Abusi edilizi: il Consiglio di Stato sul regime sanzionatorio del d.P.R. n. 380/2001
Le sanzioni, irrogate dalla pubblica amministrazione nell’esercizio di funzioni amministrative, si distinguono in sanzioni in senso lato e sanzioni in senso stretto
Nel caso di inottemperanza ad un ordine di demolizione entro i termini previsti, l'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) definisce una particolare procedura che si conclude con l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dei manufatti e una sanzione amministrativa.
Abusi e sanzioni: interviene il Consiglio di Stato
Se ne parla, insieme a tanti altri argomenti tra cui i presupposti di accesso all'accertamento di conformità, all'interno della Sentenza del Consiglio di Stato 14 aprile 2023, n. 3800 che ci consente di approfondire il tema delle sanzioni edilizie, la loro diversa qualificazione e presupposti.
Il tutto parte dall’accertamento di alcuni abusi edilizi a cui segue un ordine di demolizione, la presentazione di un'istanza di accertamento di conformità, il suo diniego e, infine, il provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale dei manufatti e dell’area con trascrizione del relativo atto.
Il Consiglio di Stato, prima di passare alla qualificazione delle sanzioni edilizie, ha ricordato i contenuti dell'art. 31 del Testo Unico Edilizia, a mente del quale in presenza di accertamento di interventi che richiedono il permesso di costruire eseguiti in sua assenza o in difformità totale o con variazione essenziali:
- il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale «ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso» la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto;
- se il «responsabile dell’abuso» non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi «nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione», il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune (viene specificato che l’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita);
- l’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine previsto, «previa notifica all’interessato», costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente;
- l'autorità competente, constatata l'inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro.
Affinché l'atto acquisitivo sia correttamente prodotto, è necessario che l’ordine di demolizione sia notificato non solo al responsabile dell'abuso ma anche al proprietario che è colui che subisce l’effetto pregiudizievole derivante dalla mancata ottemperanza.
Effetti in giudizio dell'istanza di sanatoria
Altro motivo di ricorso riguarda il fatto che la sentenza di primo grado sarebbe stata emessa senza avere atteso la definizione del giudizio in appello avverso il provvedimento di rigetto della domanda di sanatoria.
Il Consiglio di Stato ha, però, confermato che nessuna norma impone in questi casi di sospendere o rinviare il giudizio, trattandosi solo di una questione di opportunità rimessa alla decisione giudiziale.
Il regime sanzionatorio del Testo Unico Edilizia
In giudizio, il ricorrente ha contestato l’erroneità della sentenza impugnata e l’illegittimità del provvedimento di acquisizione sulla base delle seguenti motivazioni:
- l’ordinanza di demolizione non è stata notificata al proprietario attuale dell’area e tale notificazione era necessaria in quanto l’effetto dell’inadempimento all’ordinanza avrebbe comportato l’acquisizione al patrimonio pubblico dell’area (primo motivo);
- il provvedimento di acquisizione è stato adottato dopo la presentazione della domanda di sanatoria e, pertanto, a quella data la Società era ancora proprietaria dell’area (secondo motivo);
- non sarebbero state indicate le ragioni per le quali il Comune ha deciso di acquisire al proprio patrimonio l’area nonostante l’illecito consistesse in parziali difformità delle opere realizzate (terzo motivo);
- non sarebbe stata indicata l’area di sedime da acquisire (quarto motivo).
Il Consiglio di Stato ha rilevato che le sanzioni irrogate dalla pubblica amministrazione nell’esercizio di funzioni amministrative, si distinguono in sanzioni in senso lato e sanzioni in senso stretto:
- le prime hanno una finalità ripristinatoria, in forma specifica o per equivalente, dell'interesse pubblico leso dal comportamento antigiuridico;
- le seconde hanno una finalità afflittiva, essendo indirizzate a punire il responsabile dell'illecito allo scopo di assicurare obiettivi di prevenzione generale e speciale.
Le principali tipologie di sanzioni in senso stretto sono:
- pecuniarie, quando consistono nel pagamento di una somma di denaro;
- interdittive, quando impediscono l'esercizio di diritti o facoltà da parte del soggetto inadempiente.
Se la sanzione ha natura afflittiva, la stessa deve essere sostanzialmente equiparata, ai fini della disciplina applicabile, ad una vera e propria sanzione penale. La Corte di Strasburgo ha elaborato propri e autonomi criteri al fine di stabilire la natura penale o meno di un illecito e della relativa sanzione.
In particolare, sono stati individuati tre criteri, costituiti:
- dalla qualificazione giuridica dell'illecito nel diritto nazionale, con la puntualizzazione che la stessa non è vincolante quando si accerta la valenza "intrinsecamente penale" della misura;
- dalla natura dell'illecito, desunta dall'ambito di applicazione della norma che lo prevede e dallo scopo perseguito;
- dal grado di severità della sanzione.
La qualificazione di una sanzione come afflittiva comporta l’applicazione delle garanzie convenzionali sostanziali e processuali di cui agli artt. 6 e 7 della Cedu, con i necessari adattamenti.
L'acquisizione a patrimonio comunale
In ordine alla natura della sanzione costituita dalla perdita della proprietà per inottemperanza all’ordine di demolizione si sono formati due diversi orientamenti.
