Ecomafie: anche la green economy inquinata dagli illeciti
Legambiente ha pubblicato in questi giorni il rapporto annuale sulle ecomafie, e quelli del 2014 sono numeri che fanno paura, con quasi 30mila infrazioni a...
Legambiente ha pubblicato in questi giorni il rapporto annuale
sulle ecomafie, e quelli del 2014 sono numeri che fanno
paura, con quasi 30mila infrazioni accertate (più di 80 al
giorno, ovvero più di 3 l'ora). Non solo: se di solito il termine
"ecomafie" viene associato al ciclo del cemento (1.7 mld
"fatturati" dall'abusivismo edilizio) e al traffico e smaltimento
illecito dei rifiuti (3.1 mld dal traffico di rifiuti speciali più
un altro miliardo dalla gestione di quelli urbani) quest'anno,
la green economy è venuta tristemente alla
ribalta.
Non a caso un capitolo a parte del rapporto è stato dedicato proprio a questa tematica. "Le informazioni raccolte- si legge in un rapporto dell'Europol - rivelano che le organizzazioni criminali italiane investono sempre di più nei settori dell'energia rinnovabile, in particolare nei parchi eolici, per profittare dei prestiti e dei generosi aiuti europei, ciò che permette loro di ripulire i profitti delle attività criminali attraverso attività economiche legali".
Dai dati del rapporto si scopre che numerose truffe in questi anni hanno contaminato proprio il mondo della green economy e delle energie rinnovabili a causa soprattutto della deregulation che domina il settore, permettendo a cosche e comitati d'affari, spesso in joint-venture, di mettere a segno colpi importanti a scapito delle imprese che lavorano in maniera legale.
«Di fronte ad una imprenditoria ecocriminale - denuncia ancora Legambiente - caratterizzata da un vivace dinamismo, fa da contraltare l'immobilismo della politica nazionale. Secondo l'associazione - e come dargli torto? - nel nostro Paese vige infatti ancora una legislazione a tutela dell'ambiente del tutto inadeguata, a carattere sostanzialmente contravvenzionale e basata su una vecchia impostazione che riconosce massimamente le ragioni dell'economia tralasciando i costi ambientali, sanitari e sociali. Per utilizzare le parole del presidente della commissione Ambiente della Camera Realacci, si tratta di una «legislazione stratificata, complessa, contraddittoria».
E se davvero si vuole dare ascolto alle parole della direttrice di Legambiente Rossella Muroni, per cui «Nessuna svolta ambientale e nessuna ripresa economica saranno mai possibili senza una lotta organica alla criminalità, nessuna green economy potrà mai realizzarsi senza legalità", ci vuole più fattività e maggiore tempismo da parte delle istituzioni, come ad esempio con l'approvazione della proposta di legge inerente l'introduzione del reato di delitto ambientale, già approvato dalla Camera e adesso fermo in Senato. Il testo individua gli effetti su salute e ambiente, introduce il reato di disastro ambientale (15 anni di carcere) e introduce il delitto di inquinamento (pena di sei anni)».
Un provvedimento che andrebbe approvato velocemente per rendere concreto l'impegno di controllori, istituzioni, associazioni di settore e forze dell'ordine, spesso frustrati dall'avere in mano strumenti poco efficaci come semplici sanzioni amministrative. Sarebbe sicuramente un modo per far tornare la green economy pulita di nome e di fatto.
Non a caso un capitolo a parte del rapporto è stato dedicato proprio a questa tematica. "Le informazioni raccolte- si legge in un rapporto dell'Europol - rivelano che le organizzazioni criminali italiane investono sempre di più nei settori dell'energia rinnovabile, in particolare nei parchi eolici, per profittare dei prestiti e dei generosi aiuti europei, ciò che permette loro di ripulire i profitti delle attività criminali attraverso attività economiche legali".
Dai dati del rapporto si scopre che numerose truffe in questi anni hanno contaminato proprio il mondo della green economy e delle energie rinnovabili a causa soprattutto della deregulation che domina il settore, permettendo a cosche e comitati d'affari, spesso in joint-venture, di mettere a segno colpi importanti a scapito delle imprese che lavorano in maniera legale.
«Di fronte ad una imprenditoria ecocriminale - denuncia ancora Legambiente - caratterizzata da un vivace dinamismo, fa da contraltare l'immobilismo della politica nazionale. Secondo l'associazione - e come dargli torto? - nel nostro Paese vige infatti ancora una legislazione a tutela dell'ambiente del tutto inadeguata, a carattere sostanzialmente contravvenzionale e basata su una vecchia impostazione che riconosce massimamente le ragioni dell'economia tralasciando i costi ambientali, sanitari e sociali. Per utilizzare le parole del presidente della commissione Ambiente della Camera Realacci, si tratta di una «legislazione stratificata, complessa, contraddittoria».
E se davvero si vuole dare ascolto alle parole della direttrice di Legambiente Rossella Muroni, per cui «Nessuna svolta ambientale e nessuna ripresa economica saranno mai possibili senza una lotta organica alla criminalità, nessuna green economy potrà mai realizzarsi senza legalità", ci vuole più fattività e maggiore tempismo da parte delle istituzioni, come ad esempio con l'approvazione della proposta di legge inerente l'introduzione del reato di delitto ambientale, già approvato dalla Camera e adesso fermo in Senato. Il testo individua gli effetti su salute e ambiente, introduce il reato di disastro ambientale (15 anni di carcere) e introduce il delitto di inquinamento (pena di sei anni)».
Un provvedimento che andrebbe approvato velocemente per rendere concreto l'impegno di controllori, istituzioni, associazioni di settore e forze dell'ordine, spesso frustrati dall'avere in mano strumenti poco efficaci come semplici sanzioni amministrative. Sarebbe sicuramente un modo per far tornare la green economy pulita di nome e di fatto.
A cura di Fernanda
Anania
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