Una estate di Beni Culturali
Al termine di questa estate, forse una delle più tormentate per i Beni Culturali in Italia, il MIBACT ha annunciato l'approvazione di un ambizioso progetto d...
Al termine di questa estate, forse una delle più tormentate per i
Beni Culturali in Italia, il MIBACT ha annunciato l'approvazione di
un ambizioso progetto di collegamento della rete ferroviaria
nazionale direttamente agli "Scavi di Pompei".
Alle FS era stato assegnato l'incarico di progettare una stazione ferroviaria per lo snodo del traffico turistico verso l'area archeologica. Il ministro aveva annunciato che in 30 mesi sarebbe stato realizzato. Il nodo dovrà funzionare come interscambio della linea della Circumvesuviana e con le altre modalità di trasporto locale. Spero di vedere presto il progetto e le soluzioni che saranno adottate.
Infatti, il problema degli accessi ai grandi siti archeologici è una reale questione aperta.
Le aree archeologiche come le vediamo oggi sono la evoluzione dell'uso del territorio da parte dell'uomo. Normalmente abbiamo centri antichi con una struttura cintata, all'esterno della quale dipartono le strade (magari consolari romane) intorno alle quali si trovano i resti delle necropoli o dei monumenti funerari, oppure le ville agricole (frequentissime).
Questo sistema di urbanizzazione è diffusissimo e rende praticamente impossibile avvicinare in superficie una infrastruttura interrata ad un sito archeologico senza incontrare reperti antichi.
Stiamo parlando di una difficoltà progettuale che rallenta inevitabilmente sia la scelta finale del tracciato sia la definitiva apertura della linea. In questi casi occorrerebbe svolgere una campagna preventiva di scavi archeologici, lenta e costosa. Odio sentire dire in questi casi che le Soprintendenze bloccano i lavori!
Odio la superficialità con cui si affrontano i temi della conservazione e della tutela dei beni archeologici.
Le norme tutelano i ritrovamenti e finchè varrano queste regole, un coccio antico non sarà meno importante delle mura della città di Lucca.
Detto questo, penso che il vero risultato sarà finire il progetto. Per i 30 mesi del Ministro...
Per tornare alla politica dei Beni Culturali la settimana scorsa è stato emanato un decreto che inserisce l'ambito nei "servizi essenziali" (vai al decreto). Difficile paragonare l'operato di un archeologo a quello di un chirurgo oppure quello di uno storico dell'arte a quello di un macchinista di un treno che trasporta migliaia di pendolari. Ma forse va bene così, in un paese come il nostro, riconoscere in generale l'essenzialità di un servizio pubblico è una buona cosa.
Mi piacerebbe che valesse lo stesso principio efficientista quando una pratica per un pagamento essenziale per la sopravvivenza di una azienda dorme sulla scrivania di un burocrate romano oppure quando per ricevere giustizia da una sentenza bisogna attendere anni, ma il mio spirito non è polemico e capirete che se lo sono è perché non posso in queste poche righe articolare una critica senza fare esempi.
Sull'argomento particolare che ha dato causa alla vicenda (Colosseo), penso che vada bene così. Il Ministro ha spiegato le sue ragioni, i sindacati pure, il Soprintendente Prosperetti ha chiarito che erano state seguite tutte le procedure ed il Governo ha preso una decisione che è politica. Per me va bene così.
Le nomine dei Soprintendenti dei Musei dotati di Speciale autonomia (d.l 83/2014, bando 7.1.2015).
Solo quando ho visto che su Euronews si dava risalto alle nomine dei Soprintendenti ho capito l'obiettivo (evidentemente concertato) di questa speciale storia tutta italiana. Quando è stata varata la riforma dei Beni Culturali (DPCM 171 del 28.8.2014) era chiaro che la figura tradizionale del "Soprintendente" sarebbe stata indebolita.
Alle nuove "autonome" strutture museali, venivano assegnati poteri speciali rispetto agli altri (si vedano gli allegati alla riforma - Circolare 66 del 3 marzo 2015).
Tuttavia, i presupposti su cui si basavano le ripartizioni delle responsabilità e dei poteri all'interno della struttura ministeriale si potevano valutare solo a cose fatte e quando tutto il quadro fosse completo.
