Decreto “Del Fare”: Gli emendamenti delle Regioni
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha espresso l’11 luglio, in sede di Conferenza Unificata, il proprio parere sul Ddl di conversione in l...
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha
espresso l’11 luglio, in sede di Conferenza Unificata, il proprio
parere sul Ddl di conversione in legge del cosiddetto “Decreto
Fare” (Decreto-legge 21 giufìgno 2013, n. 69).
Si tratta di un parere favorevole condizionato però all’accoglimento di una serie di emendamenti contenuti in un documento approvato dalla Conferenza delle Regioni e consegnato, nella stessa Conferenza Unificata, al Governo.
In allegato alla presente notizia il testo integrale del documento “Parere sul Disegno di Legge di conversione in legge del Decreto-Legge 21 giugno 2013, n. 69 recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”.
Tra gli emendamenti richiesti dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome seggaliamo i seguenti.
Accelerazione opere igienico-sanitarie - Viene proposto l’inserimento nell’articolo 18 del comma 2-bis (Con i decreti di cui al comma 2, di concerto con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, sono altresì finanziabili interventi per opere igienico-sanitarie funzionali ad ottemperare agli obblighi previsti dalle direttive europee in materia di tutela e di produzione delle risorse idriche) con la precisazione che la proposta di emendamento scaturisce dall’esigenza di accelerare la realizzazione di opere igienico-sanitarie, in ottemperanza agli obblighi sanciti dalla normativa europea, nonché dalla necessità di evitare di porre a carico della tariffa i relativi costi di investimento, non ritenendo tale onere accettabile nell’attuale quadro economico.
Edilizia scolastica - Viene chiesta la modifica del comma 8 dell’articolo 18 e mentre si prende atto con soddisfazione del fatto che vengano destinate risorse fino a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014-2016 all’edilizia scolastica, si evidenzia che il Piano straordinario dovrebbe essere adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, d’intesa con i Ministeri dell’istruzione e delle infrastrutture e trasporti, sulla base della programmazione Miur-Regioni-Enti locali. Semplificazioni in materia edilzia - In riferimento alle semplificazioni in materia edilizia previste all’articolo 30 del decreto-legge, viene proposto al comma 1, lettera f) di eliminare il comma 4 dell’articolo 23-bis e tale richiesta viene motivata dal fatto che la norma fa riferimento alla SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività) come tipologia di titolo edilizio ma differisce l’inizio dei lavori al termine di 20 giorni. Tale previsione è in contrasto con l’istituto della SCIA e con l’orientamento alla riduzione del numero di titoli edilizi.
Durc semplificato - La Conferenza delle Regioni propone di aggiungere all'articolo 31, comma 2, prima della lettera a), la seguente lettera: “x) all’articolo 38, comma 2, le parole da “in cui indica tutte” fino a “riabilitazione” sono sostituite da “in cui dichiara, ai sensi del comma 1 lettera c), l’assenza di condanne penali per i reati ivi previsti. Ai fini del comma 1 lettera c), non è causa di esclusione l’eventuale sussistenza di condanne per reati, depenalizzati ovvero dichiarati estinti dopo la condanna stessa, ovvero le condanne revocate, o quelle per le quali è intervenuta la riabilitazione.” La modifica avrebbe una valenza semplificatoria per i concorrenti che partecipano alle procedure di gara i quali non sarebbero più tenuti a dichiarare “tutte” le condanne penali riportate. Si è assistito, nella prassi, che tale obbligo ha comportato un notevole numero di esclusioni dalle procedure ad evidenza pubblica di concorrenti che hanno omesso, semplicemente, di dichiarare, in sede di partecipazione alle gare, condanne intervenute anche in tempi lontani per aver commesso reati di lieve entità e comunque non tali da essere considerati “gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”.
Sicurezza sul lavoro - Viene chiesta l’eliminazione della letetra a) ed, in particolare la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nel proprio parere, precisa che “Il consentire di autocertificare la valutazione del rischio per le aziende a 'basso rischio', permettendo alle stesse di non elaborare il documento di valutazione dei rischi solo in base al livello di rischio individuato, è contrario alla 'ratio' dell’attuale normativa che vede nel documento di valutazione uno strumento operativo di miglioramento delle condizioni di lavoro in una prospettiva, per quanto possibile, di eliminazione di qualsiasi rischio”.
