Pubblicato il Rapporto 2013 sulla professione di Architetto
Il Consiglio Nazionale degli Architetti P.P.C ha pubblicato il Rapporto 2013 sulla professione di Architetto realizzato dal Cresme e dal Centro studi del Con...
Il Consiglio Nazionale degli Architetti P.P.C ha pubblicato il
Rapporto 2013 sulla professione di Architetto realizzato dal
Cresme e dal Centro studi del Consiglio Nazionale degli Architetti
PPC, con la direzione e il coordinamento di Simone Cola e
Paolo Pisciotta per il CNAPPC e Lorenzo Bellicini e
Antonio Mura per il Cresme.
I temi affrontati dal Rapporto spaziano dalla congiuntura economica (andamento dell'attività degli architetti e del loro mercato), al tema della condizione lavorativa e professionale degli architetti con un approfondimento sulla situazione dei più giovani (condizione professionale e reddituale, percorso personale e soddisfazione lavorativa), passando per la questione dell'internazionalizzazione (opportunità e problematiche). L'obiettivo è quello ricostruire lo stato attuale e l'evoluzione della professione anche attraverso la presentazione e l'analisi delle statistiche demografiche fornite al Consiglio Nazionale dai singoli ordini provinciali, la collezione e lo studio delle statistiche sui redditi e sui volumi d'affari (Inarcassa e Agenzia delle entrate), delle statistiche universitarie e delle abilitazioni professionale (fonte MIUR), delle statistiche sull'inserimento occupazionale dei neolaureati (Almalaurea); il tutto in un'ottica di comparazione sia Internazionale (attraverso l'indagine condotta dal Consiglio Europeo degli Architetti nel 2012) che nazionale (nel confronto con le altre categorie professionali).
L'analisi condotta all'interno del Rapporto parte da una duplice constatazione:
Interessante è la constatazione del sovradimensionamento degli architetti italiani rispetto la quota europea: mentre la media europea del numero di architetti si aggira ad 1 ogni mille abitanti, in Italia la media è intorno a 2,5 architetti ogni mille abitanti, per un totale di 150.000 professionisti che rappresentano il 27% del totale europeo (quasi un terzo di tutti gli architetti europei!). Per intenderci, la Germania, il secondo paese in Europa per numero di professionisti, conta circa 100 mila architetti, mentre Francia e Regno Unito circa 30 mila.
Notevole è l'aumento della quota rosa tra gli iscritti. Dei 150 mila architetti italiani circa il 40% (61 mila), è composto da donne con un andamento crescente dal (31%) 1998 al 2012. Nonostante però questo incremento, gli architetti uomini guadagnano il 70% in più delle donne. Secondo la cassa previdenziale la differenza tra reddito professionale di uomini e donne arrivava, nel 2010, al 69% in favore dei primi. E le medie calcolate sul campione CNAPPC/Cresme del 2012 confermano questi risultati, con il reddito medio annuo che per i maschi è risultato superiore del 63% rispetto a quello femminile.
Altri punti importanti toccati dal Rapporto riguardano:
Segnaliamo, infine, un dato emerso dal Rapporto e che segue quello dichiarato nel 2011 dall'allora Presidente del Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (leggi articolo): il fallimento dell'esperimento triennale: il 75% prosegue gli studi specialistici. Considerando la classe delle laurea in Scienze dell'Architettura ad un anno dal conseguimento del titolo di primo livello meno di un terzo risulta occupato, con il tasso di disoccupazione che nel 2012 è arrivato al 24%. Tra gli occupati, oltre il 70% ha un contratto atipico o risulta senza contratto (quindi svolge prestazioni occasionali senza partita iva). Oltre il 75% prosegue gli studi specialistici.
I temi affrontati dal Rapporto spaziano dalla congiuntura economica (andamento dell'attività degli architetti e del loro mercato), al tema della condizione lavorativa e professionale degli architetti con un approfondimento sulla situazione dei più giovani (condizione professionale e reddituale, percorso personale e soddisfazione lavorativa), passando per la questione dell'internazionalizzazione (opportunità e problematiche). L'obiettivo è quello ricostruire lo stato attuale e l'evoluzione della professione anche attraverso la presentazione e l'analisi delle statistiche demografiche fornite al Consiglio Nazionale dai singoli ordini provinciali, la collezione e lo studio delle statistiche sui redditi e sui volumi d'affari (Inarcassa e Agenzia delle entrate), delle statistiche universitarie e delle abilitazioni professionale (fonte MIUR), delle statistiche sull'inserimento occupazionale dei neolaureati (Almalaurea); il tutto in un'ottica di comparazione sia Internazionale (attraverso l'indagine condotta dal Consiglio Europeo degli Architetti nel 2012) che nazionale (nel confronto con le altre categorie professionali).
