Codice dei contratti: Sul costo del personale un déjà vu
Nel correttivo al nuovo codice dei contratti appare come d’incanto (da chi è stato chiesto?) al comma 16 dell’articolo 23 del d.lgs. n. 50/2016 una modifica...
Nel correttivo al nuovo codice dei contratti appare come d’incanto (da chi è stato chiesto?) al comma 16 dell’articolo 23 del d.lgs. n. 50/2016 una modifica di questo tenore “Per i contratti relativi a lavori il costo dei materiali edili e degli impianti è determinato sulla base dei prezziari regionali aggiornati annualmente.” A cui si aggiunge un ultimo periodo con cui viene precisato che “Il costo della manodopera e i costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell’importo assoggettato al ribasso d’asta”. Nella Relazione illustrativa del provvedimento è precisato che le modifiche introdotte sono volte a prevedere rispettivamente che, per i contratti relativi ai lavori, il costo dei materiali edili è determinato sulla base dei prezziari regionali, aggiornati annualmente e che i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato a ribasso d’asta.
Si tratta di un “déjà vu” che ci riporta al balletto sviluppatosi tra l’anno 2011 e l’anno 2014 quando:
- con il decreto-legge 13/5/2011 n.70 convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 fu inserito nell’articolo 81 del previgente Codice dei contratti il comma 3-bis che così recitava "L'offerta migliore è altresì determinata al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e delle misure di adempimento delle disposizioni in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro";
- a distanza di pochi mesi tale comma 3-bis fu abrogato con il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
- con il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 fu inserito nell’articolo 82 del previgente Codice dei contratti il comma 3-bis il cui testo era il seguente “Il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”. I testi dei due comma (quello inserito nel 2011 nell’art. 81 e quello inserito nel 2013 nell’art. 82) erano del tutto simili e non possono che portare alla conclusione che si trattava di un intervento legislativo che poteva essere definito ondivago ed altalenante;
- con Segnalazione n. 2 del 19 marzo 2014 recante appunto “ Disposizioni in materia di costo del lavoro negli appalti pubblici di cui all’art. 82, comma 3-bis del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163”, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ritenne che la disposizione non poteva trovare applicazione senza ingenerare effetti distorsivi del mercato ed aggiunse, inoltre, la necessità di salvaguardare, anche, il principio dell’autonomia imprenditoriale laddove, sostanzialmente, ammette giustificazioni in relazione ad elementi che influenzano il costo “complessivo” del personale e tutela il solo costo “unitario”. L’Autorità arrivò alla conclusione che il costo complessivo del personale, per ciascun concorrente, è da ritenere che si determini in base alla reale capacità organizzativa d’impresa che è funzione della libera iniziativa economica ed imprenditoriale (art. 41 Cost.) e come tale non può essere in alcun modo compressa mediante predeterminazioni operate ex ante.
A cura di Paolo Oreto
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