Abusi edilizi: la Cassazione sui destinatari dell'ordine di demolizione
L'ordine ha natura oggettiva ed è rivolto a chiunque sia in rapporto qualificato con il bene, anche se non responsabile dell'abuso
Demolizione opere abusive: riguarda anche soggetti non condannati
Il comma 9 dell'art. 31, d.P.R. n. 380 del 2001, stabilisce che «per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all'articolo 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita».
La giurisprudenza penale della Corte di cassazione è univoca nel riconoscere alla demolizione ordinata dal giudice penale la natura di atto dovuto, esplicazione di un potere autonomo e non alternativo a quello dell'autorità amministrativa, con il quale può essere coordinato nella fase di esecuzione un potere che si pone a chiusura del sistema sanzionatorio amministrativo.
L'ordine di demolizione dell'opera abusiva ha natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio e, pertanto, conserva la sua efficacia anche nei confronti dell'erede o dante causa del condannato o di chiunque vanti su di esso un diritto reale o personale di godimento, potendo essere revocato solo nel caso in cui siano emanati, dall'ente pubblico cui è affidato il governo del territorio, provvedimenti amministrativi con esso assolutamente incompatibili.
Al riguardo è stato precisato che:
- l'operatività dell'ordine di demolizione non può essere esclusa dalla alienazione a terzi della proprietà dell'immobile, con la sola conseguenza che l'acquirente potrà rivalersi nei confronti del venditore a seguito dell'avvenuta demolizione;
- l'ordine di demolizione del manufatto abusivo è legittimamente adottato nei confronti del proprietario dell'immobile indipendentemente dall'essere egli stato anche autore dell'abuso, salva la facoltà del medesimo di far valere, sul piano civile, la responsabilità, contrattuale o extracontrattuale, del proprio dante causa;
- l'esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo impartito dal giudice a seguito dell'accertata violazione di norme urbanistiche non è esclusa dall'alienazione del manufatto a terzi, anche se intervenuta anteriormente all'ordine medesimo, atteso che l'esistenza del manufatto abusivo continua ad arrecare pregiudizio all'ambiente.
Ciò sul rilievo che l'ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito dal giudice ai sensi dell'art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380/2001 con la sentenza di condanna per il reato di costruzione abusiva, ha natura amministrativa, tant'è vero che non si estingue per il decorso del tempo ex art. 173 cod. pen., atteso che quest'ultima disposizione si riferisce esclusivamente alle sole pene principali.
Ne consegue che la estraneità del terzo al processo penale a carico del responsabile dell'abuso non costituisce argomento di per sé convincente: l'ordine di demolizione emesso dal giudice penale può e deve essere eseguito nei confronti di chiunque si trovi in un rapporto qualificato con la res da demolire, non esistendo ragione alcuna per affermare il contrario. Bisognerebbe altrimenti spiegare perché l'ingiunzione emessa dall'autorità amministrativa debba essere notificata al proprietario non responsabile dell'abuso e non altrettanto possa fare il pubblico ministero che ponga in esecuzione l'ordine impartito con la sentenza di condanna.
L’art. 31, comma 9 per altro non fa riferimento ad un ordine specificamente diretto al condannato, bensì ad un ordine di natura oggettiva, rivolto a chiunque sia in rapporto qualificato con il bene, anche se non responsabile dell'abuso. La natura e la funzione dell'ordine (sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio) escludono che possa aver rilevanza la pregressa partecipazione del terzo al processo all'esito del quale l'ordine è stato emesso, non dovendo essere eseguita una pena.
Va quindi superata la giurisprudenza penale della Corte di cassazione che ritiene illegittima l'ingiunzione a demolire notificata al proprietario non responsabile dell'abuso.
Concludono gli ermellini che l'opinione contraria si pone in evidente contrasto con la lettera della legge (art. 31, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001) e postula l'assurda conseguenza che il proprietario del bene debba subire l'esecuzione dell'ordine di demolizione, notificato al solo condannato, senza nemmeno poter interloquire sulla legittimità dell'ordine stesso o opporre argomenti a favore della sua revoca diversi dalla sua estraneità al reato edilizio.
In conclusione, il ricorso è stato accolto, con annullamento della revoca dell'ingiunizione a demolire ed enunciato il seguente principio di diritto: «in tema di reati edilizi, l'ordine di demolizione ha come destinatario non solo il condannato responsabile dell'abuso ma anche l'attuale proprietario del bene rimasto estraneo al processo penale, salva la facoltà del medesimo di far valere, sul piano civile, la responsabilità, contrattuale o extracontrattuale, del proprio dante causa; la prospettazione che la demolizione potrà essere eseguita d'ufficio a spese e a caríco dell'attuale proprietario del bene non costituisce causa di nullità dell'ingiunzione».
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