Il rischio sismico in Italia
Secondo la classificazione sismica dei comuni italiani circa il 40% del territorio nazionale (130.000 km2) è in area ad elevato rischio (zona sismica 1-2) pa...
Secondo la classificazione sismica dei comuni italiani circa il 40% del territorio nazionale (130.000 km2) è in area ad elevato rischio (zona sismica 1-2) pari al 35% dei comuni italiani (pari a 2.000).
In queste aree, dove risiedono 22 milioni di persone, 9 milioni di famiglie, si trovano oltre 6 milioni di edifici di cui oltre 1 milione ad uso produttivo con 5 milioni di addetti.
Nel marzo 2005 è stata pubblicata la classificazione dei comuni italiani secondo 4 classi di pericolosità sismica sulla base dell’intensità, la localizzazione e la frequenza dei fenomeni sismici del passato.
Tale classificazione non costituisce un dato sulla possibilità che si verifichino in un comune terremoti e anche di forte magnitudo.
Bassa pericolosità non significa piccoli terremoti ma terremoti anche violenti e rari con una bassa probabilità di forti scuotimenti in un intervallo di tempo breve dal punto di vista geologico.
In Italia ogni anno si verificano in media circa un centinaio di terremoti che la popolazione è in grado di percepire.
Si tratta quasi sempre di eventi che non comportano danni a persone e cose. il terremoto di grave entità resta un evento piuttosto raro che si ripresenta negli stessi territori con intervalli quasi sempre misurabili in parecchie decine di anni, quando non di secoli.
Considerando, però, l’intero territorio nazionale, i terremoti con carattere distruttivo si ripetono, invece, con cadenza molto più breve. Considerando gli ultimi 120 anni gli eventi sismici che hanno determinato gravi danni a persone e cose si sono presentati, in media, uno ogni 5 anni.
Per quanto riguarda il rischio sismico, la classificazione territoriale per grado di pericolo evidenzia che 22 milioni di persone abitino in aree del paese esposte a rischio sismico molto o abbastanza elevato (classificate, rispettivamente, 1 e 2), con una quota pari quasi a 3 milioni nella sola zona 1 di massima esposizione.
Altri 19 milioni risiedono, invece, nei comuni classificati in zona 3; zona che non può dirsi sicura, visto che molti comuni emiliani colpiti dal sisma del maggio 2012 appartenevano proprio a questa fascia di rischio sismico.
Il quadro a livello regionale si presenta particolarmente differenziato. Con regioni come la Calabria, notoriamente ad alto rischio, dove la maggioranza della popolazione risiede in zona 1 (circa 1,2 milioni di persone) e la restante parte in zona 2 (750 mila). O come la Basilicata, con 220 mila persone in zona 1 e 276 mila in zona 2. O ancora, la Sicilia che vede ben 4,5 milioni di cittadini in zona 2 e altri 350 mila zona 1.
Come è noto, il complesso delle abitazioni residenziali italiane si presenta particolarmente vetusto e, per questa ragione, potenzialmente bisognoso per la messa in sicurezza dal rischio sismico.
Nel dettaglio, circa 15 milioni di abitazioni (ossia più del 50% del totale) sono state costruite, infatti, prima del 1974, in completa assenza di una qualsivoglia normativa antisismica.
E, inoltre, circa 4 milioni di immobili, sono stati edificati prima del 1920 e altrui 2,7 milioni prima del 1945.
Guardando, poi, all’insieme delle abitazioni più vecchie, e rapportandole al numero di abitazioni totali, in alcune regioni come Molise, Piemonte e Liguria il quadro si presenta particolarmente critico, con circa un quarto delle abitazioni che presenta oltre 100 anni di vita.
All’opposto si può osservare come circa il 5% del totale delle abitazioni sia stata costruita dopo il 2001 e che, per questo necessitano, almeno sulla carta, di minori interventi di messa in sicurezza.
