Equo compenso, La Mendola (CNAPPC): 'Norma che non segna modalità operative concrete'
Con la sentenza n. 14293 del 4 giugno 2018 la Suprema Corte di Cassazione ha confermato un principio in realtà già abbastanza conosciuto a tutto il mondo pro...
Con la sentenza n. 14293 del 4 giugno 2018 la Suprema Corte di Cassazione ha confermato un principio in realtà già abbastanza conosciuto a tutto il mondo professionale: i minimi tariffari non esistono più e anche i parametri previsti dal DM 17 giugno 2016 (c.d. Decreto parametri) possono essere derogati (tanto in ambito pubblico quanto in quello privato).
Sul tema abbiamo ricevuto e pubblicato il commento dell'Arch. Giuseppe Lonetti (leggi articolo), Dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Catanzaro, che tutti ricorderanno per la vicenda del bando per la redazione del Piano strutturale e del relativo Regolamento Edilizio Urbanistico (REU) con importo a base di gara pari a 1 euro e un rimborso spese (preventivamente autorizzate ed effettivamente sostenute e documentate) nel limite massimo di 250 mila euro (leggi articoli).
Abbiamo, quindi, interpellato il Consiglio Nazionale degli Architetti PPC che si era battuto contro il bando del Comune di Catanzaro con botta e risposta al vetriolo tra il Presidente Giuseppe Cappochin e il dirigente Lonetti (leggi articolo), intervistando il Vicepresidente Rino La Mendola a cui abbiamo posto alcune domande.
D. Quali sono le sue valutazioni in relazione alla sentenza n. 14293 emanata dalla Cassazione il 4 giugno 2018?
R. Ritengo che sia importante chiarire che la sentenza n. 14293 del 4 giugno 2018 non fa altro che sottolineare ancora una volta che i minimi tariffari sono derogabili, in quanto il ricorso era stato posto in questi termini. Sappiamo bene che è così (nulla di nuovo!!!), infatti ci stiamo battendo per mandare del tutto in pensione il criterio del prezzo più basso, che negli ultimi anni ha mortificato sempre più la professionalità dei liberi professionisti e la qualità delle nostre opere pubbliche ed , in attesa di raggiungere questo obiettivo, stiamo spingendo affinché istituti già previsti dalle norme vigenti, come il ricorso alle formule bilineari (nell’OEPV) ed allo scarto automatico delle offerte anomale, vengano utilizzati dalle stazioni appaltanti, con l’obiettivo di ridurre i ribassi.
D. La sentenza in qualche modo richiama il caso Catanzaro?
R. Il caso di Catanzaro non è attribuibile alla derogabilità dei minimi tariffari, ma al fatto di avere posto a base di gara un importo irrisorio che ha determinato la possibilità di conferire un incarico diretto, anziché con procedura di evidenza pubblica, come prescritto dagli articoli 35,36 e 157 del codice dei contratti, in relazione all’importo a base di gara. Bisogna comunque ricordare che, all’epoca del caso Catanzaro, così come del caso oggetto delle sentenza emanata lo scorso 4 giugno dalla Cassazione, non era stato ancora varato il decreto correttivo (D.Lgs. n. 56/2017); decreto che, modificando l’art. 24 comma 8 del codice dei contratti (D.Lgs. n. 50/2016) , ha chiaramente sancito l’obbligo per le stazioni appaltanti di calcolare l’importo a base di gara, facendo riferimento al cosiddetto “decreto parametri”. E’ appena il caso di ricordare che la procedura di affidamento varia con il variare dell’importo a base di gara, per cui la mancanza di regole chiare per il calcolo a base di gara, determinava sistematicamente il rischio di affidare servizi di architettura e ingegneria con procedure errate. Sul tema, il legislatore, accogliendo i nostri suggerimenti, con il decreto correttivo (56/2017) ha modificato il vecchio testo dello stesso comma 8 (50/2016) in modo da superare ogni dubbio, rendendo obbligatorio il ricorso al Decreto Parametri.
