Appalti pubblici e Attività di ricerca delle Università, interessante sentenza del TAR
Niente affidamenti diretti per le Università. Sono, infatti, inefficaci le convenzioni stipulate da un Comune e un'Università per l'affidamento di incarichi ...
Niente affidamenti diretti per le Università. Sono, infatti,
inefficaci le convenzioni stipulate da un Comune e un'Università
per l'affidamento di incarichi che comprendano le attività previste
dall'allegato IIA del codice dei contratti pubblici e, dunque,
sottoposti alle disposizioni tra le quali, anzitutto, quelle
relative alla necessità di evidenza pubblica.
Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza n. 476 del 22 maggio 2014, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo ha accolto il ricorso presentato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri contro 2 comuni e 2 università del territorio abruzzese, per l'annullamento di una delibera recante approvazione di convenzioni per la redazione dei piani di ricostruzione post sisma.
In particolare, il CNI ha eccepito come con le convenzioni in questione, i Comuni affidavano alle due Università l'incarico di "svolgere le attività di supporto tecnico-scientifico relative allo studio, all'analisi e al progetto per la ricostruzione" nei Comuni, attività necessitate all'esito del sisma del 2009. Affidamenti che riguarderebbero prestazioni "attinenti all'urbanistica ed alla paesaggistica" ovvero ai "servizi affini di consulenza scientifica e tecnica", rientranti tra quelle previste dall'allegato IIA del Codice dei Contratti pubblici e dunque sottoposti alle pertinenti disposizioni tra le quali, anzitutto, quelle relative alla necessità di evidenza pubblica, non affatto ottemperate.
Nella trattazione del ricorso, i giudici del TAR hanno chiarito che non può costituire deroga alla normativa comunitaria la eccezionalità degli eventi nei quali l'affidamento è maturato, giacché, anche in questo caso, l'attribuzione diretta di un appalto, di norma oggetto di procedura aperta, ristretta o negoziata con previa pubblicazione di un bando di gara, può essere consentita unicamente in presenza delle condizioni previste all'articolo 31 , punto a), lettera c) della direttiva 2004/18, condizioni non verificate nella specie, anche tenuto conto della palese mancanza del requisito dell'urgenza nel quale gli affidamenti sono maturati, dimostrata dalla stipula della Convenzione a distanza di circa due anni dall'emanazione della normativa pertinente e di circa tre dal sisma.
Nel caso di specie, le attività di "supporto" tecnico commesse dai Comuni alle Università sono senz'altro oggettivamente riconducibili ai servizi di natura tecnica per i quali il Codice dei contratti e la normativa comunitaria in materia impongono l'affidamento mediante procedure di evidenza pubblica.
I Comuni resistenti hanno eccepito la possibilità di stipulare accordi il cui risultato sia l'espletamento di dette attività nella prospettiva di un soddisfacimento di interessi pubblici, possibilità che costituisce indubbiamente, anche nella prospettiva comunitaria, una deroga all'ordinaria provvista di servizi sul mercato mediante procedura di gara.
I giudici di primo grado hanno premesso che "un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto tra un operatore economico e un'amministrazione aggiudicatrice, ed avente per oggetto la prestazione di servizio di cui all'allegato II A della direttiva comunitaria 2004/18, costituisce un appalto pubblico" e che è "ininfluente, da un lato, che tale operatore sia esso stesso un'amministrazione aggiudicatrice e, dall'altro, che l'ente in questione non persegua un preminente scopo di lucro, che non abbia una struttura imprenditoriale, od anche che non assicuri la presenza continua sul mercato".
Posto che le attività costituenti l'oggetto dei contratti in esame ricadono, secondo la loro natura effettiva, nell'ambito dei servizi di ricerca e sviluppo di cui all'allegato II A, categoria 8, della direttiva 2004/18, oppure nell'ambito dei servizi di ingegneria e dei servizi affini di consulenza scientifica e tecnica indicati nella categoria 12 di tale allegato, e che il contratto, anche se la remunerazione è limitata al rimborso delle spese sostenute per fornire il servizio convenuto, deve comunque qualificarsi a titolo oneroso, deve risconoscersi che i contratti in questione hanno ad oggetto appalti pubblici e come tali sono sottoposti alle procedura di gara imposte dalla normativa comunitaria, senza possibilità di affidamento diretto.
Nel caso di specie, la circostanza, innegabile, che alle Università siano state commesse attività esulanti dalla mera ricerca (e in tutto assimilabili a prestazioni di natura tecnico-professionale) escluderebbe la riconducibilità del servizio in questione a servizio pubblico "comune" alle università e ai comuni, giacché non totalmente sovrapponibile con le funzioni - pubbliche - proprie dell'Università.