Infatti dopo la "riforma Madia" qualcosa si è chiarito e l'insuccesso totale dei funzionari del Ministero nel concorso per Direttore dei Musei dotati di Speciale Autonomia ha consolidato l'impressione di un Ministro che non ama il proprio Ministero (o almeno i propri funzionari).
Tutta una classe di funzionari dello Stato è stata trascurata. La dichiarazione del Ministro che "...il sistema museale italiano volta pagina e recupera un ritardo di decenni". Quale altro significato potrebbe avere?
Mi limiterò al caso della Campania che ho seguito con maggiore attenzione per naturali ragioni di conoscenza dell'ambiente, ma la stessa analisi potrebbe essere ripetuta per altre situazioni.
Delle quattro direzioni museali in ballo nessuna (Museo di Capodimonte, Reggia di Caserta, Museo Archeologico Nazionale e Museo di Paestum) è andata a funzionari del Ministero.
A Capodimonte è risultato vincitore Silvayn Bellenger, francese, filosofo e storico dell'arte, direttore del dipartimento di pittura e scultura europea medievale e moderna dell'Art Institute di Chicago, risultato primo in graduatoria tra gli aspiranti direttori con 84 punti.
A Caserta, alla direzione del Palazzo Reale, è risultato primo Mauro Felicori, pure lui filosofo e poi specializzato in Economia della cultura e politiche culturali. Anche lui viene da fuori del Ministero, è infatti direttore del Dipartimento economia e promozione della città del Comune di Bologna, dove è dirigente dal 1986. Felicori era terzo in graduatoria, dove lo precedevano Fabrizio Vona (persona serissima, Soprintendente del MIBACT) e Rosalba Iodice (brillantissimo architetto napoletano, già dirigente alla Regione Campania nei Beni Culturali), ma al colloquio orale ha sbaragliato la concorrenza. D'altra parte Vona e Iodice parlavano un dialetto diverso da quello del Ministro e forse ci sta pure.
Più sorprendente sul piano meramente numerico è stata la nomina a direttore del prestigiosissimo Museo Archeologico Nazionale di Napoli di Paolo Giulierini, anch'esso proveniente dall'esterno del Ministero.
Infatti, l'archeologo Giulierini ha dalla sua l'esperienza come dipendente del Comune di Cortona, di Direttore della Biblioteca e del Museo dell'Accademia Etrusca e della Città di Cortona ed è giunto al colloquio orale con il punteggio di 77 punti, preceduto sia dalla direttrice degli scavi di Ercolano, Maria Paola Guidobaldi (78 punti), sia dal direttore del Museo del Castello di Trento, Franco Marzatico (82 punti). Qui non è sicuramente questione di dialetto. E' una lingua diversa.
Incomprensibile a me, ma forse comprensibile solo in un grande quadro, è infine la nomina a direttore del Museo di Paestum, Gabriel Zuchtriegel che è giunto decimo in graduatoria con solo 75 punti. Prima di lui Maria Paola Guidobaldi (78 punti) e Franco Marzatico (82 punti) oltre alla direttrice uscente del museo e area archeologica di Paestum Marina Cipriani (76 punti).
Il nuovo dirigente ha dalla sua non solo la giovane età, ma anche una discreta dote di umorismo, avendo risposto a chi lo intervistava circa la sua mancanza di esperienza nell'ambito museale di aver fatto la guida in Germania. A lui, al meraviglioso Cilento dove si trova l'area archeologica di Paestum (ma ad esso sarà annessa Velia) vanno ovviamente i migliori auguri di buon lavoro, sperando che l'entusiasmo giovanile corrobori le inevitabili mancanze di esperienza che occorrono per guidare una direzione museale come quella campana.
Non va infatti dimenticato che oltre a doversi occupare della direzione scientifica dei Musei, questi dirigenti dovranno occuparsi delle relazioni sul territorio (operando nel campo del fund-rising), delle relazioni sindacali ed infine dovranno operare, nell'ambito dell'autonomia concessagli, come stazione appaltante!