D. Dopo l’entrata in vigore del decreto correttivo, le stazioni appaltanti si sono allineate a quanto disposto dall’art.24 comma 8?
R. Attraverso il nostro Osservatorio sui Servizi di Architettura e Ingegneria (ONSAI), abbiamo confrontato i dati dei primi cento bandi esaminati in regime di D.Lgs, 50/2016 con i dati dei primi 100 bandi in regime del D.Lgs,56/2017, rilevando una notevole riduzione delle criticità sul tema, che comunque permangono ancora per percentuali elevate. In particolare, per il “mancato calcolo dei corrispettivi da porre a base di gara” è stata rilevata una riduzione dal 52% al 32% dei bandi esaminati, mentre per quanto riguarda “l’errato calcolo” degli stessi corrispettivi , è stata rilevata una riduzione dal 47% al 29% . Quindi, sebbene sia stata rilevata una notevole riduzione di tali criticità, molti RUP continuano ancora a non rendersi conto del grave errore in cui incorrono; errore che potrebbe peraltro determinare, per chi lo commette, conseguenze disciplinari o penali.
D. A seguito delle vostre segnalazioni, le stazioni appaltanti correggono i bandi?
R. In gran parte dei casi, si. Il Rup diligente, se a seguito di segnalazione rileva una criticità nel bando, non esita rivederlo, nella consapevolezza che sottostimare i corrispettivi a base di gara potrebbe determinare l’adozione di procedure di affidamento errate. Ad esempio, molti bandi redatti sul modello “Catanzaro”, dopo l’entrata in vigore del correttivo, a seguito di nostra segnalazione, sono stati revocati da diverse stazioni appaltanti.
D. Ma rimane comunque il problema dei ribassi esagerati. In che modo il DL 148/2017, convertito in legge 172/2017 garantisce un equo compenso?
R. Onestamente, penso che la legge 172/2017 abbia il merito di avere introdotto il principio dell’equo compenso, ma è una norma che non segna modalità operative concrete. Riteniamo che sia molto più efficace l’art.24 del codice, così come modificato dal “correttivo” , di cui ricordo gli elementi più importanti sul tema dei compensi:
- Le stazioni appaltanti devono calcolare l’importo a base di gara, ricorrendo al decreto parametri (art.24 comma 8); ciò ha segnato una notevole inversione di tendenza rispetto a norme quali il decreto Bersani o il DL 1/2012, convertito in legge 27/2012, che aveva abrogato del tutto le tariffe professionali;
- Vengono recuperati gli articoli 9 e 10 della vecchia tariffa n°143 del 1949 (art.24 comma 8bis), grazie ai quali vengono reintrodotti diritti importanti per i liberi professionisti, quali il diritto all’acconto, la maggiorazione del 25% delle prestazioni rese in caso di interruzione non adeguatamente motivata dell’incarico, il diritto di liquidazione delle parcelle entro sessanta giorni dalla presentazione;
- Viene sancito il Divieto di affidare Servizi di Architettura e Ingegneria a titolo di sponsorizzazione o di semplice rimborso in luogo dei corrispettivi spettanti ai professionisti (art.24 comma 8 ter), che scongiura il rischio che le Stazioni Appaltanti possano continuare ad affidare Servizi delicati come quelli della progettazione a fronte di importi largamente sottodimensionati piuttosto che irrisori (come già accaduto a Catanzaro), con grave nocumento per la trasparenza e per la qualità delle prestazioni che devono essere rese dall’affidatario.
Questi sono dispositivi di legge chiari e perentori che nessuna sentenza può discutere o intaccare. Se tali dispositivi venissero coniugati con l’applicazione di istituti già previsti dalle norme in vigore, come l’applicazione delle formule bilineari e dello scarto delle offerte anomale, la logica dell’equo compenso, negli affidamenti di servizi di architettura e ingegneria, si concretizzerebbe in modo certamente più proficuo rispetto a quanto stabilito dalla legge 172/2017.
Ringraziamo il Vicepresidente La Mendola e lasciamo a voi ogni commento.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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