Sanatoria edilizia e doppia conformità: l’onere della prova a carico del privato
Il TAR ribadisce un principio consolidato della giurisprudenza che sta alla base dell’accertamento di conformità di cui all’art. 36 del Testo Unico Edilizia
Chi chiede una sanatoria deve dimostrare la doppia conformità dell’intervento edilizio. Ma cosa succede se la documentazione fornita non è sufficiente? E quali elementi probatori possono ritenersi idonei?
Sanatoria edilizia, doppia conformità e onere della prova: interviene il TAR
La risposta, come spesso accade, è contenuta all’interno del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380/2001), ma, come altrettanto spesso succede, è la giurisprudenza a chiarirne i contorni applicativi. In questo caso, ha risposto alle domande il TAR Sicilia con la sentenza n. 516 del 7 marzo 2025, che ha confermato il rigetto di un’istanza di accertamento di conformità presentata ai sensi dell’art. 36 del TUE per un intervento edilizio abusivo. I giudici hanno ribadito un principio ormai consolidato: l’onere di dimostrare il rispetto della doppia conformità urbanistica ed edilizia grava interamente sul privato.
Ricordiamo, infatti, che il permesso di costruire in sanatoria, previsto dall’art. 36 del TUE, è un istituto che consente la regolarizzazione di interventi edilizi eseguiti in assenza o difformità dal titolo abilitativo, a patto che l’opera sia conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia sia al momento della sua realizzazione, sia al momento della presentazione della domanda (doppia conformità “simmetrica”).
La doppia conformità è un requisito fondamentale per l’accoglimento dell’istanza, che distingue nettamente la sanatoria ordinaria dal condono edilizio. Il suo scopo è chiaro: evitare che il rilascio della sanatoria si trasformi in un premio per chi ha costruito illegalmente in violazione delle norme vigenti al momento dell’abuso.
Documenti Allegati
Sentenza TAR Sicilia 7 marzo 2025, n. 516IL NOTIZIOMETRO