Abusi edilizi e Ordine di demolizione: il tempo non sana l'abuso
L'abusi edilizio è un illecito di natura permanente e per questo motivo il decorso del tempo e l’inerzia dell’amministrazione non legittimano in alcun modo l...
L'abusi edilizio è un illecito di natura permanente e per questo motivo il decorso del tempo e l’inerzia dell’amministrazione non legittimano in alcun modo l’edificazione avvenuta senza titolo.
Seguendo una giurisprudenza ormai consolidata sul tema, è questo il chiarimento arrivato dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 3351 del 4 giugno 2018, intervenuta sul ricorso presentato da una pubblica amministrazione contro una sentenza di primo grado che aveva accolto un ricorso presentato per l'annullamento di un'ordinanza di demolizione di un’opera abusiva (una baracca in lamiera, adibita a rimessa attrezzi e ricovero animali, asseritamente realizzata agli inizi degli anni Settanta, su un’area soggetta a vincolo di inedificabilità.
La sentenza di primo grado
I giudici del TAR, accogliendo il ricorso, avevano rilevato preliminarmente che l’opera oggetto della ingiunzione di demolizione, per caratteristiche e dimensioni, ancorché modeste, doveva ritenersi sottoposta a permesso di costruire (e a concessione edilizia per quanto riguarda il regime precedente alla entrata in vigore del d.P.R. n. 380 del 2001), in quanto non precaria e in grado di arrecare comunque una trasformazione del territorio. Ciò premesso il TAR, ai fini dell’accoglimento del ricorso ha richiamato alcuni propri precedenti, pronunciati su controversie simili.
Si legge nella sentenza di primo grado che si ritiene leso il legittimo affidamento ingenerato nel privato e si fa riferimento alla convinzione, nel successivo detentore, in ordine alla legittimità del proprio operato, per effetto della consapevole, prolungata inerzia mantenuta dal Comune nell’esercizio del potere repressivo.
La decisione del Consiglio di Stato
I giudici di Palazzo Spada, riprendendo una giurisprudenza consolidata sull'argomento (vai allo Speciale Abusi Edilizi), hanno accolto la tesi dell'amministrazione ricorrente rilevando alcuni punti chiave sull'argomento:
- l'ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo non richiede una particolare motivazione in ordine alla sussistenza di uno specifico interesse pubblico al ripristino della legittimità violata, e ciò nonostante sia decorso un considerevole lasso di tempo dalla commissione dell'abuso;
- deve infatti escludersi la configurabilità di un legittimo affidamento in capo al responsabile dell'abuso o al suo avente causa nonostante il decorso del tempo dal commesso abuso;
- l'ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare.
Una giurisprudenza ormai costante ha riconosciuto all’illecito edilizio natura di illecito permanente in quanto un immobile interessato da un intervento illegittimo conserva nel tempo la sua natura abusiva tale per cui l’interesse pubblico al ripristino della legalità violata è “in re ipsa”, quindi l’interesse del privato deve intendersi necessariamente recessivo rispetto all'interesse pubblico all'osservanza della normativa urbanistico - edilizia e al corretto governo del territorio.
Ciò posto, alla luce della sentenza dell’Adunanza plenaria n. 9 del 2017 emerge che “la mera inerzia da parte dell’amministrazione nell’esercizio di un potere/dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l’edificazione sine titulo) è sin dall’origine illegittimo". Tale inerzia non può certamente radicare un affidamento di carattere legittimo in capo al proprietario dell’abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata.
Non è in alcun modo concepibile l’idea stessa di connettere al decorso del tempo e all’inerzia dell’amministrazione la sostanziale perdita del potere di contrastare l’abusivismo edilizio, ovvero di legittimare in qualche misura l’edificazione avvenuta senza titolo, non emergendo oltretutto alcuna possibile giustificazione normativa a una siffatta – e inammissibile – forma di sanatoria automatica.
Con tali motivazioni l'appello è stato accolto e la sentenza di primo grado annullata.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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