Il simposio di Ade
Spesso, sentita la storia di quelle sperdute metà in cerca reciproca l'una dell'altra, non ci accorgiamo di quanto la misura necessaria del mito possa rientr...
Spesso, sentita la storia di quelle sperdute metà in cerca reciproca l'una dell'altra, non ci accorgiamo di quanto la misura necessaria del mito possa rientrare, accarezzandoci da vicino, nelle nostre vite veloci, quelle di tutti i giorni.
Rientra ogni volta che avvertiamo il vuoto di una lacuna già
esistita, così, davanti ad una sublime rovina, ad una traccia, ad
un non senso, all'abbandono, a quel degrado a cui non vogliamo
abituarci, come fosse un "destino" davvero ineluttabile.
Testimoni come siamo, di fatti e di atti su cui avvertiamo tutto il
carico di uno scomodissimo e recente passato, vinciamo l'inerzia
del non fare perché in fondo sappiamo e vogliamo reagire a
quell'altro non senso che vuole che tutto cambi affinché nulla
cambi.
Decenni tragici ci precedono: abbattuti preziosi edifici liberty tra le vie della bella Epoque palermitana, per permettere la crescita smisurata del cemento armato mafioso, depredato borghi ancora recuperabili e lasciati a marcire, come Poggioreale, accettato scempi abusivi, come Triscina, abbandonato al degrado totale la Valle dei Templi di Akragas, abiurato alla governance di Messina, concesso a più abili tombaroli e sciacalli il privilegio di scovare tesori per trarne vantaggiosi e personali illegali profitti.
È successo un po' dovunque nella nostra Sicilia, ma i casi più
emblematici rimbalzano sulla rete portando alla ribalta nomi quasi
sepolti dalle polveri del tempo, Aidone, Morgantina, Venere,
Ade!
E sì, perché se il ritorno della Venere di Morgantina dal
californiano Getty Center nel 2011 ha sancito il primato agli occhi
del mondo, della patria potestà del bene archeologico trafugato a
danno del territorio di origine, riportandola dopo lunghe manfrine
a "casa", la storia incredibile del ritorno in patria della testa
di Ade, meriterebbe un posto nei libri di scuola dei nostri
ragazzi.
"Barbablu" lo hanno chiamato, e fino a quando le due
infaticabili studiose ricercatrici, Lucia Ferruzza e Serena
Raffiotta, non hanno tessuto la tela del ritorno ad Itaca del
prezioso reperto greco, al Getty Center lo chiamavano Zeus!
Ma lui, il "Blu", si chiama Ade, il Dio ellenico posto a sigillo
degli inferi.
Lo hanno scoperto loro che si tratta del coloratissimo Ade, perché
il diavolo, dei piani che attua, lascia sempre seppur piccola
traccia.
Come quei riccioli blu, abbandonati nel 1978 di fretta sullo scavo
clandestino dai brutti tombaroli che poi lo hanno venduto al
mercante londinese di opere d'arte che a sua volta lo rivende al
newyorchese compagno di Jackline Kennedy, che poi lo rivendette
all'avido museo di Los Angeles.
Quei riccioli, catalogati e studiati da Serena, diventano
oggetto di discussione con Lucia durante un convegno archeologico
nel 2007, dunque oggetto di verifica presso la teca americana che
imprigiona il volto di Ade. Ancora oggetto di confronto e di unione
tra i riccioli che trasportati da Aidone, Provincia di Enna,
giungono recentemente a Los Angeles per raccontare ancora una
volta, dopo 26 secoli, una storia fatta d'incanto, di forme e di
colore.
Lì finalmente riuniti!
Il simposio di Ade appunto, che potrebbe essere il titolo
dell'ultimo libro del maestro Andrea Camilleri, ma non lo è!
Il simposio di Ade, che oltre ad unire quei riccioli alla barba blu
del Dio degli inferi uscito dalla terra, ha unito un'intera legione
di amanti del bello, una terra, in una dimensione quasi
spirituale.
Il simposio di Ade, capace di ricordare a noi siciliani chi siamo e
da dove veniamo e ancora dove dobbiamo andare!
Ade è già qui, a Panormus, abituato al buio delle terre che gli
è dato da dominare, ci aspetta dall'11 maggio 2016, al Museo
Archeologico "non -finito" Antonio Salinas. Lui, abituato al buio
solfureo e profondo, salvato dalla luce della conoscenza, si
renderà visibile per ricordarci che non possiamo abituarci, come
scrive Piazzese, al degrado come destino!
Sia il suo ritorno a casa, il pretesto per ricordare a tutti che il
nostro "Oro" non è il petrolio di Vega, né la tecnologia del Muos,
ma al contrario il potenziamento del settore turistico-culturale
costruito intorno ai capolavori del nostro immenso patrimonio
locale.
Magari così facendo giungeranno i pochi fondi necessari per
consentire al Museo di riaprire integralmente dopo l'imbarazzante
silenzio decennale. Ai politici, non ci interessano le vostre
passerelle ma i fondi per il Salinas!
Ade è tornato, soprattutto per voi!
A cura di Arch. Danilo
Maniscalco
e Arch. Giulia Argiroffi
IL NOTIZIOMETRO