Abusi edilizi e ante '67: nuovo intervento del Consiglio di Stato
Consiglio di Stato: "a fronte di immobili sforniti di titolo abilitativo, l’ordine di demolizione è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione aggiuntiva"
Chi opera a vario titolo nel mondo delle costruzioni sa bene che la normativa ha un testo unico che si intreccia con leggi speciali, altri provvedimenti e ipotesi di costruzioni risalenti ad epoche in cui non era necessario alcun titolo edilizio.
Abusi edilizi e ante '67: la sentenza del Consiglio di Stato
La conseguenza è che spesso non risulta immediato comprendere se un intervento o una manufatto siano da considerarsi legittimi o se invece siamo in presenza di una difformità edilizia che sfocia nel concetto di abuso (con tutte le conseguenze che derivano). Alcuni argomenti, in particolare, sono oggetto di continue sentenze dei tribunali di ogni ordine e grado che negli anni sono riuscite a colmare alcuni vuoti normativi. Per altri si è ancora di attesa di una nuova bussola (a riforma del d.P.R. n. 380/2001, Testo Unico Edilizia).
È il caso della Sentenza del Consiglio di Stato 9 giugno 2022, n. 4722 che ci consente di approfondire il tema degli abusi edilizi legato alla prova del cosiddetto ante '67. Nel caso di specie, ad arrivare in secondo grado è il ricorso per l'annullamento di una decisione del TAR che aveva confermato l'ordine emesso per la demolizione di una tettoria ritenuta abusiva.
Abusi edilizi e ante '67: i motivi del ricorso
In secondo grado il ricorso si è basato su 3 motivazioni:
- il TAR non avrebbe considerato le prove documentali relative alla data di realizzazione della tettoia che sarebbe avvenuta ante 1967;
- stante il lungo lasso di tempo intercorrente tra l’epoca della presumibile realizzazione dell’abuso e il provvedimento sanzionatorio, il Comune avrebbe dovuto prendere in considerazione il legittimo affidamento del privato;
- a fronte di risapute situazioni identiche, la P.A. è intervenuta in modo repressivo e sanzionatorio per una sola di esse e nulla eccependo per le altre.
Abusi edilizi e ante '67: la prova documentale
Relativamente alla prima motivazione, il Consiglio di Stato ha confermato l'operato del TAR che ha preso in considerazione le prove documentali:
- del ricorrente, basate su dichiarazioni vaghe di terzi soggetti;
- della pubblica amministrazione, mediante aerofotogrammetria in cui era evidente l’inesistenza dell’intera tettoia nel 1975.
Il Consiglio di Stato conferma che "Non risulta che l’appellante abbia contestato tale risultanza oggettiva o l’abbia confutata con alcun altro elemento, se non con una testimonianza generica che è poi contraddetta per tabulas. Da qui l’irrilevanza delle prove testimoniali, come già accertato dal TAR".
Abusi edilizi e ante '67: il tempo trascorso
Sulla seconda motivazione del ricorso, in ragione della conclamata abusività del manufatto, esiste una consolidata giurisprudenza per la quale, a fronte di immobili sforniti di titolo abilitativo, l’ordine di demolizione è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi.
Come stabilito dallo stesso Consiglio di Stato in Adunanza plenaria, la mera inerzia da parte dell’amministrazione nell’esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l’edificazione sine titulo) è sin dall’origine illegittimo e, allo stesso modo, tale inerzia non può certamente radicare un affidamento di carattere ‘legittimo’ in capo al proprietario dell’abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata.
Abusi edilizi e ante '67: il dovere demolitorio
Relativamente all'ultima censura relativa alla disparità di trattamento per casi analoghi come questo, il Consiglio di Stato rileva che il ricorrente non ha integrato tale critica con alcun elemento ulteriore che potrebbe essere concretamente affrontato, se non con una generica affermazione sul principio costituzionale di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione nel caso dei procedimenti sanzionatori in materia di edilizia.
I giudici di Palazzo Spada rilevano la natura vincolata degli atti repressori nel settore dell’edilizia, che la mancata adozione di ulteriori misure repressive nei confronti di vicini non comporta la legittimazione dell’analogo abuso edilizio del ricorrente, ma può generare – sotto altro profilo e titolo – l’insorgere di responsabilità in capo ai dirigenti, qualora abbiano omesso l’adozione dei provvedimenti ripristinatori e sanzionatori (nonché il contestuale obbligo di questi ultimi di intervenire anche nei confronti dei vicini con provvedimenti repressivi al fine di assicurare il ripristino della legalità violata).
Un diverso trattamento giuridico di una fattispecie analoga non può comunque essere invocato per estendere in proprio favore posizioni illegittime precedentemente riconosciute dall’Amministrazione, tenuto conto che, in applicazione del principio di legalità, la legittimità dell'operato dell'amministrazione non può comunque essere inficiata dall'eventuale illegittimità compiuta in altra situazione.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 9 giugno 2022, n. 4722IL NOTIZIOMETRO