Formazione continua e Ruolo Ordini professionali: presentata interrogazione parlamentare

Uniformare la normativa nazionale sull'aggiornamento professionale obbligatorio, aggiornare i parametri per l'assegnazione dei crediti formativi professional...

29/01/2016

Uniformare la normativa nazionale sull'aggiornamento professionale obbligatorio, aggiornare i parametri per l'assegnazione dei crediti formativi professionali e omologare il regime sanzionatorio. Sono alcune delle richieste inserite all'interno dell'interrogazione parlamentare presentata al Senato il 26 gennaio 2016.

L'interrogazione, a firma dei senatori Giuseppe Vacciano (impiegato), Francesco Molinari (avvocato), Alessandra Bencini (infermiere), Laura Bignami (analista programmatore), Maria Mussini (insegnante), Ivana Simeoni (infermiere), prende di mira il regolamento per l'aggiornamento della competenza professionale approvato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri (clicca qui) e pubblicato sul Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia n. 13 del 15 luglio 2013.

L'interrogazione parlamentare, oltre a nutrire dubbi sul Regolamento per la formazione continua degli Ingegneri, mette sotto la lente di ingrandimento l'attività degli Ordini professionali e dei Consigli Nazionali, rilevando come queste, dopo l'abrogazione dell'obbligo di gestione delle tariffe professionali, abbiano di fatto perduto gran parte della loro funzionalità, improvvisamente recuperata con l'acquisizione delle nuove competenze con il nuovo sistema dei CFP.

L'art. 9 del Regolamento per l'aggiornamento della competenza professionale dell'Ingegnere ha, infatti, dato nuova linfa di vita agli ordini territoriali, affidando loro i seguenti compiti:

  • organizzazione delle attività formative nel rispetto delle linee di indirizzo;
  • riconoscimento della didattica organizzata dalle associazioni di iscritti agli Albi o altri soggetti autorizzati dal CNI e contemporanea assegnazione del numero di CFP riconoscibili;
  • controllo e monitoraggio dell'offerta formativa rivolta agli iscritti sul territorio di competenza;
  • gestione della banca dati dei CFP degli iscritti;
  • comunicazione al CNI delle informazioni necessarie alla banca dati consultabile on line di tutte le attività formative riconosciute disponibili sul territorio nazionale.

L'interrogazione parlamentare rileva come le attività di formazione sono suddivise in:

  • apprendimento non formale, caratterizzato da una scelta intenzionale del professionista, ottenuto accedendo a didattica frontale o a distanza offerta da qualsiasi soggetto che persegua finalità di formazione professionale;
  • apprendimento informale, che, anche a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza nell'esercizio della professione di ingegnere nelle situazioni ed interazioni del lavoro quotidiano;
  • apprendimento formale delle conoscenze ed abilità scientifico-culturali dell'ingegneria nel sistema di istruzione e formazione delle università, e che si conclude con il conseguimento di un titolo di studio.

L'art. 13 del Regolamento specifica che la decorrenza dell'obbligo di aggiornamento della competenza professionale è in vigore dall'1 gennaio 2014 e che ad ogni iscritto all'albo è riconosciuto un massimo di 60 CFP (fino ad un massimo di 90 CFP in caso di prima iscrizione all'albo entro 2 anni dal conseguimento dell'abilitazione) relativi all'anno 2013 di crediti attinenti ad attività implicitamente intese di tipo informale e formale.

Secondo gli interroganti, tale disposizione sarebbe discriminatoria nel caso di conseguimento antecedente al 2013 di laurea aggiuntiva, dottorati di ricerca, master di primo e secondo livello, titoli compresi nella formazione formale. "Ponendo una rigida restrizione alla portata massima del plafond di CFP annuali accantonabili (limite arbitrario e strumentale), si penalizzerebbe la rilevanza istituzionale di titoli accademici eventualmente conseguiti dagli iscritti qualora la loro valutazione in crediti formativi eccedesse il limite di crediti conseguibili. Tale evenienza, a parere degli interroganti, in luogo di premiare, danneggia e discrimina i professionisti che abbiano da sempre curato il proprio aggiornamento professionale, a prescindere dal recente intervento del legislatore".

L'interrogazione parlamentare riporta una ricerca condotta dall'associazione Bruno Trentin-ISF-IRES-CGL sulla contingenza attuale della vita lavorativa dei "liberi professionisti", in particolare ingegneri, architetti, avvocati e altri professionisti con partiva Iva, che in 2.000 hanno formato il campione dell'indagine statistica. I dati emersi sono certamente allarmanti perché riportano una situazione ben oltre che accettabile. In riferimento ai tempi di pagamento, "solo un professionista su tre (il 29,5%) è pagato puntualmente, il 19,5% con un ritardo che va dai 3 ai 6 mesi e il 16,8% è costretto ad aspettare più di sei mesi. In particolare, se il committente è pubblico, per il 20,7% il ritardo è di oltre sei mesi, mentre il 6,8% dichiara di non essere mai stato pagato. Il 60% del campione sostiene di avere difficoltà ad arrivare a fine mese e il 16,5% degli intervistati fa sapere di avere avuto l'anno scorso fino a due mesi di inattività, il 20,9% da tre a sei mesi e l'11,8% da sette mesi a un anno". L'Atto ispettivo dei parlamentari riporta anche il risultato dell'ultimo rapporto sulla previdenza privata condotto da Adepp, che certifica lo stato di emergenza dei professionisti con redditi medi crollati.