A mio giudizio, un dirigente non è solo un promettente conoscitore del proprio settore culturale ma deve avere nel proprio bagaglio una estesa conoscenza del funzionamento di una struttura articolata come quella ministeriale.
E' qui che la mia sorpresa sconfina nella incredulità.
Sono profondamente incredulo che queste professionalità non potessero essere trovate anche tra le competenze del Ministero per i Beni Culturali. La mia sensazione è che le scelte adottate non abbiano seguito i criteri di razionale motivazione, ma altri.
I dirigenti del Ministero, tra virgolette sconfitti nella selezione, sono tutti vincitori di almeno due precedenti concorsi pubblici, hanno nel loro bagaglio anni di conoscenza delle procedure interne ed hanno certamente buona consuetudine alle questioni sindacali (cosa che, in un ministero che paga un architetto direttore la misera cifra di 1.400 euro, non è poi così male).
In sostanza, da questa selezione emerge un quadro di delegittimazione grave di un'intera classe dirigente che sta cercando di portare avanti comunque il lavoro, malgrado la assoluta carenza di risorse economiche e di personale. Non si dimentichi che nel periodo 2008 - 2011 i vari governi hanno ridotto le risorse di più di un miliardo di euro le risorse al Ministero (di fatto lasciando la possibilità solo di pagare gli stipendi e poco altro) e dall'epoca nessuno ha più pensato a rimpinguarle.
Così, in un ministero afflitto da problemi di sopravvivenza economica, incolpare i soprintendenti della inefficienza della macchina amministrative è facile ma forse superficiale.
L'impressione è che tutta la selezione dei direttori dei musei dotati di autonomia sia stata una mossa politica con fini mediatici, ed i risultati cui si è giunti sono forse anche illegittimi, perché i presupposti del concorso riguardavano la selezione di soggetti dall'esperienza di elevato livello nella gestione di istituti e luoghi della cultura, obiettivo che non sembra raggiunto se - come denunciato da UILPA - MIBACT - di questi 20 nominati, 8 non hanno mai diretto personalmente nessun museo o struttura equivalente, cinque hanno diretto musei o strutture a carattere multimediale e promozionale di livello locale e rilevanza molto inferiore a quella dei musei a cui sono stati preposti, per cui ben il 65% dei candidati prescelti non ha diretto istituti di elevato livello e rilevanza nazionale.
Nel Ministero, "risorse" è la parola negata
Per dare un quadro della situazione mi pare opportuno analizzare il quadro nel quale si muoveranno i funzionari nel futuro.
Per prima cosa, se non verranno modificati gli assetti normativi, dando concreti poteri nei confronti del personale, i nuovi direttori si scontreranno con gli stessi ostacoli già affrontati nel passato.
Come già dimostrato, la questione riguarderà l'utilizzo del personale di vigilanza che se potrà essere deciso senza interferenze sindacali consentirà un uso del Bene mirato alle esigenze turistiche.
Gli uffici tecnici dedicati per musei e poli museali sono un'iniziativa lodevole e sacrosanta, che andava fatta da tempo, ma certo con risorse aggiuntive, non togliendole alle soprintendenze
Quello che la stampa generalista non chiarisce è proprio questo: nel solco della tradizione italiana delle nozze coi fichi secchi, cui ha dato rinnovato vigore l'alibi della spending review, si sono saccheggiate le soprintendenze per prelevare il personale da attribuire a musei autonomi e poli regionali.
Le Soprintendenze Belle Arti e Paesaggio, la cui "mission" è stata pretestuosamente confinata alla tutela (ma ci sono ancora musei che dipendono da loro!), si sono viste ridurre (qualcuna più che dimezzare) gli organici con una circolare uscita alla chetichella alla vigilia di ferragosto.
Come potranno, i dipendenti, in queste condizioni, lavorare senza stress ed essere più efficienti?
Alle innumerevoli strutture (Conventi, Chiese, Cappelle gentilizie) vincolate per legge chi penserà? E con quali fondi se il grosso dei finanziamenti ministeriali sarà dirottato sulle nuove direzioni a discapito del territorio?
