Abusi edilizi: la Cassazione sulla revoca dell'ordine di demolizione
La Corte di Cassazione chiarisce la natura dell'ordine di demolizione e quando questo possa essere revocato
Relativamente alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, la Parte I, Titolo IV del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) definisce le responsabilità del titolare del titolo abilitativo, del committente, del costruttore e del direttore dei lavori, nonché anche del progettista e le eventuali sanzioni.
Abusi edilizi e ordine di demolizione
Una volta accertata l'abusività di un'opera edilizia è compito della pubblica amministrazione provvedere alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Il primo atto consequenziale all'accertamento dell'abusività dell'intervento è l'ordine di demolizione.
Sulla "natura" di questo provvedimento amministrativo esiste una copiosa giurisprudenza mediante la quale è stata chiarito che l'ordine di demolizione:
- sorge in virtù di un presupposto di fatto, ossia l’abuso, di cui l'interessato deve essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo;
- non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, non essendo prevista la possibilità di effettuare valutazioni di interesse pubblico relative alla conservazione del bene;
- non necessita da parte del Comune di una valutazione su una sua eventuale sanatoria mediante accertamento di conformità (art. 36 del TUE).
In virtù di questi presupposti ne discende che l'ordine di demolizione ha natura di atto vincolato dal quale la pubblica amministrazione non può esimersi.
Il nuovo intervento della Cassazione
Come scritto, il tema della demolizione degli abusi edilizi è stato oggetto di una copiosa giurisprudenza all'interno della quale occorre inserire la sentenza della Corte di Cassazione n. 46883/2023 resa, appunto, in riferimento alla richiesta di annullamento di una sentenza del Tribunale che in sede esecutiva aveva rigettato l'istanza di revoca o annullamento del provvedimento di ingiunzione all'ordine di demolizione delle opere abusivamente realizzare.
Secondo il ricorrente, l'ordine di demolizione sarebbe illegittimo perché reso in pendenza di un'istanza di sanatoria edilizia presentata ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, sulla quale la pubblica amministrazione era rimasta silente (ricordiamo che vige il silenzio-rifiuto).
La natura dell'ordine di demolizione
La Cassazione ha ricordato preliminarmente che I'ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna:
- ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad una funzione ripristinatoria del bene leso;
- non ha finalità punitive ed ha carattere reale, con effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l'autore dell'abuso, con la conseguenza che non può ricondursi alla nozione convenzionale di "pena" nel senso elaborato dalla giurisprudenza della Corte EDU;
- non è soggetto a prescrizione.
La sanzione demolitoria del manufatto abusivo, prevista dall'art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, è sottratta alla regola del giudicato ed è riesaminabile in fase esecutiva, sicché il giudice dell'esecuzione ha l'obbligo di revocare l'ordine di demolizione del manufatto abusivo impartito con la sentenza di condanna o di patteggiamento, ove sopravvengano atti amministrativi con esso del tutto incompatibili, ed ha, invece, la facoltà di disporne la sospensione quando sia concretamente prevedibile e probabile l'emissione, entro breve tempo, di atti amministrativi incompatibili.
La revoca dell'ordine di demolizione
Per la revoca dell'ordine di demolizione occorre che sussista un'incompatibilità insanabile e non meramente futura o eventuale con i concorrenti provvedimenti della P.A. che abbiano conferito all'immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato la abusività, fermo restando il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di verificare la legittimità e l'efficacia del titolo abilitativo, sotto il profilo del rispetto dei presupposti e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio, la corrispondenza di quanto autorizzato alle opere destinate alla demolizione e, qualora trovino applicazione disposizioni introdotte da leggi regionali, la conformità delle stesse ai principi generali fissati dalla legislazione nazionale.
Il caso di specie
Il caso di specie tratta di opera all'epoca realizzata in assenza di permesso di costruire che l'autorità amministrativa non ha mai sanato. Secondo il ricorrente ci sarebbe stata una presunta inadempienza del Comune rispetto alla sentenza del TAR di annullamento del rigetto della precedente istanza di sanatoria e l'illegittimità dell'ulteriore diniego fondato non già sui parametri urbanistici vigenti nel 2012 bensì su quelli, più restrittivi del 2021, deducendo, in aggiunta, il travisamento della "domanda" del 2021, costituente mera sollecitazione dell'esame di quella precedente.
Secondo la Corte di cassazione, però, l'ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito con sentenza irrevocabile, non può essere revocato o sospeso sulla base della mera pendenza di un ricorso in sede giurisdizionale avverso il rigetto della domanda di condono edilizio.
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 22 giugno 2023, n. 46883IL NOTIZIOMETRO