Autorizzazione paesaggistica - La Conferenza delle Regioni propone un emendamento che interviene sul comma 1, lettera b) dell'articolo 39, sostituendo il numero 1) con il seguente: “1) al comma 4, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Qualora i lavori siano iniziati nel quinquennio, l’autorizzazione si considera efficace per tutta la durata degli stessi.” La norma, che nasce con l’intento di procrastinare la validità delle autorizzazioni, in realtà, rimette in discussione la posizione ormai consolidata che l’autorizzazione paesaggistica ha validità di 5 anni per l’inizio dei lavori ma mantiene poi tale validità per tutta la durata dell’autorizzazione a cui si riferisce (per cui rimane valida, ad esempio, per tutto il tempo di esercizio di una cava). Tale interpretazione è contenuta in un parere molto chiaro del Mibac del 17 dicembre 2012, e secondo le Regioni è opportuno che la norma riproduca tale interpretazione: il periodo quinquennale si riferisce alla durata per l’inizio dei lavori ma l’autorizzazione rimane valida per la durata dei lavori autorizzati con il titolo abilitativo a cui la stessa si riferisce, senza un limite massimo di dodici mesi.
Terre e rocce da scavo - Vengono proposti una serie di emendamenti all’articolo 41 rubricato “disposizioni in materia ambientale”. La Conferenza delle Regioni, in particolare, non condivide la limitazione del campo di applicazione del d.m. 161/2012 alle sole terre e rocce da scavo che provengono da attività o opere soggette a valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale. Il d.m. 161/2012 risultava chiaramente esteso a tutte le attività di movimentazione materiali, tant’è che all’articolo 6 prevedeva la gestione delle situazioni di emergenza, situazioni che non sono previste nella gestione di VIA o AIA. Peraltro la nuova previsione normativa non prevede una disciplina transitoria.
Le Regioni e le Province autonome, nel documento precisano che, con il decreto n. 69/2013 si ritorna alla stessa situazione di incertezza applicativa che aveva spinto il legislatore a prevedere un decreto ministeriale che stabilisse i criteri “qualitativi e quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti [le terre e rocce in questo caso] siano considerati sottoprodotti e non rifiuti”, in quanto si dovrà valutare “caso per caso” il rispetto di tutte le condizioni richieste per la qualifica di sottoprodotto. In ogni caso resta il dubbio relativo alla possibilità di movimentare tali materiali come sottoprodotto, poiché l’articolo 49 della legge 24 marzo 2012 (conversione del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1), stabiliva al comma 1 bis che l’emanando decreto di regolamentazione dell’utilizzo delle terre e rocce da scavo avrebbe dovuto stabilire le condizioni alle quali tali materiali sarebbero stati considerati sottoprodotti. La Conferenza delle Regioni ritiene, dunque, che il d.m. 161/2012 debba essere applicato a tutte le attività che prevedono uno scavo superiore ai 6.000 mq o, in alternativa, prevedere l’utilizzo dell’articolo 186 del d.m. 152/2006 per tutte le attività non soggette a VIA o AIA.
Si tratta di un parere favorevole condizionato però all’accoglimento di una serie di emendamenti contenuti in un documento approvato dalla Conferenza delle Regioni e consegnato, nella stessa Conferenza Unificata, al Governo.
In allegato alla presente notizia il testo integrale del documento “Parere sul Disegno di Legge di conversione in legge del Decreto-Legge 21 giugno 2013, n. 69 recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”.
Tra gli emendamenti richiesti dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome seggaliamo i seguenti.
Accelerazione opere igienico-sanitarie - Viene proposto l’inserimento nell’articolo 18 del comma 2-bis (Con i decreti di cui al comma 2, di concerto con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, sono altresì finanziabili interventi per opere igienico-sanitarie funzionali ad ottemperare agli obblighi previsti dalle direttive europee in materia di tutela e di produzione delle risorse idriche) con la precisazione che la proposta di emendamento scaturisce dall’esigenza di accelerare la realizzazione di opere igienico-sanitarie, in ottemperanza agli obblighi sanciti dalla normativa europea, nonché dalla necessità di evitare di porre a carico della tariffa i relativi costi di investimento, non ritenendo tale onere accettabile nell’attuale quadro economico.
Edilizia scolastica - Viene chiesta la modifica del comma 8 dell’articolo 18 e mentre si prende atto con soddisfazione del fatto che vengano destinate risorse fino a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014-2016 all’edilizia scolastica, si evidenzia che il Piano straordinario dovrebbe essere adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, d’intesa con i Ministeri dell’istruzione e delle infrastrutture e trasporti, sulla base della programmazione Miur-Regioni-Enti locali. Semplificazioni in materia edilzia - In riferimento alle semplificazioni in materia edilizia previste all’articolo 30 del decreto-legge, viene proposto al comma 1, lettera f) di eliminare il comma 4 dell’articolo 23-bis e tale richiesta viene motivata dal fatto che la norma fa riferimento alla SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività) come tipologia di titolo edilizio ma differisce l’inizio dei lavori al termine di 20 giorni. Tale previsione è in contrasto con l’istituto della SCIA e con l’orientamento alla riduzione del numero di titoli edilizi.