Deve anche rilevarsi che, essendosi concretata l'attività delle Università nell'apprestamento di un "prodotto finito", comprensivo di relazioni e atti progettuali, e cioè di un "risultato", assimilabile in tutto a quello di un'attività professionale, risulta sicuramente arduo qualificare la stessa in termini di mera attività di "supporto" giustificata da finalità di studio e di ricerca.
Ne discende, dunque, che, la convenzione approvata dai Comuni e gli atti di affidamento che da queste discendono sono illegittimi e vanno annullati.
Il commento del Consiglio Nazionale degli Ingegneri
Il Presidente del CNI, Armando Zambrano, intervenuto sulla sentenza, ha affermato come sia stato "sancito un principio fondamentale".
"La sentenza del Tar Abruzzo del 22 maggio che annulla le convenzioni sui piani di ricostruzione tra alcune Università e due Comuni del territorio, nell'accogliere le nostre istanze sancisce un principio fondamentale: le prestazioni professionali devono partire da una condizione di parità evitando un "sbilanciamento" a favore di altri operatori favoriti dal loro legame con l'Ente Universitario".
Questo il commento del leader degli Ingegneri Italiani per il quale il Tar ha evidenziato come "alle Università siano state commissionate attività che esulavano la mera ricerca e che, invece, si delineavano come vere e proprie prestazioni di natura tecnico-professionale. Quindi ha confermato la presenza di un corrispettivo, indice della natura professionale dell'attività svolta".
Ed ancora, anche in questo caso seguendo le tesi esposte da parte del CNI, ha specificato che "essendosi concretizzata l'attività delle Università nell'apprestamento di un prodotto finito, comprensivo di relazioni e atti progettuali, e cioè di un risultato, assimilabile in tutto a quello di un'attività professionale, risulta sicuramente arduo qualificare la stessa in termini di mera attività di supporto giustificata da finalità di studio e ricerca".
Il Presidente del CNI si è soffermato anche sulla questione dell'eventuale straordinarietà del provvedimento. "La sentenza del Tar ha rimarcato come essa si delinei in un contesto di estrema urgenza, dettata da eventi imprevedibili per le amministrazioni aggiudicatrici. Una eccezionalità che non è evidentemente presente nel caso in questione visto che il lasso di tempo trascorso tra l'evento sismico e la stipula della convenzione attestano la non sussistenza di tale eccezionalità, come previsto dalla legislazione europea". In conclusione Armando Zambrano si dichiara "soddisfatto" dal risultato raggiunto e auspica che questa sentenza possa "fare definitiva chiarezza in materia e tutelare il patrimonio professionale di chi è chiamato quotidianamente a lavorare per il bene della intera comunità".
Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza n. 476 del 22 maggio 2014, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo ha accolto il ricorso presentato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri contro 2 comuni e 2 università del territorio abruzzese, per l'annullamento di una delibera recante approvazione di convenzioni per la redazione dei piani di ricostruzione post sisma.
In particolare, il CNI ha eccepito come con le convenzioni in questione, i Comuni affidavano alle due Università l'incarico di "svolgere le attività di supporto tecnico-scientifico relative allo studio, all'analisi e al progetto per la ricostruzione" nei Comuni, attività necessitate all'esito del sisma del 2009. Affidamenti che riguarderebbero prestazioni "attinenti all'urbanistica ed alla paesaggistica" ovvero ai "servizi affini di consulenza scientifica e tecnica", rientranti tra quelle previste dall'allegato IIA del Codice dei Contratti pubblici e dunque sottoposti alle pertinenti disposizioni tra le quali, anzitutto, quelle relative alla necessità di evidenza pubblica, non affatto ottemperate.
Nella trattazione del ricorso, i giudici del TAR hanno chiarito che non può costituire deroga alla normativa comunitaria la eccezionalità degli eventi nei quali l'affidamento è maturato, giacché, anche in questo caso, l'attribuzione diretta di un appalto, di norma oggetto di procedura aperta, ristretta o negoziata con previa pubblicazione di un bando di gara, può essere consentita unicamente in presenza delle condizioni previste all'articolo 31 , punto a), lettera c) della direttiva 2004/18, condizioni non verificate nella specie, anche tenuto conto della palese mancanza del requisito dell'urgenza nel quale gli affidamenti sono maturati, dimostrata dalla stipula della Convenzione a distanza di circa due anni dall'emanazione della normativa pertinente e di circa tre dal sisma.
Nel caso di specie, le attività di "supporto" tecnico commesse dai Comuni alle Università sono senz'altro oggettivamente riconducibili ai servizi di natura tecnica per i quali il Codice dei contratti e la normativa comunitaria in materia impongono l'affidamento mediante procedure di evidenza pubblica.
