APPALTI A PREZZI CHIUSO E REVISIONE DEI PREZZI CONTRATTUALI

Nell'istituto dell'appalto a prezzo chiuso, la finalità del meccanismo di revisione dei prezzi, prevista dall'art. 133, comma 3 del dlgs 163/2006, è quella d...

30/06/2009
Nell'istituto dell'appalto a prezzo chiuso, la finalità del meccanismo di revisione dei prezzi, prevista dall'art. 133, comma 3 del dlgs 163/2006, è quella di consentire entro certi limiti di conservare nel tempo il valore del compenso da percepire da parte dell'appaltatore, nel caso che, a fronte di un significativo aumento dell'inflazione reale (e di una conseguente diminuzione del potere di acquisto della moneta), il prezzo contrattuale sia divenuto meno remunerativo di quanto non lo fosse originariamente. Per tale motivo lo scostamento tra inflazione reale e inflazione programmata viene effettuato sulla base dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) al netto dei tabacchi, che si riferisce ai consumi dell'insieme delle famiglie che fanno capo a un lavoratore dipendente operaio o impiegato.

Lo ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3569 del 9 giugno 2009, in risposta all'appello presentato contro il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, per l'annullamento di una precedente sentenza del TAR. Con il ricorso in questione, l'appellante contestava il Decreto del Ministro delle Infrastrutture del 6 dicembre 2006, con il quale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 26, comma 4, della legge 11.2.1994, n. 109 (oggi art. 133 comma 3 dlgs. 163/2006) è stato rilevato, sulla base dei dati forniti dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, uno scostamento tra inflazione programmata ed inflazione reale non superiore al 2% con riferimento a ciascuno degli anni compresi tra il 1993 e il 2005. In particolare, a dire dell'appellante, nel respingere il ricorso di primo grado il Tar avrebbe erroneamente individuato la ratio sottesa all'istituto dell'aggiornamento del prezzo contrattuale nella esigenza di garantire stabilità e contenimento alle spese delle pubbliche amministrazioni ed avrebbe per tal via erroneamente ritenuto legittimo, anche ai fini della determinazione del tasso inflattivo cui ragguagliare il prezzo d'appalto, il riferimento all'indice FOI redatto annualmente dall'ISTAT per rilevare l'aumento del costo della vita sulla base dell'aumento dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati e degli operai.

Per i lavori pubblici affidati dalle stazioni appaltanti, infatti, secondo quanto previsto dall'art. 133, comma 3 del Dlgs 163/2006 (Codice degli appalti), si applica il prezzo chiuso, consistente nel prezzo dei lavori al netto del ribasso d'asta, aumentato si una percentuale, da applicarsi nel caso in cui la differenza tra il tasso di inflazione reale e quello programmato nell'anno precedente sia superiore al 2%, all'importo dei lavori ancora da eseguire per ogni anno intero previsto per l'ultimazione dei lavori stessi. Tale percentuale è fissata, con decreto del Ministro delle infrastrutture da emanare entro il 31 marzo di ogni anno, nella misura eccedente la predetta percentuale del 2 per cento.

Come precisato dai giudici di Palazzo Spada, è pienamente condivisibile il rilievo secondo cui, nell'appalto a prezzo chiuso, la ratio dell'istituto compensativo non può compendiarsi unicamente nell'esigenza di tutelare l'Amministrazione contro il rischio di scompensi nella erogazione della spesa. Secondo quanto ammesso dal Consiglio di Stato, se in linea di principio può affermarsi che nell'istituto dell'appalto a prezzo chiuso si compendiano anche intuibili esigenze di contenimento dei costi delle amministrazioni appaltanti e di stabilizzazione della spesa pubblica, la finalità principale è stata invece quella di prevedere un meccanismo di normale rivalutazione del prezzo contrattuale, al fine di mantenere pressoché inalterato nel tempo il potere d'acquisto della moneta nello stesso espressa.

Se, dunque, la finalità del meccanismo di adeguamento del prezzo è dunque quella di consentire, entro certi limiti, di conservare nel tempo il valore del compenso da percepire da parte dell'appaltatore, per il caso che, a fronte di un significativo aumento dell'inflazione reale ( e di una conseguente diminuzione del potere di acquisto della moneta), il prezzo contrattuale sia divenuto meno remunerativo di quanto non lo fosse ab origine, ne viene che, già in base a tale corretta ricostruzione dell'istituto, non appare censurabile la determinazione della Amministrazione di calcolare lo scostamento tra i due indici inflattivi sulla base dell'indice FOI.

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