Impianti Fotovoltaici e Spalma incentivi: il TAR rimette la questione alla Corte di Giustizia UE
In Italia accadono spesso situazioni al limite dell'assurdo, soprattutto per chi si avventura nel mondo delle partite iva provando a fare impresa. Ciò che qu...
In Italia accadono spesso situazioni al limite dell'assurdo, soprattutto per chi si avventura nel mondo delle partite iva provando a fare impresa. Ciò che qualsiasi imprenditore, che non sia un avventuriero, fa prima di imbarcarsi in un progetto, è quello di verificare, attraverso un business plan, l'economicità delle sue idee. Fatto questo si scontra con delle problematiche che probabilmente mette nelle sue variabili all'inizio del progetto: una burocrazia asfissiante, pagamenti incerti, ritardi, concorrenza...
Ciò che però non si sognerebbe mai di prevedere è un cambio delle regole del gioco. Immaginate per un attimo di avere in mente di produrre un prodotto per il quale sapete già di avere un cliente disposto a pagare una cifra. Fatto un contratto con il cliente in cui vengono definiti i suoi impegni in termini di tempistiche e importi, cominciate ad assumere personale, contattare le banche per eventuali prestiti, comprare materie prime e infine mettere in produzione il prodotto. Ad un certo punto il cliente se ne pente e vi dice che è disponibile ad acquistare il prodotto ma ad una cifra inferiore e spalmando il totale su un orizzonte temporale superiore.
Facendo le dovute proporzioni, è quello che è successo in Italia ai produttori di energia elettrica da conversione fotovoltaica con la pubblicazione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (c.d. "Spalma Incentivi"), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116. Un decreto che ha previsto (art. 26, commi 2 e 3), che ha previsto in corsa la riduzione delle tariffe incentivanti previste dal Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 recante "Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità" e la loro rimodulazione su un orizzonte temporale maggiore. La giustificazione del Governo ha riguardato la necessità di ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi e favorire una migliore sostenibilità nella politica di supporto alle energie rinnovabili.
A questo cambio in corsa è seguito un ricorso al TAR del Lazio che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 3, del D.L. n. 91/2014 innanzi alla Corte costituzionale italiana, la quale con sentenza n. 16/2017 l’ha dichiarata non fondata.
A questo è seguito un nuovo ricorso al TAR per l’annullamento dei decreti ministeriali del 16 e del 17 ottobre 2014 con cui è stata data attuazione all’art. 26, commi 2 e 3, D.L. n. 91/2014. Le associazioni e imprese ricorrenti hanno sollevato la problematica relativa al fatto che la disposizione avrebbe inciso negativamente su rapporti in corso, già definiti dai rispettivi provvedimenti di concessione e dalle relative convenzioni stipulate con il Gestore pubblico, venendo pertanto a ledere in modo consistente l’affidamento degli operatori. Secondo i ricorrenti "la rimodulazione degli incentivi, imposta per legge, costituisce infatti una variazione in pejus degli incentivi a suo tempo riconosciuti dall’amministrazione per la produzione di energia fotovoltaica".
In questa prospettiva viene dedotta la violazione dei principi comunitari della tutela dell’affidamento e certezza del diritto e della Direttiva 2009/28/CE: la normativa e gli indirizzi europei in materia di fonti rinnovabili precluderebbero infatti al legislatore nazionale di introdurre disposizioni peggiorative in materia di energia elettrica rinnovabile e di regimi di sostegno, in spregio ai principi di tutela dell’affidamento e di certezza del diritto; l’art. 26 d.l. n. 91/2014 sarebbe in contrasto con tali canoni, avendo introdotto misure retroattive tali da sovvertire le condizioni iniziali di investimenti già realizzati, e dovrebbe pertanto essere disapplicato (o, in subordine, rimesso alle valutazioni della Corte di giustizia UE) per contrasto con il diritto primario e derivato dell’Unione europea.
L'Ordinanza del TAR del Lazio
Con Ordinanza n. 11206 del 20 novembre 2018 il TAR per il Lazio ha deciso di sottoporre alla Corte di giustizia il seguente quesito:
“Se il diritto dell’Unione europea osti all’applicazione di
una disposizione nazionale, come quella di cui all’art. 26, commi 2
e 3, del d.l. n. 91/2014, come convertito dalla legge 116/2014, che
riduce ovvero ritarda in modo significativo la corresponsione degli
incentivi già concessi per legge e definiti in base ad apposite
convenzioni sottoscritte dai produttori di energia elettrica da
conversione fotovoltaica con il Gestore dei servizi energetici
s.p.a., società pubblica a tal funzione preposta;
in particolare se tale disposizione nazionale sia compatibile con i
principi generali del diritto dell’Unione europea di legittimo
affidamento, di certezza del diritto, di leale collaborazione ed
effetto utile; con gli artt. 16 e 17 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea; con la direttiva n. 2009/28/CE e
con la disciplina dei regimi di sostegno ivi prevista; con l’art.
216, par. 2, TFUE, in particolare in rapporto al Trattato sulla
Carta europea dell’energia”.
Restiamo vigili sull'argomento.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
Documenti Allegati
Ordinanza TAR Lazio 20 novembre 2018, n. 11206IL NOTIZIOMETRO