Gare d'appalto e Consiglio di Stato: costo del lavoro con valori inferiori?l'offerta non è anomala
Un'offerta non può ritenersi anomala ed essere esclusa da una gara per il solo fatto che il costo del lavoro è stato calcolato secondo valori inferiori a que...
Un'offerta non può ritenersi anomala ed essere esclusa da una gara
per il solo fatto che il costo del lavoro è stato calcolato secondo
valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali o
dai contratti collettivi.
Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, del 3 luglio 2015, n. 3329 che ha trattato la congruità di un'offerta nel caso in cui il costo del lavoro indicato abbia un valore considerevolmente e ingiustificatamente discordante dai valori normali.
A tal proposito i giudici hanno precisato che, nel caso in argomento,l'Amministrazione non ha ritenuto di dover attivare il procedimento di verifica di anomalia dell'offerta poiché la stessa non rientrava in uno dei casi, disciplinati dall'art. 86, comma 2, del codice dei contratti, nei quali è prevista la verifica obbligatoria e l'Amministrazione ha ritenuto di non dover procedere nella verifica facoltativa prevista dall'art. 86, comma 3, del codice dei contratti pubblici.
Il Consiglio di Stato ha aggiunto, poi, che non si può ritenere illegittima la scelta dell'Amministrazione di non sottoporre l'offerta alla verifica dell'anomalia in relazione all'asserita difformità dalle tabelle ministeriali di riferimento posto che, come si è ricordato, la valutazione sulla serietà e congruità dell'offerta ha per oggetto l'offerta nel suo insieme e non riguarda i suoi singoli aspetti, e tenuto conto che la società, risultata aggiudicataria, aveva dato una chiara esposizione, anche nel dettaglio, dei costi per il personale che avrebbe sopportato per dare esecuzione all'appalto.
Con riferimento poi al rispetto dei minimi stabiliti dalle tabelle ministeriali, il Consiglio di Stato ricorda, poi, che l'art. 86, comma 3 bis, del Codice dei contratti pubblici prevede che «nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture» e che, ai fini di tale disposizione, «il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali».
I valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscono tuttavia un limite inderogabile, ma semplicemente un parametro di valutazione della congruità dell'offerta, con la conseguenza che l'eventuale scostamento da tali parametri delle relative voci di costo non legittima di per sé un giudizio di anomalia (cfr., fra le tante, Consiglio di Stato, sez. III, n. 1743 del 2 aprile 2015, Sez. V, n. 3937 del 24 luglio 2014).
Devono considerarsi anormalmente basse le offerte che si discostino in modo evidente dai costi medi del lavoro indicati nelle tabelle predisposte dal Ministero del lavoro in base ai valori previsti dalla contrattazione collettiva, in quanto i costi medi costituiscono non parametri inderogabili ma indici del giudizio di adeguatezza dell'offerta, con la conseguenza che è ammissibile l'offerta che da essi si discosti, purché lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori, così come stabilito in sede di contrattazione collettiva.
Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, del 3 luglio 2015, n. 3329 che ha trattato la congruità di un'offerta nel caso in cui il costo del lavoro indicato abbia un valore considerevolmente e ingiustificatamente discordante dai valori normali.
A tal proposito i giudici hanno precisato che, nel caso in argomento,l'Amministrazione non ha ritenuto di dover attivare il procedimento di verifica di anomalia dell'offerta poiché la stessa non rientrava in uno dei casi, disciplinati dall'art. 86, comma 2, del codice dei contratti, nei quali è prevista la verifica obbligatoria e l'Amministrazione ha ritenuto di non dover procedere nella verifica facoltativa prevista dall'art. 86, comma 3, del codice dei contratti pubblici.
Il Consiglio di Stato ha aggiunto, poi, che non si può ritenere illegittima la scelta dell'Amministrazione di non sottoporre l'offerta alla verifica dell'anomalia in relazione all'asserita difformità dalle tabelle ministeriali di riferimento posto che, come si è ricordato, la valutazione sulla serietà e congruità dell'offerta ha per oggetto l'offerta nel suo insieme e non riguarda i suoi singoli aspetti, e tenuto conto che la società, risultata aggiudicataria, aveva dato una chiara esposizione, anche nel dettaglio, dei costi per il personale che avrebbe sopportato per dare esecuzione all'appalto.
Con riferimento poi al rispetto dei minimi stabiliti dalle tabelle ministeriali, il Consiglio di Stato ricorda, poi, che l'art. 86, comma 3 bis, del Codice dei contratti pubblici prevede che «nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture» e che, ai fini di tale disposizione, «il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali».
I valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscono tuttavia un limite inderogabile, ma semplicemente un parametro di valutazione della congruità dell'offerta, con la conseguenza che l'eventuale scostamento da tali parametri delle relative voci di costo non legittima di per sé un giudizio di anomalia (cfr., fra le tante, Consiglio di Stato, sez. III, n. 1743 del 2 aprile 2015, Sez. V, n. 3937 del 24 luglio 2014).
Devono considerarsi anormalmente basse le offerte che si discostino in modo evidente dai costi medi del lavoro indicati nelle tabelle predisposte dal Ministero del lavoro in base ai valori previsti dalla contrattazione collettiva, in quanto i costi medi costituiscono non parametri inderogabili ma indici del giudizio di adeguatezza dell'offerta, con la conseguenza che è ammissibile l'offerta che da essi si discosti, purché lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori, così come stabilito in sede di contrattazione collettiva.
A cura di Ilenia
Cicirello
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