In sostanza, ho un giudizio complessivamente negativo del metodo con cui è stata portata avanti questa riorganizzazione, cui pure vanno i miei migliori auguri di buon risultato finale.
Il Paese ha una estrema necessità che il settore Beni Culturali funzioni al meglio delle sue possibilità.
Alle FS era stato assegnato l'incarico di progettare una stazione ferroviaria per lo snodo del traffico turistico verso l'area archeologica. Il ministro aveva annunciato che in 30 mesi sarebbe stato realizzato. Il nodo dovrà funzionare come interscambio della linea della Circumvesuviana e con le altre modalità di trasporto locale. Spero di vedere presto il progetto e le soluzioni che saranno adottate.
Infatti, il problema degli accessi ai grandi siti archeologici è una reale questione aperta.
Le aree archeologiche come le vediamo oggi sono la evoluzione dell'uso del territorio da parte dell'uomo. Normalmente abbiamo centri antichi con una struttura cintata, all'esterno della quale dipartono le strade (magari consolari romane) intorno alle quali si trovano i resti delle necropoli o dei monumenti funerari, oppure le ville agricole (frequentissime).
Questo sistema di urbanizzazione è diffusissimo e rende praticamente impossibile avvicinare in superficie una infrastruttura interrata ad un sito archeologico senza incontrare reperti antichi.
Stiamo parlando di una difficoltà progettuale che rallenta inevitabilmente sia la scelta finale del tracciato sia la definitiva apertura della linea. In questi casi occorrerebbe svolgere una campagna preventiva di scavi archeologici, lenta e costosa. Odio sentire dire in questi casi che le Soprintendenze bloccano i lavori!
Odio la superficialità con cui si affrontano i temi della conservazione e della tutela dei beni archeologici.
Le norme tutelano i ritrovamenti e finchè varrano queste regole, un coccio antico non sarà meno importante delle mura della città di Lucca.
Detto questo, penso che il vero risultato sarà finire il progetto. Per i 30 mesi del Ministro...
Per tornare alla politica dei Beni Culturali la settimana scorsa è stato emanato un decreto che inserisce l'ambito nei "servizi essenziali" (vai al decreto). Difficile paragonare l'operato di un archeologo a quello di un chirurgo oppure quello di uno storico dell'arte a quello di un macchinista di un treno che trasporta migliaia di pendolari. Ma forse va bene così, in un paese come il nostro, riconoscere in generale l'essenzialità di un servizio pubblico è una buona cosa.
Mi piacerebbe che valesse lo stesso principio efficientista quando una pratica per un pagamento essenziale per la sopravvivenza di una azienda dorme sulla scrivania di un burocrate romano oppure quando per ricevere giustizia da una sentenza bisogna attendere anni, ma il mio spirito non è polemico e capirete che se lo sono è perché non posso in queste poche righe articolare una critica senza fare esempi.
Sull'argomento particolare che ha dato causa alla vicenda (Colosseo), penso che vada bene così. Il Ministro ha spiegato le sue ragioni, i sindacati pure, il Soprintendente Prosperetti ha chiarito che erano state seguite tutte le procedure ed il Governo ha preso una decisione che è politica. Per me va bene così.
Le nomine dei Soprintendenti dei Musei dotati di Speciale autonomia (d.l 83/2014, bando 7.1.2015).
Solo quando ho visto che su Euronews si dava risalto alle nomine dei Soprintendenti ho capito l'obiettivo (evidentemente concertato) di questa speciale storia tutta italiana. Quando è stata varata la riforma dei Beni Culturali (DPCM 171 del 28.8.2014) era chiaro che la figura tradizionale del "Soprintendente" sarebbe stata indebolita.
Alle nuove "autonome" strutture museali, venivano assegnati poteri speciali rispetto agli altri (si vedano gli allegati alla riforma - Circolare 66 del 3 marzo 2015).
Tuttavia, i presupposti su cui si basavano le ripartizioni delle responsabilità e dei poteri all'interno della struttura ministeriale si potevano valutare solo a cose fatte e quando tutto il quadro fosse completo.
