Abusi edilizi: occhio ai raster di Google Earth
Sulla valutazione di un abuso edilizio conta la data di realizzazione dell’intervento per la quale il Consiglio di Stato conferma la rilevanza a fini probatori delle risultanze di Google Earth
Google Earth: è utilizzabile per la prova dell’abuso?
Relativamente al primo punto, secondo il ricorrente il primo giudice avrebbe erroneamente ritenuto che i “raster” di Google costituiscano idonea prova dell’epoca di realizzazione dell’abuso e che tale circostanza sarebbe sufficiente a legittimare l’omissione della garanzia procedimentale di cui all’art. 7 della Legge. n. 241/1990. Il ricorrente, infatti, ha lamentato la contraddittorietà della sentenza impugnata che, pur riconoscendo che i rilievi estratti da “Google earth” (i raster) non hanno carattere certificato e non possono, quindi, costituire prova certa dell’abuso ha, tuttavia, assegnato ad essi un valore indiziario pregnante, tale da legittimare anche l’omissione della garanzia procedimentale.
I giudici di Palazzo Spada hanno preliminarmente ricordato che l’onere di fornire la prova dell’epoca di realizzazione di un abuso edilizio incombe sull’interessato e che la rilevanza a fini probatori delle risultanze di Google Earth è stata riconosciuta sia dalla giurisprudenza amministrativa che da quella penale, trattandosi di prove documentali che rappresentano fatti, persone o cose.
Nel caso di specie, la valenza quanto meno indiziaria dei rilievi fotografici in questione risulta corroborata, oltre che dalla certezza circa l’epoca di acquisizione delle immagini visualizzate, anche dalle visure catastali, allegate alla relazione tecnica e richiamate nell’ordinanza impugnata. Queste ultime confermano, in particolare, che l’immobile ha subito nel corso degli anni, per effetto di continui interventi edilizi non autorizzati, una variazione in termini di superficie, classamento e consistenza.
A fronte delle evidenze istruttorie sopra richiamate, l’appellante si è limitato a contestare genericamente l’attendibilità delle rilevazioni fotografiche e a lamentare la violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, invocando la propria buona fede per aver acquistato l’immobile nello stato di fatto attuale.
Il Consiglio di Stato ha, inoltre, ricordato che:
- l’ordine di demolizione è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi;
- la natura ripristinatoria (e non anche sanzionatoria) dell’ordine di demolizione e l’impossibilità di configurare in favore dell’attuale proprietario un affidamento tutelabile alla conservazione dello stato di fatto esistente non consentono di assegnare rilievo né alla condizione di buona fede in cui lo stesso eventualmente versi né al tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso;
- costituisce jus receptum il principio secondo cui «l’attività di repressione degli abusi edilizi, mediante l’ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, ai sensi dell’art. 7 l. n. 241/1990, considerando che la partecipazione del privato al procedimento comunque non potrebbe determinare alcun esito diverso».
Quest’ultimo principio potrebbe conoscere un’attenuazione, se non un correttivo, nei casi di abuso (non per assenza del permesso ma) per totale difformità (dal medesimo) ovvero per variazione essenziale ove fosse controverso e controvertibile - in punto di fatto - l’entità della variazione, ma non nel caso di variazione evidente e vistosa poiché in tal caso opera il meccanismo di cui all’art. 21-octies, comma 2, primo alinea, della Legge n. 241/1990 secondo il quale “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Tali considerazioni sono state integralmente applicate dal giudice di prime cure che ha tenuto conto dell’entità dell’abuso, consistente nella totale trasformazione dell’immobile, con incremento di volume, modifica di sagoma e prospetto, in area assoggettata a plurimi vincoli sul piano ambientale, paesaggistico, sismico e idrogeologico.
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