Riconoscimento titoli professionali conseguiti all'estero: pubblicata l'analisi del Centro Studi del CNI
"Sebbene l'Unione europea continui a promuovere politiche tese ad agevolare la libera circolazione dei professionisti all'interno dell'Unione, i flussi in en...
"Sebbene l'Unione europea continui a promuovere politiche tese
ad agevolare la libera circolazione dei professionisti all'interno
dell'Unione, i flussi in entrata in Italia si rivelano ancora una
volta decisamente ridotti e, soprattutto, caratterizzati per la
maggioranza (77,5%) da cittadini italiani "di rientro", tanto che i
timori di una eccessiva presenza di professionisti stranieri
sembrano ormai definitivamente svaniti".
Con questa premessa comincia l'analisi condotta dal Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri sullo stato dell'arte del riconoscimento dei titoli professionali conseguiti all'estero per le professioni afferenti al Ministero della Giustizia.
La prima cosa che ho pensato leggendo l'incipit dello studio del Centro Studi è stata "Ma se i professionisti italiani stessi trovano non pochi problemi per lavorare, perché mai un professionista straniero dovrebbe pensare di trovare lavoro in Italia?".
Proprio per questo, la stessa analisi del Centro Studi continua affermando che esistono maggiori preoccupazioni per l'aumentare del flusso di laureati in "uscita" dall'Italia che decidono di andare a lavorare all'estero dove, oltre a trovare un maggior numero di opportunità lavorative, incontrano condizioni contrattuali e remunerative decisamente migliori.
I risultati dell'analisi del Centro Studi confermano, quindi, un quadro già abbastanza definito in cui l'ultimo dei problemi è rappresentato dalla pressione eccessiva dei professionisti stranieri e dove sta notevolmente aumentando il flusso dei laureati che, a causa delle ridotte opportunità lavorative, dei salari decisamente inferiori a quelli degli altri paesi europei e delle tipologie contrattuali che penalizzano i giovani che si affacciano sul mercato del lavoro, sono costretti a cercare fortuna fuori dal Paese.
Entrando nel dettaglio, l'analisi prende in considerazione le professioni riconosciute dal Ministero di Giustizia tranne che per la professione dell'architetto su cui non vi è vigilanza per quanto concerne il riconoscimento dei titoli esteri di competenza del Miur. Le professioni prese in considerazione sono, quindi, le seguenti: Agenti di cambio, Agronomi e Dottori Forestali, Agrotecnici, Assistenti sociali, Attuari, Avvocati, Biologi, Chimici, Consulenti del lavoro, Dottori commercialisti, Geologi, Geometri, Giornalisti, Ingegneri, Periti agrari, Periti industriali, Psicologi, Ragionieri e periti commerciali, Revisori contabili, Tecnologi alimentari, il cui numero di riconoscimenti di titoli professionali conseguiti all'estero nel 2014 è di 458 unità, ovvero circa un centinaio meno del 2013.
In generale, escludendo gli italiani, che complessivamente costituiscono il 77,5% dei professionisti cui è stato riconosciuto il titolo professionale, il gruppo più consistente è rappresentato da cittadini rumeni (6,3%) seguiti a distanza dagli albanesi (2,6%) e dagli spagnoli (2,4%).
Tra gli ingegneri che hanno ottenuto il riconoscimento del titolo professionale, non si distingue una nazionalità che spicca nettamente tra le altre, visto che i gruppi più numerosi sono costituiti da 8 ingegneri spagnoli (16,7%) e da 7 francesi (14,3%), e, complessivamente, i 48 ingegneri provengono da 22 nazioni diverse.
Il riconoscimento del titolo professionale non sempre è completo, ma può prevedere un periodo di tirocinio o il sostenimento di una prova integrativa. La richiesta di una misura integrativa è assai frequente ed in quantità superiore alla media, tra gli ingegneri, dal momento che la quota di riconoscimenti completi si abbassa al 22,9%, mentre nel 77,1% dei restanti casi è stato richiesto lo svolgimento di una prova integrativa o di un tirocinio.
Questo dato evidenzia come, soprattutto per la professione di ingegnere, i percorsi formativi non siano omogenei tra i diversi paesi dell'Unione e che risulta necessaria una costante e attenta vigilanza sui processi di riconoscimento. Proprio per questo motivo, la ventilata introduzione di una tessera professionale europea da parte della Commissione europea, con l'obiettivo di semplificare il processo di riconoscimento dei titoli professionali, dovrebbe avvenire solo a seguito di una profonda revisione e omogeneizzazione dei percorsi formativi europei, evitando così il rischio di alimentare una pratica ormai comunemente denominata "turismo delle qualifiche" (un po' come già avviene con gli esami di abilitazione alla professione).