Infatti dopo la "riforma Madia" qualcosa si è chiarito e l'insuccesso totale dei funzionari del Ministero nel concorso per Direttore dei Musei dotati di Speciale Autonomia ha consolidato l'impressione di un Ministro che non ama il proprio Ministero (o almeno i propri funzionari).
Tutta una classe di funzionari dello Stato è stata trascurata. La dichiarazione del Ministro che "...il sistema museale italiano volta pagina e recupera un ritardo di decenni". Quale altro significato potrebbe avere?
Mi limiterò al caso della Campania che ho seguito con maggiore attenzione per naturali ragioni di conoscenza dell'ambiente, ma la stessa analisi potrebbe essere ripetuta per altre situazioni.
Delle quattro direzioni museali in ballo nessuna (Museo di Capodimonte, Reggia di Caserta, Museo Archeologico Nazionale e Museo di Paestum) è andata a funzionari del Ministero.
A Capodimonte è risultato vincitore Silvayn Bellenger, francese, filosofo e storico dell'arte, direttore del dipartimento di pittura e scultura europea medievale e moderna dell'Art Institute di Chicago, risultato primo in graduatoria tra gli aspiranti direttori con 84 punti.
A Caserta, alla direzione del Palazzo Reale, è risultato primo Mauro Felicori, pure lui filosofo e poi specializzato in Economia della cultura e politiche culturali. Anche lui viene da fuori del Ministero, è infatti direttore del Dipartimento economia e promozione della città del Comune di Bologna, dove è dirigente dal 1986. Felicori era terzo in graduatoria, dove lo precedevano Fabrizio Vona (persona serissima, Soprintendente del MIBACT) e Rosalba Iodice (brillantissimo architetto napoletano, già dirigente alla Regione Campania nei Beni Culturali), ma al colloquio orale ha sbaragliato la concorrenza. D'altra parte Vona e Iodice parlavano un dialetto diverso da quello del Ministro e forse ci sta pure.
Più sorprendente sul piano meramente numerico è stata la nomina a direttore del prestigiosissimo Museo Archeologico Nazionale di Napoli di Paolo Giulierini, anch'esso proveniente dall'esterno del Ministero.
Infatti, l'archeologo Giulierini ha dalla sua l'esperienza come dipendente del Comune di Cortona, di Direttore della Biblioteca e del Museo dell'Accademia Etrusca e della Città di Cortona ed è giunto al colloquio orale con il punteggio di 77 punti, preceduto sia dalla direttrice degli scavi di Ercolano, Maria Paola Guidobaldi (78 punti), sia dal direttore del Museo del Castello di Trento, Franco Marzatico (82 punti). Qui non è sicuramente questione di dialetto. E' una lingua diversa.
Incomprensibile a me, ma forse comprensibile solo in un grande quadro, è infine la nomina a direttore del Museo di Paestum, Gabriel Zuchtriegel che è giunto decimo in graduatoria con solo 75 punti. Prima di lui Maria Paola Guidobaldi (78 punti) e Franco Marzatico (82 punti) oltre alla direttrice uscente del museo e area archeologica di Paestum Marina Cipriani (76 punti).
Il nuovo dirigente ha dalla sua non solo la giovane età, ma anche una discreta dote di umorismo, avendo risposto a chi lo intervistava circa la sua mancanza di esperienza nell'ambito museale di aver fatto la guida in Germania. A lui, al meraviglioso Cilento dove si trova l'area archeologica di Paestum (ma ad esso sarà annessa Velia) vanno ovviamente i migliori auguri di buon lavoro, sperando che l'entusiasmo giovanile corrobori le inevitabili mancanze di esperienza che occorrono per guidare una direzione museale come quella campana.
Non va infatti dimenticato che oltre a doversi occupare della direzione scientifica dei Musei, questi dirigenti dovranno occuparsi delle relazioni sul territorio (operando nel campo del fund-rising), delle relazioni sindacali ed infine dovranno operare, nell'ambito dell'autonomia concessagli, come stazione appaltante!
A mio giudizio, un dirigente non è solo un promettente conoscitore del proprio settore culturale ma deve avere nel proprio bagaglio una estesa conoscenza del funzionamento di una struttura articolata come quella ministeriale.
E' qui che la mia sorpresa sconfina nella incredulità.
