Validità contratti d'opera tra professionisti e P.A.: necessaria la forma scritta
Contratti d'opera professionale: qualora una Pubblica Amministrazione ne sia parte committente e anche quando agisca secondo "iure privatorum", è richiesta l...
Contratti d'opera professionale: qualora una Pubblica
Amministrazione ne sia parte committente e anche quando agisca
secondo "iure privatorum", è richiesta la forma scritta "ad
substantiam", come previsto dagli articoli 16 e 17 del
regio decreto n. 2440 del 1923, in quanto strumento di
garanzia del regolare svolgimento dell'attività
amministrativa nell'interesse sia del cittadino sia della
collettività, agevolando l'espletamento della funzione di
controllo, e rappresentando così espressione dei principi di
imparzialità e buon andamento della P.A. posti dall'art. 97 della
Costituzione.
Con questa motivazione la Cassazione ha respinto, con la sentenza n. 24679 dello scorso 4 novembre, la richiesta di condanna nei confronti del Comune di Bronte effettuata da quattro professionisti, finalizzata al pagamento del compenso per l'attività professionale di progettazione dei lavori di ampliamento e rifacimento parziale della rete di illuminazione pubblica. Secondo gli appellanti, una lettera del Sindaco, ratificata dalla successiva delibera della giunta, esprimeva la volontà del conferimento dell'incarico e che le loro scelte progettuali sarebbero state utilizzate per gli scopi previsti.
Gli ermellini hanno invece confermato quanto stabilito già nei primi due gradi di giudizio, sottolineando come il contratto debba tradursi, pena la nullità, "nella redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell'organo attributario del potere di rappresentare l'ente interessato nei confronti dei terzi, dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere e al compenso da corrispondere".
Nella fattispecie, tali elementi sarebbero stati mancanti in quanto, al momento della sua "proposta" contrattuale, il Sindaco non era stato autorizzato a stipulare alcun contratto e non era quindi in grado di esprimere alcuna volontà negoziale dell'Ente locale. Di conseguenza, l'esistenza di una successiva delibera della Giunta comunale per il conferimento di incarico, o utile ad autorizzarlo, è risultata irrilevante in quanto essa non costituisce una proposta contrattuale, ma un atto con efficacia interna all'ente avente natura autorizzatoria e quale unico destinatario il diverso organo legittimato ad esprimere la volontà all'esterno.
Non solo: la Cassazione ha anche escluso che una simile tipologia di contratto possa essere conclusa a distanza, a mezzo di corrispondenza, dato che è necessario che la pattuizione venga versata in un atto contestuale, anche se non sottoscritto contemporaneamente. L'unico caso in cui questo sia possibile è quello previsto dallo stesso art. 17 del regio decreto, ovvero quando il contratto intercorra con ditte commerciali: "i contratti a trattativa privata, possono anche stipularsi per mezzo di scrittura privata firmata dall'offerente e dal funzionario rappresentante l'amministrazione". Si tratta di una deroga invocabile soltanto in quei negozi in cui la definizione del contenuto dell'accordo è rimessa agli usi commerciali e da cui non può ricavarsi la regola che in qualsiasi contratto della P.A. la forma scritta "ad substantiam" debba ritenersi osservata anche quando il consenso si formi in base a atti scritti successivi atteggiatisi come proposta e accettazione tra assenti.
Infine, la Suprema Corte ha anche respinto l'azione di arricchimento senza causa, valutato come infondato per l'assenza di indicazione specifica da parte dei ricorrenti della utilitas fruita dall'amministrazione comunale, oltre che per la mancata esibizione degli elaborati progettuali di riferimento.
Con questa motivazione la Cassazione ha respinto, con la sentenza n. 24679 dello scorso 4 novembre, la richiesta di condanna nei confronti del Comune di Bronte effettuata da quattro professionisti, finalizzata al pagamento del compenso per l'attività professionale di progettazione dei lavori di ampliamento e rifacimento parziale della rete di illuminazione pubblica. Secondo gli appellanti, una lettera del Sindaco, ratificata dalla successiva delibera della giunta, esprimeva la volontà del conferimento dell'incarico e che le loro scelte progettuali sarebbero state utilizzate per gli scopi previsti.
Gli ermellini hanno invece confermato quanto stabilito già nei primi due gradi di giudizio, sottolineando come il contratto debba tradursi, pena la nullità, "nella redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell'organo attributario del potere di rappresentare l'ente interessato nei confronti dei terzi, dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere e al compenso da corrispondere".
Nella fattispecie, tali elementi sarebbero stati mancanti in quanto, al momento della sua "proposta" contrattuale, il Sindaco non era stato autorizzato a stipulare alcun contratto e non era quindi in grado di esprimere alcuna volontà negoziale dell'Ente locale. Di conseguenza, l'esistenza di una successiva delibera della Giunta comunale per il conferimento di incarico, o utile ad autorizzarlo, è risultata irrilevante in quanto essa non costituisce una proposta contrattuale, ma un atto con efficacia interna all'ente avente natura autorizzatoria e quale unico destinatario il diverso organo legittimato ad esprimere la volontà all'esterno.
Non solo: la Cassazione ha anche escluso che una simile tipologia di contratto possa essere conclusa a distanza, a mezzo di corrispondenza, dato che è necessario che la pattuizione venga versata in un atto contestuale, anche se non sottoscritto contemporaneamente. L'unico caso in cui questo sia possibile è quello previsto dallo stesso art. 17 del regio decreto, ovvero quando il contratto intercorra con ditte commerciali: "i contratti a trattativa privata, possono anche stipularsi per mezzo di scrittura privata firmata dall'offerente e dal funzionario rappresentante l'amministrazione". Si tratta di una deroga invocabile soltanto in quei negozi in cui la definizione del contenuto dell'accordo è rimessa agli usi commerciali e da cui non può ricavarsi la regola che in qualsiasi contratto della P.A. la forma scritta "ad substantiam" debba ritenersi osservata anche quando il consenso si formi in base a atti scritti successivi atteggiatisi come proposta e accettazione tra assenti.
Infine, la Suprema Corte ha anche respinto l'azione di arricchimento senza causa, valutato come infondato per l'assenza di indicazione specifica da parte dei ricorrenti della utilitas fruita dall'amministrazione comunale, oltre che per la mancata esibizione degli elaborati progettuali di riferimento.
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