L’applicazione del principio di non discriminazione negli avvisi della P.A.
Serve un’Italia nuova, veloce e competente, e che sia ispirata ai principi di trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento e libera concorrenza
Nel 2021 assistiamo ancora ad avvisi pubblici per conferimento di incarichi di collaborazione, in cui tra i requisiti generali viene richiesto di dichiarare di “non aver riportato condanne penali o interdizione o altre misure, che escludano dall’accesso agli impieghi presso Pubbliche Amministrazioni, secondo la normativa vigente e di non essere sottoposto a procedimenti penali”, come non facesse alcuna differenza l’essere stati condannati in Cassazione e l’essere stati querelati.
Si tratta del decreto n. 1799 del 2020 con cui il MIBACT ha indetto una selezione pubblica per il conferimento di incarichi di collaborazione, ai sensi dell’art. 7, comma 6, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e ss. mm. e ii., da svolgersi presso la Soprintendenza speciale Archeologia, belle arti e paesaggio di Roma, la Soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo e le Soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo.
Ha suscitato grande indignazione il fatto che si chiedesse un’esperienza professionale di almeno quindici anni per le figure di archeologo, architetto, ingegnere e storico dell’arte, ma a dirla tutta non si possono non ritenere necessari esperti veri per operare in un ambito così delicato come quello dei Beni Culturali. La scelta discrezionale operata dalla Direzione generale archeologia belle Arti e paesaggio appare indubbiamente selettiva, ma al contempo giusta, adeguata e irrinunciabile, per raggiungere un elevato tenore qualitativo, che non ha caratterizzato, invece, le scelte per l’ultima selezione di Pompei, cui hanno potuto partecipare professionisti iscritti da appena due anni.
Tornando all’iscrizione alla piattaforma della selezione (https://concorsibeniculturali.it/) non è consentito differenziare i casi e viene posto sullo stesso piano, senza alcuna possibilità di dettagliare le risposte, l’avere riportato una condanna con il fatto di essere stato semplicemente oggetto di una denuncia-querela, magari senza alcun fondamento e senza essere stati nemmeno condannati in primo grado. Sembra un’evidente ed incomprensibile discriminazione nei confronti di chi abbia un procedimento in corso, per querela di parte, in ambiti che possono non riguardare in alcun modo la Pubblica Amministrazione e meno che mai incidere sulla qualità della prestazione professionale. Naturalmente si spera semplicemente si tratti di un refuso, ma va assolutamente eliminato.
Pertanto è importante ricordare l’applicazione del principio di non discriminazione sancito dalla normativa nazionale ed europea e chiedere che sia modificato questo requisito generale, eliminando la seconda parte della frase, laddove fa riferimento a procedimenti penali in corso, poiché non ha alcuna rilevanza in termini penali l’essere stati denunciati, mentre possiede un’evidente rilevanza una condanna; ma anche in questo caso si dovrebbero chiedere le specifiche (grado e oggetto della condanna).
Inoltre dovrebbe essere ancora valida nel nostro ordinamento la presunzione d'innocenza, principio giuridico secondo il quale un imputato è considerato non colpevole sino a che non sia provato il contrario (art. 27 della Costituzione), ovvero fino all’ultimo grado di giudizio. Come noto, questo principio viene adottato dalla maggior parte dei paesi occidentali, è enunciato dall'art. 11 della Dichiarazione dei Diritti Umani del 1948; inoltre è statuito dall'articolo 6 della CEDU e dall'articolo 48 della Carta di Nizza.
Sia il diritto dell’Unione sia la CEDU riconoscono che la discriminazione può derivare non solo dal trattamento diverso di persone che si trovano in una situazione analoga, ma anche da un medesimo trattamento riservato a persone che si trovano in situazioni diverse.
Visti i tempi bui, con tribunali e condanne proclamate a mezzo social, appare importante chiarire che seppure il partecipante fosse stato condannato in primo grado, questo elemento non dovrebbe impedirgli di assumere un incarico come quello in oggetto, ma indubbiamente l’essere stato semplicemente querelato non può essere messo sullo stesso piano di una condanna. La casistica è troppo ampia e diventa così discriminatoria.
Ma la Pubblica Amministrazione pare sia adusa a refusi come quello evidenziato. Nella Banca dati Esperti della Pubblica Amministrazione (link. http://bancadatiesperti.funzionepubblica.it/portale/) è, infatti, di recente comparso un nuovo elemento da dichiarare ai fini dell’iscrizione, che alcuni anni fa non era presente:
“il sottoscritto dichiara ai sensi della legge 15/68 e della legge 127/97 e successive integrazioni e modifiche, di non avere condanne in giudicato o carichi pendenti”.
Naturalmente se il partecipante volesse iscriversi, avendone i requisiti, in questo elenco di esperti, ma avesse ricevuto una semplice denuncia-querela, ad esempio per diffamazione a mezzo social, ormai molto diffusa, e con procedimento in corso ancora non risolto – visti i tempi della giustizia italiana - gli sarebbe impedito di candidarsi.
Più di una generazione di liberi professionisti è in seria difficoltà in un momento in cui Il futuro è incerto per tutti e attende il riconoscimento del proprio valore.
Da tempo il Comitato professioni tecniche auspica una rivoluzione della Pubblica Amministrazione, sottolineando come le assunzioni a part-time e il lavoro "a cottimo" non possano essere la risposta alla sempre più crescente necessità di professionalità. Il MISE ha messo a disposizione dei Comuni, contributi per assunzioni di professionisti Superbonus, da destinare agli uffici tecnici per rispondere a tutti gli adempimenti connessi alla super-agevolazione prevista dal governo. Come al solito non c'è un disegno organico per aumentare il personale interno e migliorare le piante organiche con funzionari qualificati ed esperti per tutte le attività necessarie al Recovery Plan.
Sembra una visione piccola per un'Italia piccola.
La rivoluzione "tecnica" dell'Italia deve partire dalle Pubbliche Amministrazioni, in cui vanno valorizzate le risorse esistenti, con aumento degli stipendi delle posizioni tecniche, e vanno inserite nuove professionalità di alto profilo, come appunto quelle richieste dal MIBACT. Non servono nuovi funzionari o collaboratori che non sappiano manco scrivere una determina a contrarre, servono tecnici esperti che siano adeguatamente remunerati, interni alle P.A. e collaboratori esterni di alto profilo. Inoltre sono necessarie procedure semplificate per affidare le progettazioni direzioni dei lavori e coordinamenti sicurezza all'esterno, in modo che i tecnici interni alle P.A. possano occuparsi solo di controllare l'iter dei procedimenti, verificare e validare i progetti, collaudare le opere.
Serve un’Italia nuova, veloce e competente, che rimuova gli ostacoli che ne impediscono la crescita, che corregga in poco tempo i “refusi” e che sia davvero sempre ispirata ai principi di trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento e libera concorrenza.
Un’Italia che punti sempre all’eccellenza.
A cura di Raffaella Forgione
architetto e ingegnere civile e ambientale
libera professionista
componente dell’Ufficio di progettazione del Parco Archeologico del
Colosseo
vice-presidente del Comitato Professioni Tecniche
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