Durc semplificato - La Conferenza delle Regioni propone di aggiungere all'articolo 31, comma 2, prima della lettera a), la seguente lettera: “x) all’articolo 38, comma 2, le parole da “in cui indica tutte” fino a “riabilitazione” sono sostituite da “in cui dichiara, ai sensi del comma 1 lettera c), l’assenza di condanne penali per i reati ivi previsti. Ai fini del comma 1 lettera c), non è causa di esclusione l’eventuale sussistenza di condanne per reati, depenalizzati ovvero dichiarati estinti dopo la condanna stessa, ovvero le condanne revocate, o quelle per le quali è intervenuta la riabilitazione.” La modifica avrebbe una valenza semplificatoria per i concorrenti che partecipano alle procedure di gara i quali non sarebbero più tenuti a dichiarare “tutte” le condanne penali riportate. Si è assistito, nella prassi, che tale obbligo ha comportato un notevole numero di esclusioni dalle procedure ad evidenza pubblica di concorrenti che hanno omesso, semplicemente, di dichiarare, in sede di partecipazione alle gare, condanne intervenute anche in tempi lontani per aver commesso reati di lieve entità e comunque non tali da essere considerati “gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”.
Sicurezza sul lavoro - Viene chiesta l’eliminazione della letetra a) ed, in particolare la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nel proprio parere, precisa che “Il consentire di autocertificare la valutazione del rischio per le aziende a 'basso rischio', permettendo alle stesse di non elaborare il documento di valutazione dei rischi solo in base al livello di rischio individuato, è contrario alla 'ratio' dell’attuale normativa che vede nel documento di valutazione uno strumento operativo di miglioramento delle condizioni di lavoro in una prospettiva, per quanto possibile, di eliminazione di qualsiasi rischio”.
Autorizzazione paesaggistica - La Conferenza delle Regioni propone un emendamento che interviene sul comma 1, lettera b) dell'articolo 39, sostituendo il numero 1) con il seguente: “1) al comma 4, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Qualora i lavori siano iniziati nel quinquennio, l’autorizzazione si considera efficace per tutta la durata degli stessi.” La norma, che nasce con l’intento di procrastinare la validità delle autorizzazioni, in realtà, rimette in discussione la posizione ormai consolidata che l’autorizzazione paesaggistica ha validità di 5 anni per l’inizio dei lavori ma mantiene poi tale validità per tutta la durata dell’autorizzazione a cui si riferisce (per cui rimane valida, ad esempio, per tutto il tempo di esercizio di una cava). Tale interpretazione è contenuta in un parere molto chiaro del Mibac del 17 dicembre 2012, e secondo le Regioni è opportuno che la norma riproduca tale interpretazione: il periodo quinquennale si riferisce alla durata per l’inizio dei lavori ma l’autorizzazione rimane valida per la durata dei lavori autorizzati con il titolo abilitativo a cui la stessa si riferisce, senza un limite massimo di dodici mesi.
Terre e rocce da scavo - Vengono proposti una serie di emendamenti all’articolo 41 rubricato “disposizioni in materia ambientale”. La Conferenza delle Regioni, in particolare, non condivide la limitazione del campo di applicazione del d.m. 161/2012 alle sole terre e rocce da scavo che provengono da attività o opere soggette a valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale. Il d.m. 161/2012 risultava chiaramente esteso a tutte le attività di movimentazione materiali, tant’è che all’articolo 6 prevedeva la gestione delle situazioni di emergenza, situazioni che non sono previste nella gestione di VIA o AIA. Peraltro la nuova previsione normativa non prevede una disciplina transitoria.
Le Regioni e le Province autonome, nel documento precisano che, con il decreto n. 69/2013 si ritorna alla stessa situazione di incertezza applicativa che aveva spinto il legislatore a prevedere un decreto ministeriale che stabilisse i criteri “qualitativi e quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti [le terre e rocce in questo caso] siano considerati sottoprodotti e non rifiuti”, in quanto si dovrà valutare “caso per caso” il rispetto di tutte le condizioni richieste per la qualifica di sottoprodotto. In ogni caso resta il dubbio relativo alla possibilità di movimentare tali materiali come sottoprodotto, poiché l’articolo 49 della legge 24 marzo 2012 (conversione del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1), stabiliva al comma 1 bis che l’emanando decreto di regolamentazione dell’utilizzo delle terre e rocce da scavo avrebbe dovuto stabilire le condizioni alle quali tali materiali sarebbero stati considerati sottoprodotti. La Conferenza delle Regioni ritiene, dunque, che il d.m. 161/2012 debba essere applicato a tutte le attività che prevedono uno scavo superiore ai 6.000 mq o, in alternativa, prevedere l’utilizzo dell’articolo 186 del d.m. 152/2006 per tutte le attività non soggette a VIA o AIA.
A cura di Gabriele
Bivona
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