, paga poi gli interessi nella qualità dei progetti e nella esecuzione, oltre che nei maggiori costi di manutenzione, come dimostra la condizione di degrado di strutture anche pochi anni dopo la realizzazione, posto che vengano utilizzate dopo la rituale “inaugurazione”.
Altre misure devono modificare i criteri di accesso al mercato subordinato alle potenzialità economiche delle strutture professionali, ricercando “garanzie” diverse, prevalentemente in termini interprofessionali, ed, ancora, la soppressione della definizione di “opera affine” limitata alla stessa destinazione d’uso, concetto che si caratterizza per l’ingessare le capacita intellettive dei progettisti, creando specialisti monotematici.
Sulla derogabilità dei minimi di tariffa e sugli attuali ribassi
Presidente, qual è l’idea del suo Consiglio in merito al problema relativo alla derogabilità dei minimi di tariffa e come pensa che sia possibile evitare i ribassi "selvaggi"?
Parzialmente in controtendenza con chi considerava e considera ancora oggi una misura sciagurata la soppressione dei minimi tariffari, abbiamo considerato superato il concetto che legava la prestazione professionale ad un mero calcolo aritmetico di più aliquote. Abbiamo ritenuto che fosse il momento di considerare la valutazione della prestazione sia in termini qualitativi sia legata ad altre componenti che avessero la loro incidenza nel determinare il costo base della stessa, quali il tempo previsto e, realmente impiegato, per il suo espletamento e le professionalità e addetti che coinvolte nel complesso delle singole fasi dell’intervento.
Un siffatto sistema sarebbe stato quindi soggetto a elementi di valutazioni sia oggettive, (ciò che è necessario per redigere l’incarico), sia soggettive legate alla valutazione delle specifiche difficoltà annesse, ai tempi occorrenti ed, appunto, i professionisti o dipendenti coinvolti.
Ne deriva una necessaria crescita culturale che fissa i diversi rapporti tra committenza, pubblica o privata e professionisti, rispettivamente con procedura indiretta o trattazione diretta.
Le valutazioni economiche, per una medesima prestazione richiesta, sarebbero diverse in base alle valutazioni assunte ed al confronto con la committenza, ma aderenti ad oneri e utili considerati.
Con ciò, è possibile adottare anche una soluzione all’aspetto che ha assunto maggior rilievo dopo l’avvento della “Bersani”, ovvero la individuazione di “minimi”, oltre i quali l’offerta è da considerarsi “anomala” e destinata all’ esclusione.
Per Federarchitetti può essere assunto come riferimento il CCNL dei dipendenti degli studi professionali, di cui siamo co-firmatari all’interno di Confedertecnica, quale indice minimo del costo della prestazione, estendendo ai livelli previsti dallo stesso anche ai componenti libero professionali, fermo restando la discrezionalità soggettive per ogni valutazione della prestazione dei singoli. Và da sé che costi inferiori rileverebbero lavoro “in nero”, sanzionabili con l’esclusione dalla procedura di affidamento.
Lo studio formulato, di cui attendiamo parere sottoposto c/o la Direzione attività Produttive dell’Antitrust e del Ministero di Grazia e Giustizia, riteniamo costituisse un’ipotesi percorribile per portare a soluzione il problema, ma l’impressione avuta è che la tendenza a sollevare e creare problemi prevalga sulla volontà di risolverli. Il ruolo delle OO. Sindacali libero professionali, delle rappresentanze dei “Consumatori” o degli Enti Locali, sarebbero ben definite, così come la collocazione degli Ordini, per un giudizio “terzo” in casi di controversie.
Sulla dignità della professione
Presidente, ritiene che un ribasso "selvaggio" tolga dignità alla professione ed in tal caso quali meccanismi crede che possano utilizzare i Consigli provinciali e nazionali degli Ordini per porre rimedio ad un problema definito da tutti veramente grave?
Il rimedio sta nel trovare una alternativa in tempi rapidi, ed abbiamo dimostrato che una soluzione è possibile anche senza la semplificazione del ritorno dei “minimi”. Su questo gli Ordini possono assumere un ruolo fondamentale attuando un sistema di vigilanza sull’operato delle Amministrazioni e prevedendo sanzioni sia per i RUP che per i professionisti che accettano onorari incongrui inferiori ai limiti individuati. E’ questo un voler salvaguardare l’interesse collettivo anche in termini di qualità della produzione progettuale e della correttezza delle procedure.
