Abusi edilizi: no del Consiglio di Stato a nuovi lavori eseguiti su opere non sanate

Non è ammessa la prosecuzione di lavori non autorizzati a completamento di opere che, fino ad eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive

di Redazione tecnica - 05/07/2024

In presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (anche se in astratto riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o del risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche), ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente.

Ne deriva che non si può ammettere la prosecuzione di lavori non autorizzati a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo per l’Amministrazione di ordinarne la demolizione.

Nuovi abusi edilizi su opere non sanate: si ripete l'illegittimità dell'opera principale

A ribadire l’illegittimità di interventi successivi, eseguiti su opere non sanate, è il Consiglio di Stato con la sentenza del 24 giugno 2024, n. 5551, con la quale ha respinto l’appello del proprietario di un immobile oggetto di numerosi lavori eseguiti in difformità e sul quale ha presentato tre diverse domande di permesso di costruire in sanatoria, tutte respinte, con conseguente ordine di demolizione.

Tra i lavori eseguiti nell’arco di una decina d’anni:

  • la realizzazione di un vano al rustico di altezza superiore a quanto consentito nel piano interrato;
  • la realizzazione di un abbaino al piano sottotetto;
  • la modifica dell’imposta del tetto sempre nel sottotetto, per un’altezza più elevata di quanto previsto dal progetto approvato;
  • la realizzazione di locali accessori sempre nel piano sottotetto.

Secondo il Comune, gli interventi realizzati erano in contrasto con il Piano di Recupero, che stabiliva per lavori di demolizione e ricostruzione  il mantenimento della stessa sagoma e volumetria dell’edificio; per altro, gli interventi di trasformazione del sottotetto si inserivano su precedenti interventi pure abusivi, mai sanati, e quindi non suscettibili di accertamento di conformità.

Già in primo grado il TAR aveva riconosciuto una violazione delle altezze massime consentite nei casi di ristrutturazione o nuova costruzione, con derivante impossibilità di procedere con l’accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), dato che la normativa allora vigente richiedeva che la ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione venisse effettuata con identica sagoma, volume e caratteristiche materiali.

Inoltre, in presenza di manufatti abusivi non condonati né sanati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale, alla quale ineriscono strutturalmente.

Sanatoria edilizia: niente permesso senza doppia conformità

Si tratta di tesi che Palazzo Spada ha confermato in appello:

  • il regolamento comunale consentiva modifiche “non sostanziali”, per interventi di demolizione e ricostruzione, osservoandosi che l’altezza massima dell’edificio è certamente un parametro essenziale, quindi, non modificabile;
  • nessuna sussistenza si può rinvenire della doppia conformità dell’intervento allo strumento urbanistico vigente all’epoca della realizzazione delle opere e a quello vigente alla data della presentazione della relativa domanda;
  • non si prefigura nessuna possibilità di ottenere il permesso di costruire in sanatoria per opere successivamente realizzate: la richiesta infatti riguarda un immobile già oggetto di interventi abusivi non sanati e pertanto gli interventi ulteriori ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale.

In particolare, gli interventi eseguiti dall’appellante oltretutto non risultano conformi alla disciplina urbanistica edilizia vigente sia al momento della realizzazione degli stessi, sia al momento della presentazione della domanda, ai sensi dell’art. 36, comma 1 del d.P.R. n. 380/2001, in quanto:

  • in contrasto con il Piano di Recupero allora vigente sulle modifiche alla volumetria e alla sagoma degli immobili;
  • l’intervento non è inquadrabile nella tipologia della manutenzione straordinaria, ma trattasi di un intervento di ristrutturazione edilizia (art.3, comma 1, lett. d), e non lett. b), del Testo Unico Edilizia), con rilevanza urbanistica (incidenza sugli standard urbanistici) e in violazione dei requisiti igienico sanitari.

Infine, nel respingere l'appello, i giudici di Palazzo Spada hanno ricordato che, in considerazione del fatto che le opere edilizie realizzate riguardano un immobile già oggetto di interventi abusivi non sanati, va fatta applicazione del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (sia pure laddove in astratto riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o del risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche), ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione”.

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