Servizi di architettura e di ingegneria: Bandi ad hoc solo per pochi
I Consigli nazionali di otto professioni tecniche (agrotecnici, architetti, dottori agronomi e dottori forestali, geologi, geometri, ingegneri, periti agrari...
I Consigli nazionali di otto professioni tecniche
(agrotecnici, architetti, dottori agronomi e dottori forestali,
geologi, geometri, ingegneri, periti agrari, periti industriali) in
due note inviate all'Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato ed al Ministro delle Infrastrutture e dei
Trasporti ha evidenziato come oltre il 97% degli studi
professionali sia fuori dal mercato dei lavori pubblici.
Le professioni tecniche fanno rilevare come dai dati censiti dall'Agenzia delle Entrate per il monitoraggio e per l'applicazione degli studi di settore relativi al periodo di imposta 2010 (antecedente alla c.d. "crisi economica"), emerge che il numero medio di strutture professionali (seppur comprese le società di ingegneria) con n. 1 "addetto" è pari all'84,5%. Per numero di addetti da 1 a 3, la percentuale è pari al 10,5%; per numero di addetti da 3 a 5, è pari al 2,3%, mentre per un numero di addetti da 5 a 10 è pari a 1,7%.
Tale situazione legata ai vincoli imposti dall'articolo 263, comma 1, lettera c) del regolamento di attuazione del Codice dei contratti di cui al D.P.R. n. 207/2010 che prevede che le stazioni appaltanti, nella predisposizione del bando per gli affidamenti di servizi di architettura e di ingegneria, fissino tra i requisiti tecnico-economici necessari per partecipare alla gara il numero medio di personale tecnico utilizzato negli ultimi tre anni in misura variabile da 2 a 3 volte le unità stimate nel bando per lo svolgimento dell'incarico genera il fatto che per il 97,3% dei professionisti è impossibile partecipare alle gare.
Basta che la stazione appaltante preveda per il servizio siano necessarie soltanto tre unità (lavori di importo medio-basso) che, utilizzando anche un moltiplicatore 2, il bando debba prevedere un numero medio di personale utilizzato negli ultimi tre anni pari a 6 e con tale situazione si registra di fatto una chiusura del mercato mediamente pari al 97,3% (84,5 + 10,5 + 2,3), nei confronti dei giovani e comunque dei liberi professionisti singoli o delle stesse società e/o strutture professionali con un numero di "addetti" non superiore a 5.
I Consigli nazionali affermato, quindi, che il mercato dei lavori pubblici è, in pratica, con buona pace di quella concorrenza sbandierata dal Diritto comunitario e dal Codice dei contratti, riservato alle grosse società di professionisti, società di ingegneria e/o consorzi stabili.
Ricordiamo, per altro, che il Codice dei contratti al comma 1 bis dell'art. 2 precisa che i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le piccole e medie imprese.
Nella nota inviata all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, i consigli nazionali chiedono:
Nella nota indirizzata al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti è richiesta l'introduzione di alcune modifiche alle norme, al fine di conseguire i seguenti obiettivi:
Le professioni tecniche fanno rilevare come dai dati censiti dall'Agenzia delle Entrate per il monitoraggio e per l'applicazione degli studi di settore relativi al periodo di imposta 2010 (antecedente alla c.d. "crisi economica"), emerge che il numero medio di strutture professionali (seppur comprese le società di ingegneria) con n. 1 "addetto" è pari all'84,5%. Per numero di addetti da 1 a 3, la percentuale è pari al 10,5%; per numero di addetti da 3 a 5, è pari al 2,3%, mentre per un numero di addetti da 5 a 10 è pari a 1,7%.
Tale situazione legata ai vincoli imposti dall'articolo 263, comma 1, lettera c) del regolamento di attuazione del Codice dei contratti di cui al D.P.R. n. 207/2010 che prevede che le stazioni appaltanti, nella predisposizione del bando per gli affidamenti di servizi di architettura e di ingegneria, fissino tra i requisiti tecnico-economici necessari per partecipare alla gara il numero medio di personale tecnico utilizzato negli ultimi tre anni in misura variabile da 2 a 3 volte le unità stimate nel bando per lo svolgimento dell'incarico genera il fatto che per il 97,3% dei professionisti è impossibile partecipare alle gare.
Basta che la stazione appaltante preveda per il servizio siano necessarie soltanto tre unità (lavori di importo medio-basso) che, utilizzando anche un moltiplicatore 2, il bando debba prevedere un numero medio di personale utilizzato negli ultimi tre anni pari a 6 e con tale situazione si registra di fatto una chiusura del mercato mediamente pari al 97,3% (84,5 + 10,5 + 2,3), nei confronti dei giovani e comunque dei liberi professionisti singoli o delle stesse società e/o strutture professionali con un numero di "addetti" non superiore a 5.
I Consigli nazionali affermato, quindi, che il mercato dei lavori pubblici è, in pratica, con buona pace di quella concorrenza sbandierata dal Diritto comunitario e dal Codice dei contratti, riservato alle grosse società di professionisti, società di ingegneria e/o consorzi stabili.
Ricordiamo, per altro, che il Codice dei contratti al comma 1 bis dell'art. 2 precisa che i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le piccole e medie imprese.
Nella nota inviata all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, i consigli nazionali chiedono:
- un intervento in merito all'art. 263 del DPR 5 ottobre 2010, n. 207, poiché tale norma determina distorsioni della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato, in violazione alle norme a tutela della concorrenza e del mercato;
- di segnalare al Governo e al Parlamento gli effetti distorsivi al mercato e di esprimere un parere circa le iniziative necessarie per rimuovere o prevenire le distorsioni anticoncorrenziali derivanti dall'applicazione del predetto art. 263 del DPR 207/2010.
Nella nota indirizzata al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti è richiesta l'introduzione di alcune modifiche alle norme, al fine di conseguire i seguenti obiettivi:
- riaprire il mercato ai giovani e ai professionisti che non siano titolari di strutture professionali di notevoli dimensioni;
- rilanciare la procedura del concorso (di idee o di progettazione);
- garantire maggiore trasparenza nella composizione delle commissioni giudicatrici per quelle procedure di affidamento caratterizzate da una notevole discrezionalità (offerta economicamente più vantaggiosa, concorsi, ecc.);
- ridurre i ribassi eccessivi dei compensi, che oggi sfiorano e talvolta superano la soglia dell'80%.
A cura di arch. Paolo
Oreto
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