Abusivismo edilizio e demolizioni: a che punto siamo?
Parlare di abusivismo edilizio e demolizioni in Italia è un po' come provare a svuotare il Mar Mediterraneo con secchiello e paletta. Il fenomeno è così comp...
Parlare di abusivismo edilizio e demolizioni in Italia è un po' come provare a svuotare il Mar Mediterraneo con secchiello e paletta. Il fenomeno è così complesso, diffuso, radicato e spesso datato, e con una normativa di difficile e immediata applicazione, che riuscire a fornire dati e soluzioni è un'impresa pressoché impossibile che chi ci governa non è mai riuscito a dare.
Alcuni dati sono stati illustrati dall'ultimo Dossier di Legambiente "Abbatti l'abuso - I numeri delle (mancate) demolizioni nei comuni italiani" che prova a rappresentare il volto dell'abusivismo in Italia, a definire le problematiche (reali o presunte) che ostacolano l’intervento delle ruspe e il ripristino della legalità e a fornire alcune possibili soluzioni con tanto di proposta di legge per risolvere una una problematica definita una "pagina vergognosa della nostra storia recente".
In Dossier di Legambiente evidenzia subito che non è possibile sintetizzare compiutamente con un numero i dati che riguardano l'abusivismo edilizio in quanto manca un serio censimento nazionale del fenomeno. Questo nonostante l'obbligo previsto per Regioni e Comuni di censire il patrimonio immobiliare abusivo. Proprio per questo motivo per provare a definire il fenomeno, o quantomeno a dare un ordine di grandezza, ci si affida alle stime, ai numeri parziali di alcune ricerche e alle liste delle Procure della Repubblica che intimano ai sindaci di fare le demolizioni.
A titolo d'esempio, il Dossier di Legambiente evidenzia alcuni casi eclatanti come quello dell'isola di Ischia, in cui le case abusive colpite da ordine definitivo di abbattimento sono 600 e le pratiche di condono presentate in occasione delle tre sanatorie arrivano al numero di 27mila, una media di quasi una per famiglia. Tra Torre del Greco e Massa Lubrense, nel golfo di Napoli, gli immobili da abbattere con sentenza passata in giudicato raggiungono la cifra di 3.353. A Palermo, a gennaio, la Procura Generale ha convocato i sindaci per fare il punto sulla lotta all’abusivismo e spingere a un cambio di passo sul fronte delle demolizioni. Tra i casi limite, quello di Termini Imerese, dove giacciono in attesa di esecuzione ben 850 ordinanze definitive, di cui molte con sentenza che risale all’inizio degli anni ’90. Il Procuratore Capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, intervenendo a un convegno organizzato da Legambiente a febbraio, ha dichiarato che nei comuni della provincia di Pirandello, Sciascia e Camilleri, pendono oltre 36mila istanze di condono. Di queste, 9.998 sono nel comune di Palma di Montechiaro, con una media di 1,2 per famiglia. Stessa cosa a Licata, dove le case illegali sono 17mila, anche qui 1,2 a famiglia, su un territorio di 180 chilometri quadrati. Di queste, 400 sorgono entro la fascia d’inedificabilità assoluta dei 150 metri dal mare, e la gran parte risale agli anni Ottanta e Novanta, quando a fronte di 150-200 concessioni edilizie, contestualmente si rilevavano 100-130 abusi.
Legambiente ricorda che l'art. 31, comma 3 del DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia) prevede che se il proprietario di un immobile abusivo non rispetta l’ingiunzione alla demolizione entro 90 giorni, lo stesso viene automaticamente acquisito al patrimonio immobiliare pubblico, inclusa l’area di sedime per un’estensione massima di dieci volte la superficie dell’abuso. Al comma 4, l'art. 31 del Testo Unici Edilizia prevede che “l’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente”. Questo significa che il patrimonio edilizio abusivo, colpito da ordine di abbattimento non eseguito entro i tempi di legge, è a tutti gli effetti proprietà del Comune, che lo demolisce in danno dell’ex proprietario, ossia anticipando le spese che poi dovrà farsi risarcire, o - eccezionalmente - lo destina a usi di comprovata pubblica utilità.
"Senza sottovalutare i numeri del “nuovo” - riporta il Dossier di Legambiente - occuparsi di abusivismo edilizio nel 2018 significa soprattutto fare i conti con le mancate demolizioni e con le ragioni di uno stallo che consente a decine di migliaia di edifici abusivi di sopravvivere alla legge, e spesso alle sentenze, per decenni. Che consente, senza che qualcuno li faccia sgomberare, agli ex proprietari e ai loro famigliari di continuare a godere gratuitamente del bene immobile pur avendone persa la proprietà. Quello che pesa maggiormente, che tiene in ostaggio il territorio, in particolare quello costiero, è il vecchio abusivismo che da decenni non viene demolito".
La proposta di legge di Legambiente
Il primo aspetto della proposta di Legambiente riguarda la responsabilità delle demolizioni che deve essere data agli organi dello Stato, nella figura dei prefetti, esonerando da tale onere i responsabili degli uffici tecnici comunali e, in subordine, soggetti che ricoprono cariche elettive, ovvero i sindaci.
Ciò premesso, le direttrici su cui intervenire riguardano:
- il passaggio della responsabilità esclusiva ai prefetti;
- il controllo della Corte dei Conti sul danno erariale;
- prescrizione e demolizione;
- ricorsi al Tar e iter di demolizione;
- chiusura dei condoni;
- emersione degli immobili non accatastati.
In allegato il dossier completo con il dettaglio della proposta di Legambiente.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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