DL del fare (legge n. 98/2013): le modifiche in tema di partenariato pubblico privato

Il decreto legge cd "del fare" (D.L. 21 giugno 2013, n. 69) convertito nella legge 9 agosto 2013, n. 98 ha previsto alcune modifiche ed innovazioni al "Codic...

11/09/2013
Il decreto legge cd "del fare" (D.L. 21 giugno 2013, n. 69) convertito nella legge 9 agosto 2013, n. 98 ha previsto alcune modifiche ed innovazioni al "Codice dei contratti pubblici" (D.lgs n. 163/2006). Le correzioni hanno riguardato principalmente la materia delle concessioni di lavori pubblici al fine di rendere lo strumento maggiormente appetibile ed evitare, per quanto possibile, l'interruzione prematura dei procedimenti di aggiudica e realizzazione degli interventi.

Alcune modifiche, a mio parere, sono di difficile applicazione mentre altre possono contribuire a rendere più chiari agli operatori della pubblica amministrazione (P.A.) il valore di alcuni atti di gara. Vediamole in breve.

Art. 143, comma 5.
Si tratta di un comma già parzialmente modificato dal legislatore del 2012. Riguarda il caso delle concessioni in cui la P.A. partecipa alla determinazione dell'equilibrio economico-finanziario dell'intervento con l'erogazione di un prezzo costituito da un bene immobile. In questo caso la stazione appaltante dovrà definire nella proposta a base di gara le modalità di utilizzazione del bene (nel caso di semplice gestione dello stesso) ovvero di valorizzazione del cespite nel caso di alienazione. In ogni caso - ed è questa la portata innovativa del comma - le modalità di sfruttamento del bene costituiscono uno dei presupposti che determinano l'equilibrio economico e finanziario della intera concessione.
Il capoverso finale del comma lascia in parte perplessi. Infatti la stazione appaltante dovrà ovviamente dichiarare che i beni oggetto della concessione dispongono di tutti gli atti autorizzatori previsti. Sembra alquanto pleonastico che il concedente debba dichiarare che gli stessi atti siano anche legittimi, efficaci e validi. In questo modo sembra che il legislatore abbia previsto la possibilità che una pubblica amministrazione possa disporre, in maniera volontaria e consapevole, di atti riguardanti il proprio patrimonio che siano non conformi a legge o del tutto inefficaci.

Art. 143, commi 8 e 8bis
La novella del comma 8 ha lasciato sostanzialmente invariata la norma. La modifica ha riguardato l'aggiunta della verifica del CIPE, sentito il Nucleo di consulenza per l'Attuazione e Regolazione dei Servizi di pubblica utilità (NARS), per la revisione del piano qualora l'equilibrio economico e finanziario della concessione fosse variato a seguito dell'introduzione di nuovi meccanismi tariffari o comunque di altre variazioni.

Si tratta, a parere di chi scrive, di un appesantimento della procedura in quanto sembra abbastanza bizzarro che le stazioni appaltanti, soprattutto quelle di piccole dimensioni e per investimenti particolarmente contenuti, debbano investire un organismo centrale per un parere. Ci auguriamo che l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici intervenga sull'argomento stabilendo eventualmente alcune soglie minime di intervento.

Il comma 8bis è stato giustamente previsto dal legislatore per indicare le modalità applicative di una norma che in passato ha lasciato ampia libertà di interpretazione, con effetti sicuramente non benefici sulla gestione dei contratti di concessione. Infatti la disposizione in oggetto ha stabilito che le convenzioni definiscono quali sono i presupposti e le condizioni per garantire l'equilibrio economico e finanziario dell'intervento al fine di valutare con maggiore approfondimento le variazioni al piano non imputabili al concessionario. Inoltre il legislatore ha voluto suggerire l'individuazione di alcuni indicatori, da inserire nelle premesse del contratto, al fine poteri garantire il concessionario da eventuali modifiche arbitrarie da parte della stazione appaltante. Tali indicatori, di natura principalmente economica, tendono a verificare in maniera quanto più oggettiva possibile che il piano sia in equilibrio e che una variazione di detti rilevatori comporta una revisione dello stesso.

Art. 144, commi 3bis, 3ter, 3quater
Al fine di rendere più chiare le procedure di gara ed eventualmente correggere le eventuali criticità al progetto posto a base di gara, il legislatore, per le procedure di affidamento di concessioni attraverso modalità ristretta, ha previsto forme di consultazione tra la stazione appaltante con gli operatori economici interessati a presentare un'offerta. Si tratta di una norma pleonastica in quanto lo stesso regolamento di attuazione del "Codice" (art. 10, comma 1 lett. g) aveva previsto questa facoltà.

Sempre in tema di coinvolgimento di istituti finanziari, il comma 3bis prevede la possibilità per le amministrazioni procedenti di richiedere in sede di gara una manifestazione di interesse a finanziare l'intervento da parte di un istituto di credito a corredo della proposta. Anche in questo caso il comma desta qualche perplessità applicativa. Infatti la norma non esplicita se tale richiesta possa essere applicata dalla stazione appaltante in sede di richiesta di requisiti della proposta (come ad es. l'asseverazione del PEF) ovvero possa essere intesa quale criterio di aggiudica. In questo secondo caso ci sarebbero difficoltà a valutare il criterio sulla base dei meccanismi previsti dall'allegato G al DPR n. 207/2010 previsti per l'applicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Ma c'è di più. Il legislatore con questa disposizione non ha minimante contemplato la possibilità per un imprenditore di evitare di rivolgersi al capitale di debito per piccoli e remunerativi interventi (es. cimiteri, impianti di biomassa etc.).

Il legislatore con il successivo comma 3quater ha voluto "sanzionare" il comportamento dell'operatore economico che non riesce a finanziare l'opera mediante il tradizionale ricorso al credito bancario ovvero mediante richiesta al mercato obbligazionario. Infatti è stata prevista la risoluzione contrattuale in caso di mancato accesso al finanziamento entro massimo 24 mesi dall'approvazione del progetto definitivo. È prevista la "sanzione accessoria" rappresentata dal mancato riconoscimento del diritto ad ottenere le spese di progettazione in caso di risoluzione contrattuale.

Desta qualche dubbio il periodo di chiusura del comma che dispone la possibilità per l'Amministrazione di prevedere in sede di bando di gara la possibilità di rendere valido il contratto nel caso in cui fosse previsto il finanziamento solo per una parte del progetto, ma per uno stralcio autonomo e funzionale sia economicamente che tecnicamente. Le perplessità nascono dal fatto che un bando così predisposto lederebbe il principio di par condicio tra i concorrenti privilegiando rilanci, da parte degli operatori economici, particolarmente consistenti per aggiudicarsi la gara e successivamente stipulare un contratto per la realizzazione di un solo lotto funzionale del intervento previsto.

Art. 153, comma 21bis
In questo caso la norma ha voluto precisare che il procedimento finalizzato ad assicurare livelli di bancabilità e coinvolgimento di istituti di credito stabilito per l'affidamento delle concessioni di lavori mediante procedure tradizionali (aperta e ristretta) trova applicazione anche per gli affidamenti attraverso Finanza di progetto.

In definitiva si tratta di modifiche con luci ed ombre. Sicuramente apprezzabile lo sforzo del parlamento di incentivare la partecipazione degli istituti di credito nella definizione e valutazione delle proposte. Debole pare però dal punto di vista della legittimità l'applicazione di alcune norme che rendono il procedimento non conforme alle previsioni normative vigenti e soprattutto minano il principio del par condicio tra gli offerenti.

dr. Gianpiero Fortunato
delegato Anci al tavolo nazionale per il PPP
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