Ance, Troppi tagli agli investimenti e pochi alla politica

La manovra, finalizzata al raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2014, comporta una correzione quantificabile in 48 miliardi di euro. Tale correzione v...

22/07/2011
La manovra, finalizzata al raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2014, comporta una correzione quantificabile in 48 miliardi di euro. Tale correzione viene in parte attuata attraverso una riduzione degli stanziamenti iscritti nel bilancio. Si tratta di 1,5 miliardi nel 2012, 3,5 miliardi di euro nel 2013 e 5 miliardi di euro nel 2014.

Il timore è che questi tagli, come già accaduto in passato, vadano a incidere ancora una volta sulla componente in conto capitale della spesa pubblica e in particolare su quella destinata alla realizzazione di nuove infrastrutture, già colpita dalle manovre finanziarie degli ultimi anni, che hanno sensibilmente ridotto le risorse per nuovi investimenti infrastrutturali (-10,4% nel 2009, -9,5% nel 2010 e -18,4 nel 2011, per una riduzione complessiva, nel triennio, del 34%).

L'Ance condivide la necessità di una manovra di rigore che persegua il giusto obiettivo del pareggio di bilancio entro il 2014. Allo stesso tempo chiede che sia finalmente avviata una vera stagione di crescita e di sviluppo. Il contenimento del debito pubblico non può essere l'unica meta attualmente conseguibile.

Così il paese arretra, e le nostre imprese chiudono. La lenta emorragia di lavoratori che il settore sta vivendo ormai da quasi tre anni è inarrestabile: si stanno perdendo alla spicciolata, senza troppo clamore della stampa, migliaia di operai ogni mese. Dall'inizio della crisi siamo già arrivati a circa 350 mila addetti in meno in tutto il settore dell'edilizia.

Eppure, come evidenziano i dati di tutti gli istituti di ricerca a cominciare dal nostro Centro studi, l'edilizia è uno dei settori con maggiore peso economico se si considera che sono circa 3 milioni gli addetti (compreso l'indotto) e che ogni miliardo investito nel settore attiva investimenti diretti e indiretti per 3,3 miliardi. E lo sanno bene paesi come la Germania e la Francia che sulle infrastrutture stanno puntando con successo visto che le performance del settore sono in netta ripresa con un evidente effetto traino sul Pil. In Germania, nel 2010, gli investimenti in costruzioni sono cresciuti del 2,8% contribuendo all'incremento del Pil che nello stesso anno ha registrato un +3,6%; la Francia, invece, sta frenando la caduta negativa degli investimenti in costruzioni degli scorsi anni, grazie ad una politica d'incentivi che ha fatto crescere dell'1,8% gli investimenti in abitazioni.

Siamo certi che tagliando qualche privilegio della nostra strabordante classe politica sia nazionale che locale, e mettendo mano a un programma serio di liberalizzazione e di apertura dei tanti, troppi, mercati chiusi senza concorrenza potremmo recuperare i fondi che servono per mettere in sicurezza il territorio, per costruire strade e ponti, per migliorare la vivibilità delle nostre città. Per avviare, infine, un serio piano di infrastrutturazione del nostro Paese che manca ormai da troppi anni e che ci sta portando in fondo alle classifiche europee quando invece negli anni 70 eravamo ai primi posti: con 4.000 km di rete autostradale, l'Italia era seconda solo alla Germania, mentre oggi, con 6.588 km, abbiamo circa la metà di autostrade di Germania e Spagna e un terzo in meno della Francia.

Questo non significa, però, che nulla è stato fatto. Abbiamo apprezzato lo sforzo del Ministro Matteoli e ora del ministro Castelli di avviare un difficile percorso di riforma improntato allo snellimento delle procedure e abbiamo visto con favore alcune norme del decreto sviluppo che hanno introdotto concetti innovativi da noi invocati da tempo come quello dell'abbattimento e ricostruzione.

Si tratta di un buon punto di partenza per rivitalizzare le nostre città. E sul quale noi insieme agli Stati Generali della categoria e agli ordini professionali stiamo lavorando per mettere a punto un grande piano città che presenteremo a settembre e dal quale ci aspettiamo grandi opportunità di sviluppo. I soldi ci sono: gli investitori privati sono pronti a fare la propria parte come già avviene nel resto del mondo. Ma serve un quadro di regole chiaro e omogeneo.

Anche sul fronte delle opere pubbliche le opportunità non mancano.
Di proposte valide sul tavolo sia in parlamento che nelle sedi ministeriali competenti ne abbiamo avanzate molte. E molte di queste sono a un buon punto di maturazione. È giunto ora il momento di vederle applicate.

Il tempo delle riflessioni, dei ripensamenti e dei mille tavoli è finito.
Bisogna portare a sintesi il lavoro fatto finora e approvare una riforma del settore che non strangoli le imprese medie (spesso confinate in spazi di mercato troppo stretti), che sostenga le piccole (che vanno pagate dalle amministrazioni) e dia prospettive alle grandi (certezza delle regole e finanziamenti adeguati).

Fonte: ANCE
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