In realtà, è stato già deciso di escludere (almeno in prima battuta) la professione dell'ingegnere dalla sperimentazione della tessera professionale.
Di seguito il confronto tra il 2013 e il 2014 per i decreti di riconoscimento di titoli professionali ottenuti all'estero emanati dal Ministero della Giustizia.
Con questa premessa comincia l'analisi condotta dal Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri sullo stato dell'arte del riconoscimento dei titoli professionali conseguiti all'estero per le professioni afferenti al Ministero della Giustizia.
La prima cosa che ho pensato leggendo l'incipit dello studio del Centro Studi è stata "Ma se i professionisti italiani stessi trovano non pochi problemi per lavorare, perché mai un professionista straniero dovrebbe pensare di trovare lavoro in Italia?".
Proprio per questo, la stessa analisi del Centro Studi continua affermando che esistono maggiori preoccupazioni per l'aumentare del flusso di laureati in "uscita" dall'Italia che decidono di andare a lavorare all'estero dove, oltre a trovare un maggior numero di opportunità lavorative, incontrano condizioni contrattuali e remunerative decisamente migliori.
I risultati dell'analisi del Centro Studi confermano, quindi, un quadro già abbastanza definito in cui l'ultimo dei problemi è rappresentato dalla pressione eccessiva dei professionisti stranieri e dove sta notevolmente aumentando il flusso dei laureati che, a causa delle ridotte opportunità lavorative, dei salari decisamente inferiori a quelli degli altri paesi europei e delle tipologie contrattuali che penalizzano i giovani che si affacciano sul mercato del lavoro, sono costretti a cercare fortuna fuori dal Paese.
Entrando nel dettaglio, l'analisi prende in considerazione le professioni riconosciute dal Ministero di Giustizia tranne che per la professione dell'architetto su cui non vi è vigilanza per quanto concerne il riconoscimento dei titoli esteri di competenza del Miur. Le professioni prese in considerazione sono, quindi, le seguenti: Agenti di cambio, Agronomi e Dottori Forestali, Agrotecnici, Assistenti sociali, Attuari, Avvocati, Biologi, Chimici, Consulenti del lavoro, Dottori commercialisti, Geologi, Geometri, Giornalisti, Ingegneri, Periti agrari, Periti industriali, Psicologi, Ragionieri e periti commerciali, Revisori contabili, Tecnologi alimentari, il cui numero di riconoscimenti di titoli professionali conseguiti all'estero nel 2014 è di 458 unità, ovvero circa un centinaio meno del 2013.
In generale, escludendo gli italiani, che complessivamente costituiscono il 77,5% dei professionisti cui è stato riconosciuto il titolo professionale, il gruppo più consistente è rappresentato da cittadini rumeni (6,3%) seguiti a distanza dagli albanesi (2,6%) e dagli spagnoli (2,4%).
Tra gli ingegneri che hanno ottenuto il riconoscimento del titolo professionale, non si distingue una nazionalità che spicca nettamente tra le altre, visto che i gruppi più numerosi sono costituiti da 8 ingegneri spagnoli (16,7%) e da 7 francesi (14,3%), e, complessivamente, i 48 ingegneri provengono da 22 nazioni diverse.
Il riconoscimento del titolo professionale non sempre è completo, ma può prevedere un periodo di tirocinio o il sostenimento di una prova integrativa. La richiesta di una misura integrativa è assai frequente ed in quantità superiore alla media, tra gli ingegneri, dal momento che la quota di riconoscimenti completi si abbassa al 22,9%, mentre nel 77,1% dei restanti casi è stato richiesto lo svolgimento di una prova integrativa o di un tirocinio.
Questo dato evidenzia come, soprattutto per la professione di ingegnere, i percorsi formativi non siano omogenei tra i diversi paesi dell'Unione e che risulta necessaria una costante e attenta vigilanza sui processi di riconoscimento. Proprio per questo motivo, la ventilata introduzione di una tessera professionale europea da parte della Commissione europea, con l'obiettivo di semplificare il processo di riconoscimento dei titoli professionali, dovrebbe avvenire solo a seguito di una profonda revisione e omogeneizzazione dei percorsi formativi europei, evitando così il rischio di alimentare una pratica ormai comunemente denominata "turismo delle qualifiche" (un po' come già avviene con gli esami di abilitazione alla professione).
In realtà, è stato già deciso di escludere (almeno in prima battuta) la professione dell'ingegnere dalla sperimentazione della tessera professionale.
Di seguito il confronto tra il 2013 e il 2014 per i decreti di riconoscimento di titoli professionali ottenuti all'estero emanati dal Ministero della Giustizia.
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