Abusi edilizi: l'ordine di demolizione non si estingue mai
Cassazione: "l'ordine di demolizione del manufatto abusivo non è estinto dalla morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilità della sentenza"
Tra normativa ordinaria e speciale, regolamentazioni regionali e vincoli esistenti e/o sopraggiunti, parlare di abusi, sanatoria e condono edilizio (spesso confusi tra loro), ordine demolizione e sanzione alternativa non è mai semplice. Le discussioni su questi temi sono spesso frutto di posizioni di parte oltre che di mancata conoscenza approfondite delle norme, con la conseguenza che il lavoro dei Tribunali è spesso concentrato sulle medesime argomentazioni su cui sono stati già forniti degli orientamenti pacifici e immutabili.
Abusi edilizi e ordine di demolizione: nuovo intervento della Cassazione penale
È il primo pensiero che dovrebbe essere formulato leggendo i contenuti della Sentenza della Corte di Cassazione 18 gennaio 2023, n. 1668 che consente di consolidare alcuni concetti pacifici che riguardano le possibilità di "gestazione" di alcune tipologie di abuso edilizio oltre che della natura stessa dell'ordine di demolizione emesso dal giudice dell'esecuzione.
Nel caso di specie veniva contestato un ordine di demolizione attingendo alle seguenti motivazioni (che abbiamo letto in tantissime sentenze):
- in primo luogo veniva contestato che la condanna penale era intervenuta nei confronti del soggetto reo dell'abuso, deceduto, ma la procedura esecutiva era stata emessa nei confronti degli eredi del responsabile dell'abuso stesso;
- in secondo luogo, secondo la parte ricorrente, sussisteva incompatibilità tra la situazione del manufatto e l'ordine di demolizione, ancorché l'Amministrazione comunale avesse infine disatteso la richiesta di sanatoria (l'immobile sarebbe stato edificato in un periodo in cui non esistevano vincoli, per questo il TAR aveva accolto la domanda di tutela cautelare nell'attesa di chiarimento circa il regime edificatorio, mentre il Giudice dell'esecuzione non aveva richiesto i dovuti elementi chiarificatori all'ente pubblico locale, ed erano state ignorate le richieste di attuazione di percorsi alternativi alla demolizione);
- il consulente di parte aveva accertato che il manufatto era stato oggetto di trasformazione in aderenza, per cui l'abbattimento del fabbricato avrebbe provocato danni alle costruzioni contigue (per questo era stata richiesta l'applicazione della sanzione alternativa alla demolizione ai sensi dell'art. 34, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380);
- non vi era stata notificazione dell'ingiunzione a demolire nei confronti di uno dei comproprietari del manufatto;
- vi sarebbe una sproporzione tra l'ordine di demolizione e lo scopo perseguito dal legislatore nella materia urbanistica, dal momento che il giudice dell'esecuzione non avrebbe tenuto conto delle situazioni di salute di un residente, la presenza di quattro figli minori e la materiale impossibilità economica di acquistare ovvero di assumere in locazione un altro immobile;
- il lasso di tempo intercorso tra la data d'irrevocabilità della sentenza e la data dei provvedimenti con i quali era stata ordinata la demolizione, dal quale (a detta del ricorrente) dovrebbe emergere una forma di legittimo affidamento del privato circa la legittimità dell'opera e il disinteresse dell'Amministrazione all'abbattimento del fabbricato.
Tutte motivazioni che è possibile leggere in tantissime altre sentenze della Cassazione e che per questo possono lasciare immaginare la risposta di questo nuovo intervento.
La natura dell'ordine di demolizione
Per prima cosa, i giudici della Suprema Corte hanno ricordato la natura dell'ordine di demolizione disposto con la sentenza di condanna per reato edilizio. Un provvedimento che non può essere estinto dalla morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilità della sentenza, non avendo natura penale ma di sanzione amministrativa accessoria.
L'ordine di demolizione dell'opera abusiva, infatti, avendo natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio, conserva la sua efficacia anche nei confronti dell'erede o dante causa del condannato o di chiunque vanti su di esso un diritto reale o personale di godimento, potendo essere revocato solo nel caso in cui siano emanati, dall'ente pubblico cui è affidato il governo del territorio, provvedimenti amministrativi con esso assolutamente incompatibili.
L'esecuzione di tale ordine, impartito dal giudice a seguito dell'accertata edificazione in violazione di norme urbanistiche, non è escluso altresì dall'alienazione del manufatto abusivo a terzi, anche se intervenuta anteriormente all'ordine medesimo. L'ordine di demolizione, avendo carattere reale, ricade direttamente sul soggetto che è in rapporto con il bene a prescindere dagli atti traslativi intercorsi, con la sola conseguenza che l'acquirente, se estraneo all'abuso, potrà rivalersi nei confronti del venditore a seguito dell'avvenuta demolizione.