Tra l’altro, tutte le abitazioni costruite dopo il 2008 dovrebbero rispettare tutte le più recenti normative antisismiche e quindi non abbiano necessità di alcun intervento.
Inoltre, osservando gli edifici costruiti sino al 2001, quasi un quarto di questi (circa 6 milioni) versa in mediocre o pessimo stato di conservazione.
Come ci si può aspettare sono proprio le abitazioni meno recenti ad essere maggiormente interessate da un cattivo stato di conservazione.
Basti vedere, ad esempio, come oltre un terzo delle abitazioni costruite prima del 1945 sia in un pessimo o mediocre stato di conservazione, a cui deve aggiungersi il 30% circa di quelle costruite prima del 1961.
Solo il 15,0% delle abitazioni costruite prima del 1919, insieme al 13,0% di quelli anteriori al 1945, e al 15,8% di quelle precedente al 1961, versa in ottimo stato di conservazione.
Quindi, un ulteriore elemento di interesse emerge dall’incrocio tra il numero di abitazioni a rischio e l’anno di costruzione, prescindendo, però, dalla zona sismica di riferimento.
Come appare facile comprendere sono le abitazioni caratterizzate da una maggiore anzianità costruttiva ad essere potenzialmente più esposte al rischio sismico.
Sono, infatti, circa 3 milioni gli immobili costruiti prima del 1919 che necessitano, almeno potenzialmente, di interventi di messa in sicurezza. A questa cifra bisogna poi aggiungere un altro milione e mezzo di abitazioni, costruite a cavallo delle due guerre. La necessità di interventi di messa in sicurezza si riduce drasticamente al diminuire delle età degli immobili. Sono solo 200 mila, infatti, le abitazioni costruite dopo il 2000 che potrebbero essere potenzialmente oggetto di investimenti in sicurezza.
Cosa si sta facendo per mettere in sicurezza le strutture rispetto al rischio sismico?
Dopo il terremoto dell’Aquila del 2009 è stato avviato il “Piano nazionale di prevenzione del rischio sismico” (Legge n. 77/2009).
È stato stabilito un programma pluriennale organico di prevenzione, che prevede interventi sugli edifici pubblici e privati, studi di microzonizzazione sismica e analisi sulle condizioni limite di emergenza al fine di evitare o ridurre i danni. Soprattutto è stato instituito un fondo che mette a disposizione un totale di 965 milioni di euro. Si tratta di una cifra esigua rispetto al fabbisogno. Secondo stime della Protezione Civile la cifra rappresenta una minima percentuale, probabilmente inferiore all’1%, rispetto al fabbisogno che sarebbe necessario per il completo adeguamento sismico di tutte le costruzioni, pubbliche e private, e delle opere infrastrutturali strategiche.
Per quanto riguarda gli interventi sugli edifici, sia pubblici sia privati, ciò che è stato portato a temine non è molto. Per le strutture pubbliche, gli interventi di rafforzamento locale o miglioramento sismico o demolizione e ricostruzione di edifici ed opere pubbliche di interesse strategico sono ad oggi ancora in corso.
Per il settore privato, molti degli interventi strutturali di rafforzamento locale o miglioramento sismico o di demolizione e ricostruzione di edifici privati, ancorché finanziati, non hanno ancora visto una presentazione del progetto da parte dei cittadini.
Emerge dunque, come il percorso per raggiungere l’obiettivo di messa in sicurezza del territorio italiano rispetto al rischio sismico è ancora molto lungo e che soprattutto è ancora molto carente in termini progettuali e dell’innovazione tecnologica.
I costi per la messa in sicurezza del patrimonio abitativo dai terremoti dipendono dal livello di copertura del rischio che si ritiene accettabile.
Si tratta in questa prospettiva di intervenire su circa 12 milioni di immobili che dovrebbero essere destinatari di opere di risanamento e messa in sicurezza statica. Con un coinvolgimento di una popolazione pari a circa 23 milioni di cittadini.
