Decreto sviluppo: Per il costo del lavoro si torna al passato

Mentre siamo ancora in attesa del documento finale dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture relativamente alla Co...

26/10/2011
Mentre siamo ancora in attesa del documento finale dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture relativamente alla Consultazione sui bandi tipo e sul costo del lavoro, giunge notizia che il Governo con un colpo di spugna cancellerà la norma di cui all'articolo 81, comma 3-bis del Codice dei contratti introdotto dall'articolo 4, comma 2, lettera i-bis) del Decreto-Legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106.
Ricordiamo che il testo del comma 3-bis era il seguente: "L'offerta migliore è altresì determinata al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e delle misure di adempimento delle disposizioni in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro".

In verità, antecedentemente all'audizione del 29 settembre scorso tenutasi presso l'Autorità di vigilanza si erano espresse sul problema del costo del lavoro l'ITACA con un documento recante "Prime indicazioni per l'applicazione delle modificazioni introdotte all'art. 81 del codice dei contratti pubblici dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, di conversione del dl 70/2011" e l'.
In verità i due documenti erano su posizioni quasi opposte ed infatti mentre quello di Itaca privilegia il calcolo del costo del personale in maniera analitica, quello dell'Autorità è molto critico sulla nuova disposizione di legge e dopo alcune argomentazioni, precisa che "Tali questioni conducono a riflettere sulla applicabilità concreta della disposizione e sulla possibilità di addivenire ad una sua diversa interpretazione, nel rispetto degli obiettivi che si è posto il legislatore, contrastare il lavoro nero ed il lavoro sottopagato. A parere dell'Autorità, questo obiettivo verrebbe perseguito in modo più efficace verificando il rispetto della normativa sulla manodopera, nella fase di esecuzione delle commesse. A tale scopo, soccorre la normativa sul documento unico di regolarità contributiva. (articolo 6, del d.P.R. n. 207/2010). Inoltre, la disposizione pone sullo stesso piano i lavori, i servizi e le forniture, ma sembra costruita con riferimento ai lavori ed ai servizi ad alta intensità di lavoro di tipo standardizzato.".

Nella relazione di accompagnamento all'articolo con cui viene, di fatto, cancellato il citato comma 3-bis, con buona pace di tutti coloro che in questi ultimi mesi avevano trovato soluzioni di tipo analitico o parametrico per la definizione dell'importo a base d'asta da non assoggettare a ribasso, viene detto testualmente: "La proposta è volta a correggere alcune norme contenute nel decreto sviluppo che hanno determinato difficoltà applicative. In particolare, è abrogata la disposizione inserita nel decreto sviluppo dalla legge di conversione, relativa all’esclusione del costo del lavoro dal ribasso offerto nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici, rivelatasi di problematica e di non univoca applicazione, come evidenziato di recente anche dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, fermo restando che l'ordinamento vigente garantisce ampiamente la tutela dei lavoratori negli appalti pubblici, sia sotto il profilo della retribuzione che della sicurezza, attraverso numerose specifiche disposizioni già contenute nel codice dei contratti pubblici e nel testo unico della sicurezza.".
Mi chiedo come mai queste indicazioni contenute nella relazione di accompagnamento non sono emerse quando è stato predisposto il "decreto sviluppo" del mese di maggio al fine di evitare, a distanza di meno di tre mesi, modifiche alla normativa che mostrano l'ondivago atteggiamento di coloro che, invece, dovrebbero mostrare più attenzione.

Sempre nell'ambito dell'ultima versione del nuovo Decreto sviluppo riscontriamo, anche, un articolo con cui viene esteso a tutte le amministrazioni pubbliche, e quindi a tutti i casi in cui è richiesto dalla normativa vigente il possesso del DURC nei rapporti tra P.A. e privati, il principio previsto dall'art. 16-bis, comma 10, del d.l. 185/2008, che prevede che le stazioni appaltanti pubbliche acquisiscano d'ufficio, anche attraverso strumenti informatici, il documento unico di regolarità contributiva (DURC) dagli istituti o dagli enti abilitati al rilascio in tutti i casi in cui è richiesto dalla legge. E ciò in chiave di semplificazione, al fine di alleggerire il soggetto privato dall’onere di richiedere il DURC e di produrlo alla P.A. interessata.

A cura di Paolo Oreto
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