Abusi edilizi e innalzamento sottotetto: quando è sanabile
La trasformazione di un sottotetto in unità abitativa è lecita? Dipende dai casi, come spiega il Consiglio di Stato
L’innalzamento del sottotetto e la sua trasformazione in locali abitativi è possibile oppure si configura un abuso edilizio? Dipende dalla destinazione d’uso consentita, come dimostra la sentenza n. 7311/2021 del Consiglio di Stato.
Innalzamento sottotetto e destinazione d’uso: la sentenza del Consiglio di Stato
Questa volta, i giudici di Palazzo Spada sono entrati nel merito di una vicenda che ha origine ben 50 anni fa, riguardante un sottotetto innalzato su un edificio come variante d’opera autorizzata dal Comune con destinazione a stenditoio e volume tecnico. Tale sottotetto era stato poi acquistato dal proprietario del piano inferiore e nell’ambito della procedura d’acquisto era stato evidenziato che la destinazione d’uso del sottotetto avrebbe potuto essere sanata ai sensi dell’art. 40, comma 6, della legge n. 47/1985 (cd. “Primo condono edilizio”) chiedendo la sanatoria entro 120 giorni dal decreto di trasferimento.
Il proprietario invece ha presentato l’istanza di sanatoria solo nel 2015, ai sensi dell’art. 208 della legge della Regione Toscana n. 65/2014, ma il Consiglio Comunale nel merito ha dichiarato:
- l’insussistenza dell’interesse pubblico al ripristino della legalità urbanistica violata;
- la necessità di presentare un certificato di idoneità statica, secondo quanto previsto dal citato art. 208, quantificando la sanzione sostituiva in € 30.000 euro.
Il proprietario non ha acconsentito, per cui l’Amministrazione ha ordinato il ripristino dei locali a stenditoio in qualità di volume tecnico.
Dopo che il TAR Toscana, con la sentenza n. 1624/2018 ha confermato l’ordinanza di demolizione, il proprietario ha quindi presentato appello al Consiglio di Stato.
Innalzamento sottotetto e indici di fabbricabilità
Palazzo Spada ha fatto quindi notare che il Comune aveva autorizzato soltanto la rimodulazione della sagoma del tetto e la sua elevazione in altezza con lo scopo di predisporre un volume tecnico, ad uso stenditoio, la cui cubatura aggiuntiva non avrebbe dovuto essere conteggiata ai fini del rispetto degli indici di fabbricabilità. Di conseguenza, l’abuso edilizio commesso è sostanziale: i locali sottotetto, se considerati a civile abitazione, sviluppano una cubatura aggiuntiva rispetto a quella originariamente autorizzata per l’edificio condominiale e determinano il superamento degli indici di fabbricabilità.
Non solo: dopo aver mancato l’opportunità di sanatoria con il primo condono edilizio, il proprietario avrebbe potuto usufruire della possibilità offerta dalla legge regionale n. 65/2014 con il pagamento della sanzione sostitutiva, ma non avendo nemmeno utilizzato questa possibilità, l’unico provvedimento possibile da parte del Comune corrisponde alla sanzione demolitoria, per un abuso che non ha mai smesso di essere tale.
Consiglio di Stato: il tempo non cancella un abuso
A questo proposito, il Consiglio ha ricordato che "la mera inerzia da parte dell’amministrazione nell’esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l’edificazione sine titulo) è sin dall’origine illegittimo".
Se pertanto il decorso del tempo non può incidere sull’ineludibile doverosità degli atti volti a perseguire l’illecito attraverso l’adozione della relativa sanzione, "deve conseguentemente essere escluso che l’ordinanza di demolizione di un immobile abusivo debba essere motivata sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata". L’ordine di demolizione deve essere adeguatamente motivato con il richiamo al comprovato carattere abusivo dell’intervento, senza che si impongano sul punto ulteriori oneri motivazionali.
Sottotetto è sanabile se si tratta di nuovo intervento ed è già pertinenza dell'immobile
Per altro, la legge regionale della Toscana n. 5/2010 consente il recupero ai fini abitativi dei sottotetti, ma per i soli interventi di recupero ancora da attuare e solo per i locali che siano già di pertinenza dell’unità abitativa principale esistente, senza la possibilità di creare nuove abitazioni distinte: non si tratta del caso in esame, dove l’intervento era già stato effettuato e quindi risultava abusivo, per cui il Consiglio di Stato ha respinto l’appello in ogni sua parte.
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