Applicando i parametri medi dei capitolati tecnici per interventi antisismici, emerge un costo complessivo, per la messa in sicurezza del patrimonio abitativo degli italiani da eventi sismici medi, pari a circa 93 miliardi di euro.
Sul versante privato gli attori principali sono i professionisti e le imprese e i proprietari che devono agire secondo una logica di mercato.
Ciò comporta l’individuazione di tecnici di fiducia e, spesso tramite essi, di imprese edili cui fare eseguire i lavori.
Molti proprietari, messi da soli di fronte al dilemma della scelta del tecnico e dell'impresa, hanno inizialmente annaspato per deficit di esperienza e di oggettivi criteri di valutazione. Non è stato ovviamente il caso di tutti i danneggiati, ma di un gran numero sì. Essendo peraltro giocoforza procedere all’affidamento delle committenze, alla fine i proprietari hanno comunque dovuto ingaggiare tecnici e imprese, rivelatisi in taluni casi di livello qualitativo assai modesto. Specie nella primissima fase non sono mancati neppure isolati casi di sciacallaggio da parte di pseudoimprese, le quali, ricevuto l’incarico e montati i ponteggi esterni, sono sparite nel giro di una notte dopo aver incassato l’anticipo.
Per tutto quanto sopradetto, in attesa di effettuare i lavori di messa in sicurezza e/o di miglioramento o adeguamento sismico ritengo opportuno installare sensori a fibre ottiche per il monitoraggio strutturale del fabbricato.
Trattasi di un innovativo sistema combinato di sensori in fibra ottica e accelerometri, in grado di inviare in tempo reale informazioni sul comportamento dell’edificio in caso di sollecitazione sismica o altri eventi catastrofici.
La rete di monitoraggio invia segnali di allerta o di allarme tramite un “sms” o messaggi su “Tablet” o siti WEB “dedicati” e consente di individuare l’azione più urgente da applicare, ricorrere ad indagini visive in caso di allerta o limitarsi a studiare i dati registrati dai sensori in caso di semplice allarme.
Detto monitoraggio dovrebbe essere installato anche in tutte le gallerie stradali e/o ferroviarie e nei viadotti non solo per problemi sismici ma anche per problemi di resistenza al fuoco (R.E.I.) delle strutture portanti e separanti.
L’importanza socio-economica di una galleria impone che anche a seguito di un incendio debba essere mantenuto un idoneo limite di sicurezza della funzione portante del rivestimento per limitare il danneggiamento e quindi garantire il riuso dell’opera.
Poiché il grado di sensibilità delle strutture all'azione dell’incendio è differente in relazione alla tecnologia costruttiva utilizzata ed alle caratteristiche di comportamento al fuoco è necessario, in fase di progettazione, definire le caratteristiche di resistenza meccanica e stabilità dei singoli elementi strutturali.
Ciò si concretizza nell’assegnare un valore temporale al REI in funzione della tipologia dell’opera e nel verificare i punti di maggiore debolezza nei confronti dell’incendio come ad esempio i giunti tra concio e concio di rivestimento definitivo e il pericolo di distacchi di sfaldoni parziali o totali legati a fenomeni deformativi del materiale che costituisce il rivestimento definitivo (conglomerato cementizio semplice, armato anche limitatamente all'a.r., conci prefabbricati in c.a.).
La potenza termica di un autotreno (“la puissance·de feu” dei francesi) è poi sensibilmente superiore a quella di una autovettura che è di 5-7 megawatt. Su un mezzo pesante essa varia da 20 a 50 megawatt e raggiunge i 100 per una cisterna di liquido infiammabile.
Diciamo subito che, per un incendio di 100 megawatt, l'unica possibilità è quella del “si salvi chi può”.
La sola difesa, in un caso del genere, è quella passiva di strutture in grado di resistere al fuoco per alcune ore. Così hanno fatto i belgi nel Liefkenshoek Tunnel sotto la Schelda in cui transitano le cisterne delle raffinerie di Anversa.