L'analisi condotta all'interno del Rapporto parte da una duplice constatazione:
- da una parte che la crisi economica e l'inversione del ciclo edilizio che hanno portato tra il 2006 e il 2012 alla perdita di quasi un terzo del reddito professionale annuo, tanto che nel 2012 il reddito medio potrebbe essere sceso a poco più di 20 mila euro;
- dall'altra la riduzione del mercato potenziale per gli architetti nelle costruzioni, ovvero la quota degli investimenti facente riferimento ai soli servizi di progettazione, che dal 2006 al 2012 si è quasi dimezzato.
Interessante è la constatazione del sovradimensionamento degli architetti italiani rispetto la quota europea: mentre la media europea del numero di architetti si aggira ad 1 ogni mille abitanti, in Italia la media è intorno a 2,5 architetti ogni mille abitanti, per un totale di 150.000 professionisti che rappresentano il 27% del totale europeo (quasi un terzo di tutti gli architetti europei!). Per intenderci, la Germania, il secondo paese in Europa per numero di professionisti, conta circa 100 mila architetti, mentre Francia e Regno Unito circa 30 mila.
Notevole è l'aumento della quota rosa tra gli iscritti. Dei 150 mila architetti italiani circa il 40% (61 mila), è composto da donne con un andamento crescente dal (31%) 1998 al 2012. Nonostante però questo incremento, gli architetti uomini guadagnano il 70% in più delle donne. Secondo la cassa previdenziale la differenza tra reddito professionale di uomini e donne arrivava, nel 2010, al 69% in favore dei primi. E le medie calcolate sul campione CNAPPC/Cresme del 2012 confermano questi risultati, con il reddito medio annuo che per i maschi è risultato superiore del 63% rispetto a quello femminile.
Altri punti importanti toccati dal Rapporto riguardano:
- le difficoltà reddituali dei giovani architetti, che a dieci anni dal conseguimento del titolo di secondo livello hanno un reddito mensile medio netto di circa 1.300 euro, contro una media complessiva di 1.600 euro;
- la maggiore dipendenza, il 73% dei giovani architetti oggi inizia la carriera o come collaboratore mono-committente o come dipendente con contratti a progetto, prestazioni occasionali o a tempo determinato. Dopo 7 anni dal titolo il 36% lavora ancora come collaboratore esterno in uno studio di terzi (il 24% a monocommittenza);
- il problema dei collaboratori / dipendenti di cui oltre il 40% ha dichiarato nel 2012 di guadagnare meno di 1.000 euro;
- il problema delle insolvenze, il 60% degli architetti ha dichiarato di vantare crediti residui nei confronti della clientela privata, il 34% nei confronti della PA, per un ammontare medio, in entrambi i casi, pari al 28% del volume d'affari annuo.
- il problema dell'indebitamento, la percentuale di architetti che dichiara di avere debiti con banche, società finanziarie o fornitori è il 38%, con una quota decisamente più elevata tra le province del Centro-Sud (44%).
Segnaliamo, infine, un dato emerso dal Rapporto e che segue quello dichiarato nel 2011 dall'allora Presidente del Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (leggi articolo): il fallimento dell'esperimento triennale: il 75% prosegue gli studi specialistici. Considerando la classe delle laurea in Scienze dell'Architettura ad un anno dal conseguimento del titolo di primo livello meno di un terzo risulta occupato, con il tasso di disoccupazione che nel 2012 è arrivato al 24%. Tra gli occupati, oltre il 70% ha un contratto atipico o risulta senza contratto (quindi svolge prestazioni occasionali senza partita iva). Oltre il 75% prosegue gli studi specialistici.
© Riproduzione riservata
Tag:
Documenti Allegati
RapportoIL NOTIZIOMETRO