Diniego del Permesso di Costruire in sanatoria: obbligatorio motivare il giudizio negativo
In considerazione del carattere non ostativo del vincolo paesaggistico ai fini della condonabilità di un'opera, l'amministrazione deve sempre motivare il din...
In considerazione del carattere non ostativo del vincolo paesaggistico ai fini della condonabilità di un'opera, l'amministrazione deve sempre motivare il diniego del permesso di costruire in sanatoria reso sulla base di un parere sfavorevole in materia paesaggistica.
Lo ha chiarito la Sezione Quarta del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2055 del 28 marzo 2019 con la quale ha accolto il ricorso presentato per la riforma della decisione del giudice di prime cure resa in riferimento al diniego di permesso di costruire in sanatoria.
I fatti
Il caso riguarda il diniego di un permesso di costruire in sanatoria di un manufatto realizzato su fondo agricolo, sulla base di parere sfavorevole della Commissione Edilizia Integrata, confermato dai giudici di primo grado.
In particolare, in primo grado il TAR avevano confermato che non sussiste il lamentato difetto di motivazione “specie se si considera che il provvedimento va letto alla luce della documentazione di riferimento, nella quale le caratteristiche del manufatto sono esplicitate” e “Né era dovuta una autorizzazione con prescrizioni: tale eventualità è stata evidentemente scartata – nell’esercizio della valutazione di merito che è precluso sindacare al giudice amministrativo – da parte dell’amministrazione, a seguito dell’istruttoria”.
Il ricorso al Consiglio di Stato
Avverso tale pronuncia il ricorrente ha lamentato:
- l'omessa pronuncia del TAR circa la dedotta mancata verbalizzazione dei voti espressi in sede di parere;
- il difetto motivazionale, non avendo il Tribunale considerato che il danno ambientale non si può inferire dalla semplice presa d’atto della consistenza del manufatto, che tra l’altro è circondato da una fitta vegetazione;
- la mancata valutazione del TAR circa l'impossibilità del rilascio di una autorizzazione con prescrizioni.
La decisione di Palazzo Spada
Ribaltando la decisione dei giudici di primo grado, Palazzo Spada ha ricordato i dettami previsti dall'art. 3 (Motivazione del provvedimento) della Legge n. 241/1990 per il quale:
1. Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli
concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei
pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che
nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i
presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato
la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze
dell’istruttoria.
2. La motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per
quelli a contenuto generale.
3. Se le ragioni della decisione risultano da altro atto
dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme
alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso
disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si
richiama.
4. In ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati
il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere.
Tale previsione normativa, che sottende l’indeclinabile esigenza di assicurare adeguata attuazione al principio del clare loqui e quindi alla trasparenza dell’Amministrazione, assume particolare rilievo quando si tratti di giudizio di stampo discrezionale, come in materia paesaggistica ove è necessario apprezzare la fruibilità in termini estetici dell’opera oggetto di esame. Il parere reso nell’ambito del procedimento di condono non sfugge a tale configurazione soggettiva del potere amministrativo, proprio in considerazione del carattere non ostativo del vincolo paesaggistico ai fini della condonabilità delle opere. In tale contesto si palesa la particolare importanza della motivazione ai fini non solo della comprensione dei passaggi logici che hanno condotto al giudizio da parte del soggetto interessato al rilascio del titolo postumo ma anche del sindacato del giudice amministrativo in caso di espressione di un apprezzamento di segno negativo.
Nel caso di specie, è palese la censura del difetto motivazionale mossa dal ricorrente, non avendo la Commissione Edilizia Integrata riportato le ragioni che hanno condotto all’emissione del parere sfavorevole.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 28 marzo 2019, n. 2055Link Correlati
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