Noi operiamo a favore di una crescita complessiva delle libere professioni e degli studi, partendo da pari condizioni di accesso al lavoro e con procedure che favoriscano l’inserimento dei giovani, (in numero proporzionale all’importanza delle opere) e forme di sinergia tra studi e società di ingegneria.
Riteniamo che il “numero chiuso”, da molti auspicato, sia un espediente pilatesco che non tiene in conto destinazione e dignità dei giovani, se non come serbatoio di precariato a basso costo.
Sulla riforma delle libere professioni
Presidente, sino a qualche tempo fa le libere professioni tecniche erano molto vicine al CUP che era anche riuscito a presentare una legge di iniziativa popolare. Oggi la posizione delle professioni tecniche sembra più debole. Quali strumenti ritiene, oggi, possano essere utilizzati affinché in questa legislatura veda la luce la riforma delle libere professioni?
Premesso che non considero assolutamente il CUP rappresentativo del comparto delle libere professioni tecniche, la posizione di queste è debole perché un effettivo riconoscimento delle modifiche rivendicate, sia per le prassi instaurate che per gli aspetti legislativi, pur semplici da attuare, contrastano con interessi politicamente più forti: quali? Burocrazia, università, imprese.
Un risultato potrebbe raggiungersi se si attuasse una sinergia di intenti con le componenti ordinistiche, quali garanti collettive dei processi procedurali e quelle sindacali, quali parti sociali ufficialmente riconosciute, a tutela degli aspetti riguardanti le attività professionali, anche con il sostegno delle casse di Previdenza.
Le proposte sulla riforma delle professioni sono state finora formulate con il “copia e incolla”, evitando di toccare i punti più sensibili, anche nell’ottica, errata, di concentrare più funzioni, anche fra loro incompatibili, all’interno delle strutture ordinistiche.
Riteniamo che vadano chiaramente esplicitati i differenti ruoli tra sindacati ed Ordini perché le rispettive funzioni possano essere espletate prive delle contraddizioni attuali ma in sinergia; che vada riconosciuto autonomia di percorso del comparto libero professionale, fin dalla composizione degli Albi e dei Consigli, nella formazione, nel rispetto ed indipendenza dei ruoli pubblico ed autonomo.
Sulle procedure per superare l’attuale crisi
Presidente, quali possono essere, secondo Lei tre possibili risposte all’attuale crisi delle libere professioni?
1) Riforme legislative A) di sostanziali modifiche al T.U. sui LL.PP. , eliminando le attività progettuali previste ancora all’interno delle stazioni appaltanti con tutte le distorsioni che ne derivano ben segnalate dalla stessa Autorità di Vigilanza; creando momenti di sinergia che possano giovare all’esplicarsi delle procedure, riconsegnando i collaudi ai professionisti esterni per evitare la prassi dell’autocontrollo e liberando opportunità di lavoro. B) riforma delle professioni con chiaro riferimento agli status professionali ed ai differenti ruoli Ordinistici e dei sindacati professionali. 2) Provvedimenti legislativi, ad esempio, quelli recentemente proposti da Federarchitetti come: --lettera liberatoria a saldo dell’onorario quale atto necessario al completamento dell’istruttoria dei permesso di costruzione o DIA; -semplificazione, con l’istituzione di soli Albi Provinciali, eliminando quelli Comunali, forieri di un chiuso sistema clientelare di “architettura municipale”; -la revisione dell’istituzione dei concorsi di progettazione e, dei concorsi di idee, se privi di prospettive di realizzazione ma come sola acquisizione nell’archivio dell’ente locale; -incrementare l’attività di tirocinio retribuito negli studi ed implicazione dei giovani in numero proporzionale all’importo delle opere; -disciplinari tipo nazionali. 3) Diversi comportamenti di soggetti quali: le Banche, che negano supporto all’attività professionale, la Magistratura, che con tempi biblici induce a transazioni che taglieggiano gli onorari maturati,lla classe politica che deve pur risolvere problematiche di comparti determinante sulla qualità della vita e dei rapporti tra istituzioni e cittadini.in un’ottica non clientelare o economica e non sfuggendo ad un democratico confronto con le rappresentanze professionali. Non ultimo, si auspica un rinnovato impegno di supporto alla crescita delle condizioni dei liberi professionisti da parte di Inarcassa.
Ringraziamo il Presidente Grassi per le sue interessanti risposte che metteremo a confronto con quelle degli altri presidenti che pubblicheremo nei prossimi giorni.
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A cura di Paolo
Oreto
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