Il Presidente dei Geologi italiani risponde all'Antitrust
A pochi giorni dalla segnalazione del Presidente dell'Antitrust Giovanni Pitruzzella in merito alla liberalizzazione delle professioni e agli ostacoli causat...
A pochi giorni dalla segnalazione del Presidente dell'Antitrust
Giovanni Pitruzzella in merito alla liberalizzazione delle
professioni e agli ostacoli causati dalla permanenza di riferimenti
normativi legati alla "adeguatezza" del compenso del professionista
rispetto al "decoro professionale" e alla "importanza dell'opera"
(leggi news), la nostra
redazione ha richiesto la posizione ufficiale dei Presidenti delle
principali categorie tecniche (Architetti, Ingegneri, Geologi,
Geometri, Periti), che avuto la puntuale risposta di Gianvito
Graziano, leader dei Geologi italiani, che riportiamo
integralmente.
"Noi professionisti abbiamo la presunzione di pensare che i nostri servizi, per la loro natura intellettuale, siano indispensabili allo sviluppo del Paese. Nella pratica quotidiana ci accorgiamo invece che questo ruolo di servizio non è percepito come tale e soprattutto le norme che ne regolano il funzionamento sono viste da alcuni come ostacolo alla crescita economica.
A costoro poco importa che siano soprattutto i più giovani a rimanere fuori dal mercato dei servizi, che siano gli stessi giovani a trovarsi costretti a cancellarsi dagli albi professionali, che questo, e tanti altri, siano un segno evidente di un malessere prima di tutto economico, ma legato anche ad uno scoramento per la incerta prospettiva del futuro delle professioni.
Poco importa che un professionista mal pagato e condizionato da una lotta di sopravvivenza senza quartieri probabilmente non renderà un servizio di qualità, intesa non come parametro di eccellenza, ma come semplice raggiungimento di obiettivi minimi di soddisfacimento del cliente. Poco importa insomma dei problemi che attanagliano la professione, che siano il compenso, i ribassi o la concorrenza sleale.
C'è da dire però che una certa attenzione in effetti c'è stata e c'è ancora, ma va nella direzione del voler colpire il sistema dei servizi professionali, gli Ordini, le tariffe di riferimento, perché pare che così si possa risanare l'economia del Paese, i cui conti pubblici evidentemente non sono in regola anche per colpa di questo sistema.
Scusate ma non lo avevamo capito. Arroganti come siamo, avevamo avuto persino l'impressione che l'Italia fosse affetta da altri mali, da una cronica mancanza di pianificazione, da una allegra gestione dei conti, da una spesa pubblica sproporzionata e fuori controllo, da un clientelismo devastante, da abusivismi di ogni genere, passando persino dalle spese per ostriche e champagne delle cronache di questi giorni.
Avevamo pensato poi, ma sbagliavamo ancora, che l'Autorità garante per la concorrenza dovesse prima o poi occuparsi di banche e di assicurazioni, dove i problemi di concorrenza ci sembrano evidenti.
Ma appunto, ci eravamo sbagliati, cosicché l'Autorità ci ha dovuto spiegare che professioni e professionisti sono ancora causa di tanti mali alla nostra economia, legati come sono a concetti pericolosi e nocivi del libero mercato, quali ad esempio il decoro.
Ma la situazione, ci hanno spiegato, è ancora rimediabile, intervenendo sul codice civile e togliendo questo vecchio richiamo al decoro professionale, che sa tanto di stantio. In un Paese come il nostro - siamo obiettivi - non si può pensare che con tutto quello che succede qualcuno pensi ancora di agire con "decoro". E' un concetto sorpassato.
Una volta sarebbe stato indecoroso pensare di abolire una regola etica, così come vi erano cose che si ritenevano "inopportune" e che oggi invece non lo sono più. Occupare tante poltrone contemporaneamente era inopportuno.
Ma i tempi sono cambiati, il decoro è diventato "indecoroso" e l'asticella delle inopportunità è stata alzata sino ad accettarle purché non siano illegali.
Così vanno le cose: il guaio è che noi professionisti non riusciamo a farcene una ragione."
"Noi professionisti abbiamo la presunzione di pensare che i nostri servizi, per la loro natura intellettuale, siano indispensabili allo sviluppo del Paese. Nella pratica quotidiana ci accorgiamo invece che questo ruolo di servizio non è percepito come tale e soprattutto le norme che ne regolano il funzionamento sono viste da alcuni come ostacolo alla crescita economica.
A costoro poco importa che siano soprattutto i più giovani a rimanere fuori dal mercato dei servizi, che siano gli stessi giovani a trovarsi costretti a cancellarsi dagli albi professionali, che questo, e tanti altri, siano un segno evidente di un malessere prima di tutto economico, ma legato anche ad uno scoramento per la incerta prospettiva del futuro delle professioni.
Poco importa che un professionista mal pagato e condizionato da una lotta di sopravvivenza senza quartieri probabilmente non renderà un servizio di qualità, intesa non come parametro di eccellenza, ma come semplice raggiungimento di obiettivi minimi di soddisfacimento del cliente. Poco importa insomma dei problemi che attanagliano la professione, che siano il compenso, i ribassi o la concorrenza sleale.
C'è da dire però che una certa attenzione in effetti c'è stata e c'è ancora, ma va nella direzione del voler colpire il sistema dei servizi professionali, gli Ordini, le tariffe di riferimento, perché pare che così si possa risanare l'economia del Paese, i cui conti pubblici evidentemente non sono in regola anche per colpa di questo sistema.
Scusate ma non lo avevamo capito. Arroganti come siamo, avevamo avuto persino l'impressione che l'Italia fosse affetta da altri mali, da una cronica mancanza di pianificazione, da una allegra gestione dei conti, da una spesa pubblica sproporzionata e fuori controllo, da un clientelismo devastante, da abusivismi di ogni genere, passando persino dalle spese per ostriche e champagne delle cronache di questi giorni.
Avevamo pensato poi, ma sbagliavamo ancora, che l'Autorità garante per la concorrenza dovesse prima o poi occuparsi di banche e di assicurazioni, dove i problemi di concorrenza ci sembrano evidenti.
Ma appunto, ci eravamo sbagliati, cosicché l'Autorità ci ha dovuto spiegare che professioni e professionisti sono ancora causa di tanti mali alla nostra economia, legati come sono a concetti pericolosi e nocivi del libero mercato, quali ad esempio il decoro.
Ma la situazione, ci hanno spiegato, è ancora rimediabile, intervenendo sul codice civile e togliendo questo vecchio richiamo al decoro professionale, che sa tanto di stantio. In un Paese come il nostro - siamo obiettivi - non si può pensare che con tutto quello che succede qualcuno pensi ancora di agire con "decoro". E' un concetto sorpassato.
Una volta sarebbe stato indecoroso pensare di abolire una regola etica, così come vi erano cose che si ritenevano "inopportune" e che oggi invece non lo sono più. Occupare tante poltrone contemporaneamente era inopportuno.
Ma i tempi sono cambiati, il decoro è diventato "indecoroso" e l'asticella delle inopportunità è stata alzata sino ad accettarle purché non siano illegali.
Così vanno le cose: il guaio è che noi professionisti non riusciamo a farcene una ragione."
A cura di Gianluca
Oreto
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