Tra Fuksas e Cappochin
Riflessione sul futuro dell'architettura dopo gli Stati Generali dell'Economia
È un nostro vizietto, degli italiani dico, quello di lasciarci travolgere dalla passione su determinati argomenti per cui in occasione dei mondiali ci sono più o meno 60 milioni di novelli Bearzot o, più recentemente con la pandemia, altrettanti virologi alla Brusaferro; non fa eccezione la comunità degli architetti molti dei quali, magari non avendo mai avuto alcuna esperienza ordinistica, non solo si esercitano in esegesi del sistema ma, anche, esternano su cosa dovrebbe o non dovrebbe fare il Consiglio Nazionale e il suo Presidente.
La differenza che passa tra loro (noi) e il simpatico #vizietto degli italiani sta nel fatto che ognuno dei quasi 160mila architetti italiani ogni giorno sulla propria pelle vive le difficoltà del mestiere, secondo una personale condizione. È quindi in qualche modo giustificato che per ognuno di loro, di noi, le risposte e le proposte siano diverse, perché diverse - come diversi sono gli interessi - sono le condizioni nelle quali sono maturate.
Credo sia positiva questa voglia di dire la propria, nei vari modi in cui ciò avviene e ne abbiamo avuto recente prova nello svolgimento nella maratona on line “Architetti per il futuro” - della quale ho provato a tratteggiarne parzialmente lo svolgimento in diretta qui, su questo social, poco meno di un mese fa - quasi un’anticipazione degli Stati Generali di Conte nella quale si sono mescolati i pareri di grandi firme e architetti di base, di esponenti politici e operatori economici, ciascuno con le proprie declinazioni delle questioni e un’articolata visione sulle azioni che il sistema della professione dovrebbe attuare. Sarà responsabilità del Consiglio Nazionale e del suo Presidente trarne, se possibile, le conclusioni e renderle pubbliche. Adesso è il momento degli Stati Generali promossi dal Presidente Conte e delle modalità con cui le nostre istanze hanno avuto la possibilità di essere esternate.
Da un lato l’aver espresso le nostre posizioni istituzionali - indirettamente - attraverso l’audizione del CUP e della Rete Professioni Tecniche, dall’altro aver avuto, come architetti, un secondo momento di confronto attraverso la presenza al tavolo di discussione di due grandi firme: Boeri e Fuksas, con la vistosa assenza di Piano. Mi par fuor di discussione che, nel momento in cui alcuni anni fa abbiamo scelto di far parte della Rete e del CUP, la rappresentanza collegiale e istituzionale delle nostre istanze siano condivise ed espresse da chi attualmente rappresenta queste organizzazioni e, per ciò stesso, esse coincidano con quelle che trasversalmente interessano tutte le professioni; se da un lato, per esse, rappresentarle unitariamente assume punti di forza, dall’altro è ovvio che difficilmente possano contenere esigenze specifiche dell’una e dell’altra professione. La domanda sottostante, che forse il prossimo Consiglio Nazionale dovrà porsi, è se facendo un bilancio tra opportunità e criticità, questo modo di stare insieme sia ancora funzionale ai nostri interessi principali.
Deve esserci qualcosa su cui interrogarsi se il Presidente Conte ha sentito la necessità di convocare al tavolo della discussione due grandi firme dell’architettura insieme ad altri esponenti della cultura (perché l’Architettura è espressione culturale tra le più importanti) e non altre figure tecnico - professionali. La professione ha quindi avuto, nel bene e nel male, un grado di attenzione in più; a me pare un segno evidente, anche se non c’era Cappochin e non poteva esserci vista l’audizione di qualche giorno prima, che nella percezione del Governo l’architettura italiana, ancora molto considerata nel resto del mondo, abbia rilevanza diversa dalle altre professioni. Piano no, non c’era, per la verità da questo punto di vista non c’è mai stato e non mi stupisce né ora né prima quando, in occasione della sua nomina a senatore a vita, osservai ai tanti speranzosi entusiasti che era molto pericoloso pensare di affidare le sorti della mestiere ad un #uomosolo… Bene, Cappochin non c’era ma il Consiglio Nazionale che lui rappresenta, dalla convocazione di Boeri e Fuksas (potevano essere anche altri) credo abbia ricevuto un ottimo assist per porre in essere alcune azioni e proposte che, riguardando l’architettura, interessano l’intero Paese. Bisogna solo vedere se lo si saprà sfruttare. Certo, da quel che, ai più attenti, la situazione interna al consesso mostra, sembra non facile.
A cura di Arch. Giuseppe Scannella
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