L'orientamento pacifico
Secondo un orientamento pacifico della giurisprudenza di ogni ordine e grado di giudizio, l'ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad una funzione ripristinatoria del bene leso, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, con effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l'autore dell'abuso, con la conseguenza che non può ricondursi alla nozione convenzionale di "pena" nel senso elaborato dalla giurisprudenza della Corte EDU.
La ratio del provvedimento demolitorio non è sanzionare ulteriormente (rispetto alla pena irrogata) l'autore dell'illecito, ma quella di eliminare le conseguenze dannose della condotta medesima, rimuovendo così la lesione del territorio verificatasi e ripristinando quell'equilibrio urbanistico-edilizio che i vari enti preposti, ciascuno per la propria competenza, hanno voluto stabilire, al punto che tale ordine, quando imposto dall'Autorità giudiziaria in uno con la sentenza di condanna, non si pone in rapporto alternativo con l'omologo ordine emesso dall'Autorità amministrativa, ferma restando la necessità di un coordinamento tra le due disposizioni in sede esecutiva.
Né, ovviamente, rileva che nell'ordine di demolizione sia conferito al Comune l'incarico per l'esecuzione dell'incombente. Invero l'ordine di demolizione previsto dall'art. 31, ultimo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001 costituisce atto dovuto, espressivo di un potere autonomo e non meramente suppletivo del giudice penale. Esso pertanto, ferma restando l'esigenza di coordinamento in fase esecutiva, non si pone in rapporto alternativo con l'ordine omologo impartito dalla Pubblica Amministrazione.
In tal senso deve così considerarsi legittimo il provvedimento con cui il Pubblico ministero, in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna per reato edilizio, affidi l'intervento demolitorio del manufatto abusivo all'Amministrazione comunale, non comportando ciò la violazione degli artt. 61 e 62 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e della relativa Convenzione ministeriale 15 dicembre 2005, in quanto detto affidamento integra una mera richiesta di collaborazione e non una delega ad un organo terzo nell'esecuzione dell'ordine di demolizione.
L'apposizione dei vincoli
Relativamente all'apposizione successiva dei vincoli e all'impossibilità di ottenere una sanatoria o un condono degli abusi, secondo i giudici di Cassazione il provvedimento del giudice dell'esecuzione avrebbe preso atto della non prevedibilità (quantomeno in tempi ragionevolmente brevi) dell'emanazione di provvedimenti amministrativi incompatibili con l'ordine giudiziale di demolizione.
È, infatti, nozione comune che l'ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna è suscettibile di revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all'immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l'abusività (fermo restando il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di verificare la legittimità dell'atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio).
La sanzione alternativa
Relativamente all'applicazione della sanzione alternativa alla demolizione prevista all'art. 34, comma 2 del d.P.R. n. 380/2001:
- per un verso detta disciplina trova applicazione, in via esclusiva, per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, e non equivale ad una "sanatoria" dell'abuso edilizio, in quanto non integra una regolarizzazione dell'illecito e non autorizza il completamento delle opere realizzate;
- per altro verso, nel caso di specie, parte ricorrente non avrebbe fornito alcun elemento per ritenere l'applicabilità in specie di siffatta eccezionale ipotesi (sì che il silenzio dell'ordinanza non rileva, trattandosi di questione, in tal senso proposta, inammissibile ab origine).
Quanto al paventato rischio di incidere sulle proprietà circostanti, la Cassazione ha già avuto modo di rilevare che, con riferimento ad ipotesi di sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione del manufatto abusivo, l'impossibilità tecnica di provvedervi non rileva come motivo di revoca del beneficio solo se non dipenda da causa imputabile al condannato.
La notificazione dell'ordine di demolizione
In relazione poi alla pretesa mancata notificazione dell'ordine di demolizione alla comproprietaria e coerede dell'immobile, la Corte di Cassazione ha più volte affermato che, in tema di esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo, il responsabile dell'abuso, destinatario del provvedimento, non è portatore di un interesse giuridicamente rilevante a dedurre la nullità derivate dalla mancata notifica dello stesso al proprietario del bene, non determinando tale omissione alcuna limitazione al suo diritto di interloquire nel procedimento di esecuzione per far valere le eccezioni difensive relative alla sua posizione.
Documenti Allegati
SentenzaIL NOTIZIOMETRO