Certificato di agibilità, illegittima la revoca precauzionale
È illegittima la revoca precauzionale di un certificato di agibilità, in quanto non risponde ad alcuno degli schemi legali attraverso i quali può manifestars...
È illegittima la revoca precauzionale di un certificato di agibilità, in quanto non risponde ad alcuno degli schemi legali attraverso i quali può manifestarsi il potere amministrativo.
Lo ha chiarito la Sezione Ottava del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania con la sentenza n. 7110/2018 con la quale ha accolto il ricorso presentato per l'annullamento, previa sospensiva, di un decreto emesso dal Funzionario Responsabile del Settore Urbanistica e Programmazione Territoriale di un Comune con il quale ha disposto la revoca precauzionale dei certificati di agibilità della ricorrente.
I fatti
Secondo quanto emergerebbe agli atti, il provvedimento di revoca precauzionale dei certificati di agibilità era stato emesso dal funzionario responsabile del settore urbanistica sulla dichiarata necessità di salvaguardare la pubblica e privata incolumità nelle more della definizione del procedimento di revoca “definitiva” dei certificati di agibilità. Tale provvedimento richiama le risultanze di una consulenza tecnica d’ufficio, disposta nel procedimento penale pendente a carico (tra gli altri) della ricorrente.
Secondo quanto testualmente riportato nella revoca precauzionale, dall’elaborato peritale emergerebbe che:
- il certificato di collaudo effettuato ai fini del rilascio dell’autorizzazione sismica in sanatoria è stato emesso su documentazione che non corrisponde allo stato reale dei luoghi, così come il calcolo strutturale di verifica;
- tra il calcolo di verifica strutturale, le tavole grafiche (pilastrate), il certificato di collaudo e le prove in sito esiste (passo delle staffe e armature) esiste fortissima discordanza.
Il ricorso
Tra i motivi del ricorso, la ricorrente ha lamentato la violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi.
La decisione del TAR
Il TAR, confermando la tesi ricorrente, ha affermato che il "decreto di revoca precauzionale" non risulta rispondere ad alcuno degli schemi legali attraverso i quali può manifestarsi il potere amministrativo. Lo stesso nomen iuris indicato dall’Amministrazione, realizza una (illegittima) fusione di due “tipi” normativi che non ha riscontro alcuno:
- da un lato, quello della revoca (art. 21 quinquies della legge n. 241/90);
- dall’altro, quello dei provvedimenti “cautelari” (art. 21 quater comma 2 della legge n. 241/90).
Secondo i giudici di prime cure, risulta evidente che il provvedimento impugnato (che neppure si “premura” di richiamare in modo specifico questo o quel presupposto normativo) viola il principio di tipicità degli atti amministrativi evincibile dal disposto dell’art. 1 della legge n. 241/90 e dal quale scaturisce quale corollario, che:
- l'Autorità amministrativa ha il potere di emanare solo atti disciplinati nel contenuto, nei presupposti e nell'oggetto dalla legge;
- ad ogni interesse pubblico va correlato uno specifico potere in capo all'Amministrazione in modo da determinare, in esito al procedimento, un giudizio di coerenza tra potere esercitato e risultato concretamente perseguito.
Nel caso di specie, l’Amministrazione comunale non solo non ha fatto ricorso allo strumento “tipico” offerto dal legislatore per fronteggiare situazioni di pericolo imminente (l’ordinanza sindacale contingibile ed urgente ex art. 54 co. 4 t.u. 18 agosto 2000, n. 267), ma ha revocato due certificati di agibilità “in via precauzionale”, omettendo la fissazione di un termine, con ciò rendendo potenzialmente definitivi - di fatto - gli effetti della disposta revoca.
Se è vero, infatti, che all’Amministrazione è riconosciuto un generale potere di natura cautelare e di durata temporanea, consistente nella sospensione degli effetti dell'atto amministrativo precedentemente adottato (nella specie, l’agibilità dell’edificio), in vista di una più adeguata ponderazione dei presupposti di fatto e di diritto in sede di determinazioni definitive, è tuttavia necessaria la prefissione di un termine che salvaguardi l'esigenza di certezza della posizione giuridica della parte, restando così scongiurato il rischio di una illegittima sospensione sine die.
Infine, i giudici del TAR hanno rilevato che i certificati di agibilità risultano revocati sulla scorta della sola conoscenza della risultanze della CTU disposta in sede penale, senza che il Comune si sia attivato per effettuare - a mezzo dei propri tecnici - le necessarie verifiche sulla condizione degli immobili interessati: verifiche quanto mai opportune, tenuto conto delle conclusioni del consulente del P.M. secondo cui è “necessaria ed improcrastinabile” una valutazione strutturale dell’edificio e “non possano escludersi situazioni di pericolo riflesse della struttura portante”.
Il Comune, quindi, ha proceduto alla revoca dei certificati di agibilità in assenza di un documentato pericolo attuale per l’incolumità, nonché antecedentemente o (al più) contestualmente allo svolgimento dell’istruttoria e non all’esito della stessa.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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