Sono profondamente incredulo che queste professionalità non potessero essere trovate anche tra le competenze del Ministero per i Beni Culturali. La mia sensazione è che le scelte adottate non abbiano seguito i criteri di razionale motivazione, ma altri.
I dirigenti del Ministero, tra virgolette sconfitti nella selezione, sono tutti vincitori di almeno due precedenti concorsi pubblici, hanno nel loro bagaglio anni di conoscenza delle procedure interne ed hanno certamente buona consuetudine alle questioni sindacali (cosa che, in un ministero che paga un architetto direttore la misera cifra di 1.400 euro, non è poi così male).
In sostanza, da questa selezione emerge un quadro di delegittimazione grave di un'intera classe dirigente che sta cercando di portare avanti comunque il lavoro, malgrado la assoluta carenza di risorse economiche e di personale. Non si dimentichi che nel periodo 2008 - 2011 i vari governi hanno ridotto le risorse di più di un miliardo di euro le risorse al Ministero (di fatto lasciando la possibilità solo di pagare gli stipendi e poco altro) e dall'epoca nessuno ha più pensato a rimpinguarle.
Così, in un ministero afflitto da problemi di sopravvivenza economica, incolpare i soprintendenti della inefficienza della macchina amministrative è facile ma forse superficiale.
L'impressione è che tutta la selezione dei direttori dei musei dotati di autonomia sia stata una mossa politica con fini mediatici, ed i risultati cui si è giunti sono forse anche illegittimi, perché i presupposti del concorso riguardavano la selezione di soggetti dall'esperienza di elevato livello nella gestione di istituti e luoghi della cultura, obiettivo che non sembra raggiunto se - come denunciato da UILPA - MIBACT - di questi 20 nominati, 8 non hanno mai diretto personalmente nessun museo o struttura equivalente, cinque hanno diretto musei o strutture a carattere multimediale e promozionale di livello locale e rilevanza molto inferiore a quella dei musei a cui sono stati preposti, per cui ben il 65% dei candidati prescelti non ha diretto istituti di elevato livello e rilevanza nazionale.
Nel Ministero, "risorse" è la parola negata
Per dare un quadro della situazione mi pare opportuno analizzare il quadro nel quale si muoveranno i funzionari nel futuro.
Per prima cosa, se non verranno modificati gli assetti normativi, dando concreti poteri nei confronti del personale, i nuovi direttori si scontreranno con gli stessi ostacoli già affrontati nel passato.
Come già dimostrato, la questione riguarderà l'utilizzo del personale di vigilanza che se potrà essere deciso senza interferenze sindacali consentirà un uso del Bene mirato alle esigenze turistiche.
Gli uffici tecnici dedicati per musei e poli museali sono un'iniziativa lodevole e sacrosanta, che andava fatta da tempo, ma certo con risorse aggiuntive, non togliendole alle soprintendenze
Quello che la stampa generalista non chiarisce è proprio questo: nel solco della tradizione italiana delle nozze coi fichi secchi, cui ha dato rinnovato vigore l'alibi della spending review, si sono saccheggiate le soprintendenze per prelevare il personale da attribuire a musei autonomi e poli regionali.
Le Soprintendenze Belle Arti e Paesaggio, la cui "mission" è stata pretestuosamente confinata alla tutela (ma ci sono ancora musei che dipendono da loro!), si sono viste ridurre (qualcuna più che dimezzare) gli organici con una circolare uscita alla chetichella alla vigilia di ferragosto.
Come potranno, i dipendenti, in queste condizioni, lavorare senza stress ed essere più efficienti?
Alle innumerevoli strutture (Conventi, Chiese, Cappelle gentilizie) vincolate per legge chi penserà? E con quali fondi se il grosso dei finanziamenti ministeriali sarà dirottato sulle nuove direzioni a discapito del territorio?
In sostanza, ho un giudizio complessivamente negativo del metodo con cui è stata portata avanti questa riorganizzazione, cui pure vanno i miei migliori auguri di buon risultato finale.
Il Paese ha una estrema necessità che il settore Beni Culturali funzioni al meglio delle sue possibilità.
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