Piscina in zona agricola come pertinenza di abitazione? Si può fare
Una piccola piscina prefabbricata si può realizzare in una zona agricola purché sia dimostrata la pertinenza con l'abitazione principale e sempre che non vi ...
Una piccola piscina prefabbricata si può realizzare in una zona
agricola purché sia dimostrata la pertinenza con l'abitazione
principale e sempre che non vi sia alterazione del territorio. Come
già affermato in giurisprudenza, infatti, una piscina di dimensioni
contenute e ridotto impatto urbanistico, realizzata in zona
agricola costituisce pertinenza soggetta a mera autorizzazione.
Lo ha affermato il Consiglio di Stato che con sentenza n. 1951 del 16 aprile 2014 ha respinto il ricorso presentato per la riforma di una sentenza di primo grado e stabilito che affinché venga rilasciata la concessione edilizia, è necessario che sia accertato il vincolo di pertinenza con l'abitazione e, soprattutto, che non venga in alcun modo alterato l'assetto del territorio.
Se entrambi i prerequisiti sono soddisfatti, allora la piscina può essere considerata come un intervento di sistemazione del terreno, pari ad un riempimento. Per quanto concerne i vani tecnici, poi, se non vengono modificati gli indici di copertura e non si ha un aumento del carico urbanistico, gli stessi sono ammessi.
I giudici del CdS hanno rilevato come la realizzazione di una piscina prefabbricata di dimensioni relativamente modeste in rapporto all'edificio a destinazione residenziale, sito in zona agricola, rientra nell'ambito delle pertinenze, cui fa riferimento l'art. 7, secondo comma, lett. a) (opere costituenti pertinenze od impianti tecnici al servizio di edifici già esistenti) del d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito nella L. 25 marzo 1982, n. 94, il quale prevede la realizzabilità delle pertinenze con la semplice autorizzazione gratuita.
È fondamentale, però, che sussista un rapporto pertinenziale tra un edificio preesistente e l'opera da realizzare e tale rapporto sia oggettivo nel senso che la consistenza dell'opera deve essere tale da non alterare in modo significativo l'assetto del territorio e deve inquadrarsi nei limiti di un rapporto adeguato e non esorbitante rispetto alle esigenze di un effettivo uso normale del soggetto che risiede nell'edificio principale.
Lo ha affermato il Consiglio di Stato che con sentenza n. 1951 del 16 aprile 2014 ha respinto il ricorso presentato per la riforma di una sentenza di primo grado e stabilito che affinché venga rilasciata la concessione edilizia, è necessario che sia accertato il vincolo di pertinenza con l'abitazione e, soprattutto, che non venga in alcun modo alterato l'assetto del territorio.
Se entrambi i prerequisiti sono soddisfatti, allora la piscina può essere considerata come un intervento di sistemazione del terreno, pari ad un riempimento. Per quanto concerne i vani tecnici, poi, se non vengono modificati gli indici di copertura e non si ha un aumento del carico urbanistico, gli stessi sono ammessi.
I giudici del CdS hanno rilevato come la realizzazione di una piscina prefabbricata di dimensioni relativamente modeste in rapporto all'edificio a destinazione residenziale, sito in zona agricola, rientra nell'ambito delle pertinenze, cui fa riferimento l'art. 7, secondo comma, lett. a) (opere costituenti pertinenze od impianti tecnici al servizio di edifici già esistenti) del d.l. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito nella L. 25 marzo 1982, n. 94, il quale prevede la realizzabilità delle pertinenze con la semplice autorizzazione gratuita.
È fondamentale, però, che sussista un rapporto pertinenziale tra un edificio preesistente e l'opera da realizzare e tale rapporto sia oggettivo nel senso che la consistenza dell'opera deve essere tale da non alterare in modo significativo l'assetto del territorio e deve inquadrarsi nei limiti di un rapporto adeguato e non esorbitante rispetto alle esigenze di un effettivo uso normale del soggetto che risiede nell'edificio principale.
A cura di Gabriele
Bivona
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