- Un primo orientamento tradizionale sembra assegnare alla sanzione in esame valenza meramente ripristinatoria e non afflittiva. Le conseguenze di questa qualificazione sono le seguenti:
- l’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce effetto automatico dell’omessa ottemperanza all’ingiunzione a demolire;
- il formale provvedimento di acquisizione è funzionale all’immissione nel possesso e alla trascrizione nei registri immobiliari e deve essere preceduto dall’accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione.
- Un secondo orientamento (condiviso dalla Sezione IV del Consiglio di Stato) ritiene che il provvedimento acquisitivo abbia valenza afflittiva, in quanto la sanzione è «indipendente dal valore del bene abusivo da demolire (in funzione ripristinatoria dell’ordine giuridico violato), ma discrezionalmente determinata dall’amministrazione tra un importo minimo e massimo definito dal legislatore».
In particolare, l’acquisizione è disposta quale sanzione per l’edificazione senza titolo da parte del responsabile e quale sanzione per l’inottemperanza all’ordine di ripristino. Ne consegue che deve applicarsi il regime di garanzie proprio delle sanzioni afflittive. In particolare:
- opera il principio di colpevolezza sia pure nella forma attenuta della presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso (art. 3 della legge n. 689 della 1981);
- deve essere assicurato il contraddittorio procedimentale per permettere al proprietario di prospettare eventuali elementi giustificativi della sua inerzia che devono poi essere tenuti in considerazione dall’amministrazione; se non si assicura tale partecipazione, le garanzie del contraddittorio devono essere “recuperate” in sede processuale.
Nell’ambito di tale secondo orientamento si registrano ulteriori due diverse articolazioni ricostruttive:
- una prima ricostruzione ritiene che la natura sanzionatoria afflittiva non comporti necessariamente che venga adottato un provvedimento di acquisizione;
- una seconda ricostruzione ritiene che, sempre in ragione della natura afflittiva della sanzione, la produzione dell’effetto acquisitivo presuppone sempre l’adozione del provvedimento espresso di acquisizione, che avrebbe natura dichiarativa.
Il caso di specie
Nella fattispecie in esame, a prescindere da quale delle due varianti interpretative si intenda seguire, non si è realizzato l’effetto acquisitivo. Il Comune non ha assicurato il rispetto delle regole del contraddittorio procedimentale e deve, pertanto, considerarsi quanto affermato dal ricorrente nel corso del processo.
L'appellante ha fatto presente nel giudizio che la sua volontà era quella di demolire quanto ritenuto abusivo ma di non averlo potuto fare per le difficoltà che ciò comportava alla luce della peculiarietà degli abusi che si innestavano su immobili regolarmente costruiti negli anni novanta. Inoltre, il ricorrente, essendo subentrato al precedente proprietario, in concreto non aveva avuto conoscenza precisa del momento di scadenza del termine per demolire al fine di evitare la produzione dell’effetto acquisitivo.
Si tratta di elementi idonei a giustificare l’inerzia per il periodo temporale indicato all'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
Non essendosi verificati, pertanto, i presupposti per la produzione automatica dell’effetto sanzionatorio della perdita della proprietà, l'appellante, al momento della presentazione della domanda di accertamento di conformità – a prescindere dal fatto che la stessa non poteva trovare, per come formulata, accoglimento – era ancora proprietaria del bene e dunque legittimata a chiedere tale accertamento.
Sotto altro aspetto, il provvedimento acquisitivo non ha indicato le ragioni puntuali relative all’estensione dell’area da acquisire al patrimonio pubblico.
Accertamento di conformità: presupposti
La sentenza del Consiglio di Stato consente di entrare nel dettaglio dei presupposti di accesso all'istituto dell'accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del Testo Unico Edilizia. La norma dispone che in caso di interventi realizzati in violazione delle norme che prevedono il permesso di costruire o la Scia:
- «il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda» (comma 1);
- «il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, se previsto, del contributo di costruzione in misura doppia»; «nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso» (comma 2);
- «sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata» (comma 3).
La norma prevede due presupposti:
- il primo presupposto è che venga in rilievo un vizio formale e non anche sostanziale - La ragione giustificativa della norma è proprio quella di consentire la sanatoria degli abusi cd. formali e cioè degli interventi che risultino sostanzialmente conformi alla disciplina urbanistica, ma realizzati senza il previo ottenimento del prescritto titolo edilizio. Si evita, così, la demolizione di opere rispettose della disciplina sostanziale sull’utilizzo del territorio;
- il secondo presupposto è che si rispetti la regola della cd. doppia conformità: è necessario che le opere realizzate siano consentite alla stregua non solo della disciplina urbanistica vigente al momento della domanda di sanatoria, ma anche di quella in vigore all’epoca di esecuzione degli abusi.
Nel caso di specie, il ricorrente ha presentato una domanda di accertamento di conformità che aveva la finalità di “rimuovere” gli effetti illeciti di cui all’ordinanza di demolizione. Ed in questa prospettiva si giustifica anche la previsione di nuovi interventi edilizi.
Tale finalità non rientra, però, tra quelle che la legge assegna all’accertamento di conformità, che, come esposto, presuppone la sola verifica della conformità degli interventi edilizi agli strumenti urbanistici vigenti al momento della loro realizzazione e al momento della presentazione della domanda.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 14 aprile 2023, n. 3800IL NOTIZIOMETRO