Da tettoia (abusiva) a pergolato fotovoltaico: basta una CILA
Il TAR Lombardia si esprime sulla possibilità di demolire una tettoia mantenendo i pilastri e riconfigurarla in pergolato fotovoltaico assentibile mediante CILA
Nel caso di ordinanza di demolizione di una tettoia, è possibile mantenerne la struttura riconvertendo in pergolato fotovoltaico e farsi autorizzare mediante CILA?
Da tettoia a pergolato fotovoltaico: nuovo intervento del TAR
Ecco una interessante domanda su uno degli argomenti più dibattuti dalla giurisprudenza che riguarda la normativa in campo edilizio. A fornire nuovi spunti di riflessione è il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, che con la sentenza n. 29 del 7 gennaio 2021 ci consente di approfondire la questione.
Il caso riguarda un contenzioso tra vicini. Il ricorrente lamenta l'inerzia da parte del Comune per non aver ottemperato a quanto previsto all'art. 31, commi 3 e 4, del DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia) per il quale in caso di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, se a seguito di ordinanza di demolizione il responsabile dell'abuso non provvede a demolire e ripristinare lo stato dei luoghi entro 90 giorni, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, previa notifica all'interessato, costituisce infatti titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.
Da tettoia a pergolato fotovoltaico
Il caso di specie, però, è molto più complicato del previsto. A seguito dell'ordinanza di demolizione, che comprendeva più manufatti, il controinteressato ha iniziato la demolizione, lasciando però intatte alcune strutture.
Con Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata (CILA), più volte integrata a seguito di confronto con l'ufficio tecnico comunale, il controinteressato ha chiesto l’assenso per un pergolato fotovoltaico la cui struttura proveniva dalla tettoia che avrebbe dovuto demolire. L'assenso del Comune è arrivato mediante provvedimento del responsabile del Servizio Edilizia Privata, con il quale è stata acquisita la CILA, ed è stata prescritta la distanza minima di 5 cm tra i pannelli fotovoltaici.
Il ricorso
Nel ricorso di cui trattasi, il ricorrente ha lamentato l'inerzia del Comune che non avrebbe potuto assentire il pergolato ma solo acquisire l'area a seguito di inottemperanza all'ordine di demolizione entro i termini prescritti.
In definitiva, il ricorrente ha lamentato tra le altre cose:
- l'illegittimità della CILA e dei relativi lavori, in quanto riguardanti un immobile che sarebbe passato ex lege nel patrimonio comunale;
- la violazione del principio di correttezza, in quanto l’inerzia dell’amministrazione, protratta nonostante i solleciti della ricorrente, avrebbe permesso una sostanziale elusione del giudicato;
- la violazione dell’art. 48 del regolamento edilizio, che non consentirebbe di qualificare come pergolato la tettoia in esame, massiccia e coperta di pannelli fotovoltaici.
Nessuna inerzia da parte dell'amministrazione
Secondo i giudici del TAR, non si osserva alcuna inerzia da parte del Comune nel dare esecuzione all'ingiunzione di demolizione e neppure nel controllo dell’attività edificatoria del controinteressato. Le diffide della ricorrente espongono una tesi giuridica, a cui l’amministrazione contrappone una tesi diversa. Si sarebbe, infatti, verificata una normale divergenza di valutazioni al termine di un complesso procedimento amministrativo. Coerentemente, quindi, non sono state adottate misure ulteriori rispetto all’acquisizione della CILA.
La struttura della tettoia andava demolita?
Sulla tesi del ricorrente per la quale la struttura della tettoia avrebbe dovuto essere demolita, il TAR ha confermato l’evoluzione della vicenda in sede amministrativa ha messo in rilievo una diversa qualificazione giuridica della tettoia e del ripostiglio, ossia quella di opere prima demolite e poi ricostruite sulla base del regime di favore previsto per i pergolati.
L’ordine di demolizione e la descrizione riportata nel verbale dei tecnici comunali consente di ritenere che vi sia stata ottemperanza. Il mantenimento di alcuni pilastri e di qualche trave non è qualificabile come demolizione parziale, e tantomeno come demolizione apparente. Si tratta invece di una facoltà rimessa al proprietario, il quale, una volta reso chiaramente inservibile il manufatto esistente, può riutilizzarne i materiali per successive edificazioni, eventualmente lasciando al loro posto alcuni elementi che dovrebbero comunque essere riposizionati in modo identico. L’interesse pubblico alla rimozione delle opere abusive è soddisfatto quando tali opere siano state del tutto private della loro funzionalità e riconoscibilità, per sottrazione di elementi essenziali. Non è necessario, né conforme al principio di proporzionalità, che l’autore dell’abuso subisca un aggravio ulteriore, consistente nella radicale inutilizzabilità dei materiali del vecchio manufatto, qualora sia permesso ricostruire l’opera abusiva.
La tempistica della demolizione non evidenzia in alcun modo la volontà del controinteressato di eludere l’ordine. Piuttosto, il controinteressato ha esercitato il suo diritto di chiedere all’amministrazione un titolo che consentisse il passaggio dalle opere abusive oggetto di demolizione a nuove opere conformi.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
Documenti Allegati
Sentenza TAR Lombardia 7 gennaio 2021, n. 29IL NOTIZIOMETRO