PARERE MINISTERO INFRASTRUTTURE
Mentre siamo in attesa che il secondo decreto correttivo al Codice dei contratti (Decreto Legislativo n. 163/2006), affronti i pareri previsti dalla legge de...
Mentre siamo in attesa che il secondo decreto correttivo al Codice
dei contratti (Decreto Legislativo n. 163/2006), affronti i pareri
previsti dalla legge delega e, quindi, passi prima dalla Conferenza
unificata Stato-Regioni, poi dal Consiglio di Stato e per ultimo
dalle competenti Commissioni parlamentari, abbiamo notizia che,
nella riunione tecnica del 27/2/2006, le regioni e le province
autonome hanno avanzato una serie di richieste, incluse in due
documenti, tra le quali la pubblicazione dei bandi di gara solo sui
siti internet e non sui quotidiani nazionali e locali, il
ripristino delle precedenti norme sulla trattativa privata e la
sospensione dell’iter di approvazione del secondo decreto
correttivo del Codice degli appalti pubblici.
Proposte emendative e considerazioni sul primo e secondo decreto correttivo del Codice degli appalti sono state avanzate dalle Regioni e dalle Province Autonome che, infatti, lamentano l’incostituzionalità di alcune norme che dovrebbero, invece, essere di competenza regionale: l’articolo 122, infatti, obbliga le stazioni appaltanti a pubblicare su un quotidiano nazionale su un quotidiano locale i bandi di gara.
In riferimento, poi, alla comunicazione interpretativa della Commissione europea ed alla direttiva del Ministro per le Riforme e l’Innovazione nella pubblica amministrazione, invece, questo genere di pubblicazione dovrebbe essere inserita solo su siti Internet, generando, di fatto, confusione sul riparto delle competenze fra Stato e Regioni.
Per questo motivo le Regioni hanno proposto che venga data la possibilità di derogare, con legge regionale su molte materie del Codice, come ad esempio il subappalto, gli affidamenti di progettazione sotto soglia, gli accordi quadro e le centrali di committenza e di considerare, nell’iter di approvazione del regolamento generale del Codice, il parere della Conferenza unificata.
Il Ministero delle Infrastrutture con un documento successivo è intervenuto sulle alcune richieste precisando e ribadendo:
Ci riferiamo alla pronuncia sui ricorsi giacenti presso la Corte costituzionale e precisamente sui sei ricorsi presentati dalle regioni Abruzzo, Campania, Lazio, Piemonte, Toscana, Veneto e dalla provincia autonoma di Bolzano, per violazione delle norme costituzionali sul riparto di competenze fra Stato e Regioni.
Di fatto l’Ufficio legislativo del Ministero delle Infrastrutture prende in esame tutte le 137 proposte delle regioni e delle province autonome e fra tutte una delle risposte più interessanti è quella che riguarda la richiesta, nell’ambito dei cosiddetti appalti integrati, di considerare ribassabili in sede di offerta le spese di progettazione; il Ministero non ritiene condivisibile la proposta “per l’importanza rivestita dalla progettazione esecutiva negli appalti pubblici di lavori” e nonostante il decreto Bersani abbia cancellato i minimi relativi alle prestazioni professionali, ritiene che gli onorari per la redazione del progetto esecutivo non debbano comunque essere ribassabili.
Viene anche respinta la proposta di ritenere applicabile la procedura negoziata anche negli appalti di forniture e servizi al di sotto dei 100mila euro, in quanto, a detta del ministero, così facendo si “deprimerebbe lo sviluppo di più ampie forme di concorrenza”.
Proposte emendative e considerazioni sul primo e secondo decreto correttivo del Codice degli appalti sono state avanzate dalle Regioni e dalle Province Autonome che, infatti, lamentano l’incostituzionalità di alcune norme che dovrebbero, invece, essere di competenza regionale: l’articolo 122, infatti, obbliga le stazioni appaltanti a pubblicare su un quotidiano nazionale su un quotidiano locale i bandi di gara.
In riferimento, poi, alla comunicazione interpretativa della Commissione europea ed alla direttiva del Ministro per le Riforme e l’Innovazione nella pubblica amministrazione, invece, questo genere di pubblicazione dovrebbe essere inserita solo su siti Internet, generando, di fatto, confusione sul riparto delle competenze fra Stato e Regioni.
Per questo motivo le Regioni hanno proposto che venga data la possibilità di derogare, con legge regionale su molte materie del Codice, come ad esempio il subappalto, gli affidamenti di progettazione sotto soglia, gli accordi quadro e le centrali di committenza e di considerare, nell’iter di approvazione del regolamento generale del Codice, il parere della Conferenza unificata.
Il Ministero delle Infrastrutture con un documento successivo è intervenuto sulle alcune richieste precisando e ribadendo:
- la non ribassabilità delle spese di progettazione nei bandi di gara;
- il mantenimento dell’obbligo di pubblicare i bandi di gara sui giornali;
- i limiti ai lavori in amministrazione diretta;
- la procedura per gli affidamenti di progettazione sotto i 100mila euro.
Ci riferiamo alla pronuncia sui ricorsi giacenti presso la Corte costituzionale e precisamente sui sei ricorsi presentati dalle regioni Abruzzo, Campania, Lazio, Piemonte, Toscana, Veneto e dalla provincia autonoma di Bolzano, per violazione delle norme costituzionali sul riparto di competenze fra Stato e Regioni.
Di fatto l’Ufficio legislativo del Ministero delle Infrastrutture prende in esame tutte le 137 proposte delle regioni e delle province autonome e fra tutte una delle risposte più interessanti è quella che riguarda la richiesta, nell’ambito dei cosiddetti appalti integrati, di considerare ribassabili in sede di offerta le spese di progettazione; il Ministero non ritiene condivisibile la proposta “per l’importanza rivestita dalla progettazione esecutiva negli appalti pubblici di lavori” e nonostante il decreto Bersani abbia cancellato i minimi relativi alle prestazioni professionali, ritiene che gli onorari per la redazione del progetto esecutivo non debbano comunque essere ribassabili.
Viene anche respinta la proposta di ritenere applicabile la procedura negoziata anche negli appalti di forniture e servizi al di sotto dei 100mila euro, in quanto, a detta del ministero, così facendo si “deprimerebbe lo sviluppo di più ampie forme di concorrenza”.
A cura di Paolo
Oreto
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