Società semplici: La Corte di Giustizia europea sconfessa l'Autorità di vigilanza
La Corte di giustizia Ue, con l'ordinanza del 4 ottobre 2012 relativamente alla causa C-502/11 pubblicata sulla GUCE del 12 gennaio 2013, ha dichiarato che l...
La Corte di giustizia Ue, con l'ordinanza del 4 ottobre
2012 relativamente alla causa C-502/11 pubblicata sulla
GUCE del 12 gennaio 2013, ha dichiarato che la normativa
comunitaria osta ad una normativa nazionale che vieta a una
società quale una società semplice, qualificabile come
"imprenditore" ai sensi della direttiva 93/37, di partecipare alle
gare d'appalto esclusivamente a causa della sua forma
giuridica.
L'ordinanza della Corte fa seguito alla domanda pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato italiano e concernente l'interpretazione dell'articolo 6 della Direttiva 93/37/CEE che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori ed, in particolare, alla normativa nazionale che limita la partecipazione alle gare di appalti pubblici di lavori alle società che esercitano un'attività commerciale con esclusione per le imprese costituite sotto forma di società semplice; la Corte di giustizia ha risposto che la stessa viola il principio di non discriminazione sancito a livello comunitario.
L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con la comunicazione n. 42/04 era intervenuta sull'argomento precisando alle società organismo di attestazione (SOA) che "si deve escludere la possibilità di attestare le società semplici, in quanto costituite per lo svolgimento di attività (non commerciali) nelle quali non possono ricomprendersi i lavori pubblici ed in quanto escluse dall'elenco di cui all'art. 10 della legge quadro sui lavori pubblici.".
In considerazione del divueto dell'Autorità una SOA era stata costretta a non rilasciare l'attestazione ad una società semplice con l'inizio di un contenzioso che iniziato al TAR del Lazio, si è concluso, oggi, alla Corte Europea.
In pratica la Corte, nell'ordinanza in argomento, dopo aver affermato che uno degli obiettivi della normativa comunitaria è quello dell'apertira alla concorrenza nella misura più ampia possibile in modo che venga garantita la partecipazione più ampia possibile di offerenti ad una gara d'appalto, ha aggiunto che tale indicazione va, anche, nella direzione dell'interesse stesso dell’amministrazione aggiudicatrice che, così, potrà disporre di un'ampia scelta circa l'offerta più vantaggiosa e più rispondente ai bisogni della collettività pubblica interessata .
Nella ordinanza viene, anche, affermato che sia dalla normativa dell'Unione sia dalla giurisprudenza della Corte è ammesso a presentare un'offerta o a candidarsi qualsiasi soggetto o ente che, considerati i requisiti indicati in un bando di gara, si reputi idoneo a garantire l'esecuzione di un appalto, in modo diretto oppure facendo ricorso al subappalto, indipendentemente dal suo status nonché dal fatto di essere attivo sul mercato in modo sistematico oppure soltanto occasionale.
L'effettiva capacità di detto ente di soddisfare i requisiti posti dal bando di gara è valutata durante una fase ulteriore della procedura e, per altro, dalle considerazioni della Corte europea risulta che non si può vietare, per principio, a un "imprenditore" ai sensi della direttiva 93/37 di partecipare a gare d'appalto esclusivamente a causa della sua forma giuridica.
Uno Stato membro ha il diritto di prevedere, in aggiunta alle cause di esclusione fondate su considerazioni oggettive di qualità professionale, tassativamente elencate all’articolo 24, primo comma, della direttiva 93/37, misure di esclusione destinate a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento di tutti gli offerenti, nonché di trasparenza, nel contesto delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.
L'ordinanza della Corte fa seguito alla domanda pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato italiano e concernente l'interpretazione dell'articolo 6 della Direttiva 93/37/CEE che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori ed, in particolare, alla normativa nazionale che limita la partecipazione alle gare di appalti pubblici di lavori alle società che esercitano un'attività commerciale con esclusione per le imprese costituite sotto forma di società semplice; la Corte di giustizia ha risposto che la stessa viola il principio di non discriminazione sancito a livello comunitario.
L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con la comunicazione n. 42/04 era intervenuta sull'argomento precisando alle società organismo di attestazione (SOA) che "si deve escludere la possibilità di attestare le società semplici, in quanto costituite per lo svolgimento di attività (non commerciali) nelle quali non possono ricomprendersi i lavori pubblici ed in quanto escluse dall'elenco di cui all'art. 10 della legge quadro sui lavori pubblici.".
In considerazione del divueto dell'Autorità una SOA era stata costretta a non rilasciare l'attestazione ad una società semplice con l'inizio di un contenzioso che iniziato al TAR del Lazio, si è concluso, oggi, alla Corte Europea.
In pratica la Corte, nell'ordinanza in argomento, dopo aver affermato che uno degli obiettivi della normativa comunitaria è quello dell'apertira alla concorrenza nella misura più ampia possibile in modo che venga garantita la partecipazione più ampia possibile di offerenti ad una gara d'appalto, ha aggiunto che tale indicazione va, anche, nella direzione dell'interesse stesso dell’amministrazione aggiudicatrice che, così, potrà disporre di un'ampia scelta circa l'offerta più vantaggiosa e più rispondente ai bisogni della collettività pubblica interessata .
Nella ordinanza viene, anche, affermato che sia dalla normativa dell'Unione sia dalla giurisprudenza della Corte è ammesso a presentare un'offerta o a candidarsi qualsiasi soggetto o ente che, considerati i requisiti indicati in un bando di gara, si reputi idoneo a garantire l'esecuzione di un appalto, in modo diretto oppure facendo ricorso al subappalto, indipendentemente dal suo status nonché dal fatto di essere attivo sul mercato in modo sistematico oppure soltanto occasionale.
L'effettiva capacità di detto ente di soddisfare i requisiti posti dal bando di gara è valutata durante una fase ulteriore della procedura e, per altro, dalle considerazioni della Corte europea risulta che non si può vietare, per principio, a un "imprenditore" ai sensi della direttiva 93/37 di partecipare a gare d'appalto esclusivamente a causa della sua forma giuridica.
Uno Stato membro ha il diritto di prevedere, in aggiunta alle cause di esclusione fondate su considerazioni oggettive di qualità professionale, tassativamente elencate all’articolo 24, primo comma, della direttiva 93/37, misure di esclusione destinate a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento di tutti gli offerenti, nonché di trasparenza, nel contesto delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.
A cura di Paolo
Oreto
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