I Comuni resistenti hanno eccepito la possibilità di stipulare accordi il cui risultato sia l'espletamento di dette attività nella prospettiva di un soddisfacimento di interessi pubblici, possibilità che costituisce indubbiamente, anche nella prospettiva comunitaria, una deroga all'ordinaria provvista di servizi sul mercato mediante procedura di gara.
I giudici di primo grado hanno premesso che "un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto tra un operatore economico e un'amministrazione aggiudicatrice, ed avente per oggetto la prestazione di servizio di cui all'allegato II A della direttiva comunitaria 2004/18, costituisce un appalto pubblico" e che è "ininfluente, da un lato, che tale operatore sia esso stesso un'amministrazione aggiudicatrice e, dall'altro, che l'ente in questione non persegua un preminente scopo di lucro, che non abbia una struttura imprenditoriale, od anche che non assicuri la presenza continua sul mercato".
Posto che le attività costituenti l'oggetto dei contratti in esame ricadono, secondo la loro natura effettiva, nell'ambito dei servizi di ricerca e sviluppo di cui all'allegato II A, categoria 8, della direttiva 2004/18, oppure nell'ambito dei servizi di ingegneria e dei servizi affini di consulenza scientifica e tecnica indicati nella categoria 12 di tale allegato, e che il contratto, anche se la remunerazione è limitata al rimborso delle spese sostenute per fornire il servizio convenuto, deve comunque qualificarsi a titolo oneroso, deve risconoscersi che i contratti in questione hanno ad oggetto appalti pubblici e come tali sono sottoposti alle procedura di gara imposte dalla normativa comunitaria, senza possibilità di affidamento diretto.
Nel caso di specie, la circostanza, innegabile, che alle Università siano state commesse attività esulanti dalla mera ricerca (e in tutto assimilabili a prestazioni di natura tecnico-professionale) escluderebbe la riconducibilità del servizio in questione a servizio pubblico "comune" alle università e ai comuni, giacché non totalmente sovrapponibile con le funzioni - pubbliche - proprie dell'Università.
Deve anche rilevarsi che, essendosi concretata l'attività delle Università nell'apprestamento di un "prodotto finito", comprensivo di relazioni e atti progettuali, e cioè di un "risultato", assimilabile in tutto a quello di un'attività professionale, risulta sicuramente arduo qualificare la stessa in termini di mera attività di "supporto" giustificata da finalità di studio e di ricerca.
Ne discende, dunque, che, la convenzione approvata dai Comuni e gli atti di affidamento che da queste discendono sono illegittimi e vanno annullati.
Il commento del Consiglio Nazionale degli Ingegneri
Il Presidente del CNI, Armando Zambrano, intervenuto sulla sentenza, ha affermato come sia stato "sancito un principio fondamentale".
"La sentenza del Tar Abruzzo del 22 maggio che annulla le convenzioni sui piani di ricostruzione tra alcune Università e due Comuni del territorio, nell'accogliere le nostre istanze sancisce un principio fondamentale: le prestazioni professionali devono partire da una condizione di parità evitando un "sbilanciamento" a favore di altri operatori favoriti dal loro legame con l'Ente Universitario".
Questo il commento del leader degli Ingegneri Italiani per il quale il Tar ha evidenziato come "alle Università siano state commissionate attività che esulavano la mera ricerca e che, invece, si delineavano come vere e proprie prestazioni di natura tecnico-professionale. Quindi ha confermato la presenza di un corrispettivo, indice della natura professionale dell'attività svolta".
Ed ancora, anche in questo caso seguendo le tesi esposte da parte del CNI, ha specificato che "essendosi concretizzata l'attività delle Università nell'apprestamento di un prodotto finito, comprensivo di relazioni e atti progettuali, e cioè di un risultato, assimilabile in tutto a quello di un'attività professionale, risulta sicuramente arduo qualificare la stessa in termini di mera attività di supporto giustificata da finalità di studio e ricerca".
Il Presidente del CNI si è soffermato anche sulla questione dell'eventuale straordinarietà del provvedimento. "La sentenza del Tar ha rimarcato come essa si delinei in un contesto di estrema urgenza, dettata da eventi imprevedibili per le amministrazioni aggiudicatrici. Una eccezionalità che non è evidentemente presente nel caso in questione visto che il lasso di tempo trascorso tra l'evento sismico e la stipula della convenzione attestano la non sussistenza di tale eccezionalità, come previsto dalla legislazione europea". In conclusione Armando Zambrano si dichiara "soddisfatto" dal risultato raggiunto e auspica che questa sentenza possa "fare definitiva chiarezza in materia e tutelare il patrimonio professionale di chi è chiamato quotidianamente a lavorare per il bene della intera comunità".
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