Edilizia scolastica, 86,7% degli edifici in zona a rischio sismico 1 e 2 non adeguati alla normativa antisismica
Volendo cogliere l'aspetto positivo, potremmo dire che la ricetta per rimettere in moto la macchina economica del Paese dovrebbe avere come ingrediente princ...
Volendo cogliere l'aspetto positivo, potremmo dire che la ricetta per rimettere in moto la macchina economica del Paese dovrebbe avere come ingrediente principale le scuole, ovvero i luoghi dove si formano le menti e i cittadini del futuro.
Il XVIII Rapporto di Legambiente "Ecosistema Scuola sulla qualità dell'edilizia scolastica, delle strutture e dei servizi", come anche i precedenti, non lascia scampo e mostra una situazione buia che dovrebbe allarmare e spingere le più brillanti menti del Paese a trovare soluzioni immediate, almeno per rispondere almeno alle esigenze più gravi, che consentirebbero di far ripartire davvero l'edilizia e adeguare le scuole italiane che, ad oggi, mostrano carenze troppo marcate per poterle trascurare.
L'indagine di Legambiente, realizzata incrociando i dati dell'anagrafe scolastica con quelli della nuova classificazione sismica presenti nella banca dati sul sito della Protezione Civile, evidenzia che:
- oltre il 41% delle scuole (15.055) si trovano in zona sismica 1 e 2 (cioè dove possono verificarsi terremoti, rispettivamente fortissimi e forti);
- il 43,4% di questi edifici risalgono a prima del 1976 e cioè a prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica;
- solo il 12,3% delle scuole presenti in queste aree risulta progettato o adeguato alla normativa tecnica di costruzione antisismica.
Una situazione allarmante cui bisognerebbe mettere mano immediatamente per cercare di rispondere almeno alle esigenze più gravi, e che non trova nell’anagrafe uno strumento utile e adeguato.
Anagrafe scolastica
L'anagrafe scolastica, di cui si parla da diversi anni, avrebbe dovuto rispondere proprio a questi interrogativi: quanti edifici, in quali condizioni, con quali necessità urgenti.
In realtà, la stessa indagine conoscitiva approvata dalla VII Commissione della Camera dei Deputati a settembre 2013 ha evidenziato come la situazione dell'edilizia scolastica in Italia sia in "divenire" e le diverse complessità strutturali hanno reso impossibile il raggiungimento di risultati tangibili in termini di numeri e programmazione.
Purtroppo, quello che doveva essere uno strumento in grado di raggiungere numeri e programmazione, si è rivelato incompleto, impreciso e di difficile interpretazione. Per fare un esempio, gli edifici scolastici in Italia risultano essere 42.408, ma il Portale Unico dei Dati della Scuola del MIUR, aggiornato all'anno scolastico 2015/2016, ne conta 50.804 di cui ben 14.711 registrati nel sistema due volte, con gli stessi dati. I dati certi quindi si riferiscono solo a 36.093 edifici, trascurando completamente quel 15% di edifici che manca all’appello (6.315 strutture).
Oltre ai "numeri", la classificazione delle zone sismiche dell'anagrafe risponda a criteri ormai superati, facendo riferimento a una normativa in voga fino al 2003 (con territorio diviso nelle tre categorie sismiche S6, S9, S12), che non coincide con l'attuale sistema di classificazione (4 zone sismiche a pericolosità decrescente).
Interventi di manutenzione urgenti
I numeri del Rapporto mostrano come il 43,8% delle scuole che
hanno risposto al questionario necessita di interventi di
manutenzione urgenti che aumenta nei territori del Sud (56% degli
edifici che necessitano di manutenzione urgente) e nelle Isole
(49,9%).
E i tanti soldi messi a disposizione per il miglioramento
dell'edilizia scolastica, ben 9,5 miliardi dal 2014 non hanno
contribuito efficacemente al raggiungimento dell'obiettivo, anche
perché solo 4 miliardi sono stati finanziati e solo 6.157 cantieri
risultano conclusi.
Incapacità di investimento
Malgrado i comuni del Sud e delle Isole abbiano maggiormente beneficiato, anche grazie a misure dedicate solo a queste aree, di fondi nazionali per l'edilizia scolastica, rimane ancora un importante divario fra la capacità di investimento e di spesa proprio degli enti locali di queste aree del Paese rispetto al resto d’Italia. La media di investimento in manutenzione straordinaria annua per singolo edificio degli ultimi 5 anni, infatti, vede una media nazionale di 20.535 euro, con una forbice che va dai 28.536 euro degli edifici del Nord Italia ai 3.397 del Sud. Un divario in capacità di investimento e programmazione che porta al permanere di un patrimonio diffuso di minore qualità nell'Italia meridionale.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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