I dati emersi vengono citati a supporto del parere degli interroganti per cui "sarebbe opportuno prevedere un bilanciamento tra seminari e corsi gratuiti a fronte della quasi esclusiva offerta formativa privata, poiché gli interroganti ritengono che sia necessario garantire una maggiore accessibilità a laureandi, neo laureati e ai professionisti a basso reddito. È da evidenziare, inoltre, come la norma vigente non preveda nulla sul piano didattico: non sono ipotizzati eventuali "piani di studio" annuali o pluriennali, o qualsiasi altro strumento che possa valorizzare l'esperienza formativa sotto il profilo della coerenza e sensatezza del percorso didattico vero e proprio, in una sterile logica di accumulo casuale di crediti".

Per quanto concerne il regime sanzionatorio, l'interrogazione cita un mio articolo del 12 novembre 2015 (leggi articolo) in cui, dopo la pubblicazione della Circolare Consiglio Nazionale Ingegneri 09/11/2015, n. 625, rilevavo come non ci sia nessuna uniformità di giudizio per gli Ingegneri iscritti all'albo professionale che non conseguono i crediti formativi professionali previsti dal Regolamento di formazione continua.

L'interrogazione, per eliminare ipotizzabili ombre di discrezionalità nell'attribuzione dei CFP, ritengono sia "necessario chiarire e uniformare normativamente i criteri di esclusione o di assegnazione (in questo caso conferiti dopo il pagamento cospicui di diritti di segreteria) a cui gli ordini territoriali devono attenersi per il riconoscimento di crediti associati a corsi o seminari formativi, affinché sia garantita omogeneità della qualità dell'offerta formativa sull'intero territorio nazionale e non vi sia alcuna disparità di trattamento nei confronti di alcuna società o ente richiedenti certificazione".

Altra obiezione riguarda appunto l'arbitrarietà con la quale vengono formulate le sanzioni da parte dei consigli disciplinari e l'assenza della certezza dell'applicazione della sanzione stessa. Per questo motivo, è opinione degli interroganti:

  • che il regolamento presenta, a monte e a valle, diverse carenze e lacune nella struttura del vero e proprio sistema di formazione continua obbligatoria;
  • la minuziosa assegnazione di ruoli di controllo e valutazione affidati agli organi territoriali del consiglio nazionale degli ingegneri concretizza uno squilibrio che non valorizza e, di fatto, svuota nella sostanza l'apprezzabile proposito del legislatore di innalzare il livello generale di competenza della professione ingegneristica.

In definitiva, viene chiesto di sapere:

  • se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno aggiornare i parametri di concretizzazione del credito formativo derivante da titoli accademici conseguiti dagli iscritti prima e durante l'entrata in vigore della normativa sulla formazione obbligatoria continua, qualora il loro ottenimento eccedesse il limite di crediti conseguibili in termini di tempo e quantità;
  • se non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze, integrare la normativa in vigore nell'ambito della formazione obbligatoria continua relativa alla professione di ingegnere, affinché costituisca un obbligo in capo agli ordini territoriali garantire l'apprendimento "non formale" gratuito che risulti proporzionale all'offerta formativa di natura privata autorizzata nel medesimo territorio; e più in generale, migliorare il sistema formativo vigente per renderlo un'opportunità che i professionisti in difficoltà economica, neolaureati e laureandi possano cogliere, e non un complicato obbligo da ottemperare;
  • quali misure intenda adottare, anche di carattere normativo, per garantire maggiore uniformità sul territorio nazionale per quanto riguarda la certificazione a scopo formativo di enti e società a cui devono attenersi gli ordini territoriali nazionali nell'ambito dei crediti formativi professionali;
  • quali iniziative di competenza si proponga di realizzare, per garantire uniformità di giudizio tra consigli di disciplina facenti capo ad ordini territoriali differenti nel caso in cui un iscritto compia un atto professionale senza essere in possesso del numero previsto di 30 CFP;
  • quali misure intenda adottare al fine di omologare il regime sanzionatorio applicabile agli iscritti all'albo che compiono atti professionali, ma che non abbiano conseguito i 30 CFP annui;
  • se non ritenga opportuno armonizzare la normativa relativa alla formazione obbligatoria continua alla legislazione europea in materia di libera concorrenza, visto anche il precedente giurisprudenziale costituito dalla sentenza nella causa C-1/12 emanata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, decisione che vincolerà i giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile. Sarebbe auspicabile, dunque, uniformare la normativa nazionale sull'aggiornamento professionale obbligatorio per evitare che, negli anni a venire, i tribunali italiani vengano gravati da ulteriori procedimenti giuridici superabili da una preventiva azione normativa responsabile.

A cura di Ing. Gianluca Oreto

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