La Riforma del lavoro danneggia il settore delle costruzioni

Troppi costi aggiuntivi, poche flessibilità: è questo il commento dell'Associazione Nazionale dei Costruttori Edili (ANCE) all'indomani dell'approvazione del...

18/04/2012
Troppi costi aggiuntivi, poche flessibilità: è questo il commento dell'Associazione Nazionale dei Costruttori Edili (ANCE) all'indomani dell'approvazione del disegno di legge, all'esame del Senato, che determinerà la riforma del lavoro in Italia con conseguenze penalizzanti per un settore che versa già in una situazione fortemente critica.

Fermandosi il settore delle costruzioni si blocca un indotto che comprende: imprese, professionisti e case produttrici con forti ripercussioni dirette nel settore occupazionale del Paese e quindi riduzione dei consumi. Secondo l'ANCE, l'attuale versione della Riforma del lavoro non porterà benefici ma solo nuovi costi a carico delle imprese.

"Non è accettabile una riforma che presenta scarsi benefici e che produce un aumento del costo del lavoro a carico delle imprese. Quelle del settore dell'edilizia, già strozzate da una crisi senza precedenti con oltre 380.000 posti di lavoro persi, ora devono subire un ulteriore aggravio". È questo il commento del presidente dell'Ance Paolo Buzzetti che ha ritenuto questo aumento dei costi del tutto ingiustificato considerando l'attuale carico contributivo del settore edile.

"Un aggravio del tutto ingiustificato - ha affermato Buzzetti - se si pensa che l'edilizia sopporta già un un carico contributivo (Inps e Inail) superiore agli altri comparti industriali di circa il 10%". In riferimento alla riforma dell'art. 18, l'Ance ne ha contestato l'attuale versione rispetto alle premesse iniziali che prevedevano dei cambiamenti in riferimento alle norme sui licenziamenti. È stato evidenziato come per tutte le imprese, comprese quelle edili in cui l'attività lavorativa spesso non è continua ma è condizionata dalla durata della commessa, viene introdotto il contributo di licenziamento con un rilevante aggravio di costi: ogni interruzione di rapporto avrà un costo che oscilla dai 500 agli oltre 1500 euro a lavoratore. Questo contro il concetto di miglioramento della flessibilità in entrata e in uscita, inizialmente ricercato. Solo per i contratti a tempo determinato il costo complessivo aumenterà di oltre 400 euro annui mediamente per ciascun lavoratore. "Un ulteriore mannaia, per un settore già in ginocchio e in attesa da tempo di politiche di rilancio - ha concluso il presidente dei costruttori - che deve essere immediatamente modificata".

A cura di Gabriele Bivona
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