In quella galleria, il rivestimento in calcestruzzo è calcolato per resistere ad una sovrapressione interna di cinque bar. Lo spessore minimo di ricoprimento degli acciai di armatura è di cinque centimetri. Uno strato di tre centimetri di materiale ignifugo protegge poi la superficie del rivestimento ed è ricoperto a sua volta da lastre di gesso. Si è così ottenuta una resistenza al fuoco di quattro ore. Realizzazioni come queste sono costose.
E per finire: dove erano i dispositivi di allarme del viadotto Morandi di Genova?
Pur senza creare allarmismi o preoccupazioni irragionevoli e non motivate è evidente che non possiamo minimizzare quanto avvenuto classificandolo quale “evento straordinario”.
Serve che il mondo della politica, dell’impresa, dei lavoratori e in particolar modo quello della società civile prendano coscienza del fatto che la fragilità e la vulnerabilità di molte strutture è una realtà e che la loro necessaria “messa in sicurezza” è un’emergenza!
C’è il rischio che “straordinaria” sia solo la leggerezza di chi ritiene che quanto recentemente successo non possa ripetersi un giorno anche in altri comuni. Ritengo necessario finalmente affrontare con lungimiranza e consapevolezza il tema della prevenzione attraverso la messa in sicurezza del patrimonio immobiliare architettonico ed edilizio del nostro paese.
LA SCALA MERCALLI
Grado della scossa
|
Nome della Scossa | Effetti |
I
|
Srumentale | Avvertita solo dagli strumenti (sismografi). |
II
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Leggerissima | Avvertita solo eccezzionalmente dall'uomo |
III
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Leggera | Avvertita da poche persone. |
IV
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Mediocre | Avvertita da molte persone; tremiti di infissi e cristalli; oscillazioni di oggetti sospesi. |
V
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Forte | Avvertita da molte persone, anche addormentate; caduta di oggetti. |
VI
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Molto forte | Avvertita da tutti; lesioni ad alcuni edifici. |
VII
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Fortissima | Caduta dei comignoli; gravi lesioni agli edifici. |
VIII
|
Rovinosa | Crollo parziale di alcuni edifici; vittime isolate. |
IX
|
Disastrosa | Crollo totale di alcuni edifici e gravi lesioni in altri; vittime umane sparse nell'area colpita ma non numerose. |
X
|
Distruttrice | Crollo di molti edifici; molte vittime umane; spaccature nel suolo. |
XI
|
Catastrofica | Distruzione di agglomerati urbani; moltissime vittime; voragini nel suolo. |
XII
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Ultracatastrofica | Distruzione totale; pochi superstiti; sconvolgimento del suolo; maremoto. |
LA SCALA RICHTER
Magnitudo | Caratteristiche |
0 | Sisma molto lieve |
2,5-3 | Scossa che può essere avvertita solo nelle immediate vicinanze. Vi sono circa 100,000 leggere scosse ogni anno aventi simile magnitudo |
4,5 | Può causare danni localmente |
5 | L'energia sprigionata è pari a quella della prima bomba atomica lanciata su Hiroshima nel 1945 |
6 | Sisma distruttivo in un'area ristretta. Vi sono circa 100 scosse ogni anno con questo valore |
7 | Sisma distruttivo in un'area di oltre 20 Kmq. Vi sono circa 14 scosse ogni anno con questo grado o maggiore |
7,8 | Magnitudo del terremoto di San Francisco del 1906 |
8,4 | Vicino al massimo noto |
8,6 | Massimo valore di magnitudo noto, osserbato tra il 1900 e il 1950; l'energia prodotta dal sisma è di tre miglioni di volte superiore a quella della prima bomba atomica lanciata su Hiroshima nel 1945 |
A cura di Prof. Ing. Leonardo Corbo
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