Abusi edilizi: quando, come e perché demolire?
La Corte di Cassazione chiarisce il funzionamento della procedura di demolizione di opere abusive a seguito di sentenza di condanna e i limiti della richiesta di revoca o sospensione
A chi spetta l'esecuzione della demolizione di opere abusive a seguito di ordinanza emessa dal giudice dell'esecuzione? È possibile ottenere la revoca o sospensione dell'ordinanza? È possibile bloccare la demolizione basandosi sull'affidamento dei lavori senza una gara pubblica? Come funziona il principio di proporzionalità in tema di reati edilizi? Il tempo decorso tra la realizzazione dell'abuso e l'ordinanza corrisponde ad una sanatoria implicita o ad un legittimo affidamento al privato?
Abusi edilizi e ordine di demolizione: la decisione della Cassazione
Sono tutte domande interessanti che come sempre dovrebbero trovare risposta all'interno del sistema di regole che norma l'attività edilizia ma che come spesso accade producono fiumi di giurisprudenza utile a dare risposte ai casi specifici ma sulle quali è ormai possibile trarne principi consolidati.
È quello che accade con la Sentenza della Corte di Cassazione 22 febbraio 2023, n. 7637 che ci consente di approfondire un classico dell'edilizia: la richiesta di revoca o sospensione dell'ordinanza di demolizione.
Nel caso oggetto del nuovo intervento della Suprema Corte siamo di fronte ad una sentenza di condanna passata in giudicato con la quale si ordina la demolizione di un abuso. Per comprenderne correttamente la portata è utile riepilogare la vicenda:
- ad aprile 1197 viene emessa sentenza di condanna per la costruzione di un immobile senza titoli edilizi;
- a dicembre 1999 viene emessa un ordinanza di demolizione dal giudice dell'esecuzione;
- a febbraio 2020 il Pubblico Ministero incarica il provveditorato delle opere pubbliche per la demolizione dell'abuso edilizio;
- non essendo stata eseguita la demolizione nei tempi previsti, la Procura della Repubblica incarica il Comune di procedere mediante richiesta di accesso ai fondi messi a disposizione da Cassa Depositi e prestiti.
Il ricorso
Con l'ordinanza del 2022 il giudice dell'esecuzione rigetta l'istanza di revoca o sospensione dell'ordine di demolizione emesso dalla Procura della Repubblica in esecuzione della sentenza del 1997, divenuta irrevocabile nel 2007.
I motivi del ricorso sono basati sui seguenti rilievi:
- considerato che il PM ha incaricato il Comune e non il provveditorato, il ricorrente avrebbe invocato la sussistenza del bis in idem (principio per il quale non si può essere assolti o condannati due volte per lo stesso reato) rispetto alla decisione del giudice dell'esecuzione;
- violazione del Codice dei contratti per aver incaricato una ditta per la demolizione tramite trattativa privata e senza aver esperito le normali procedure di gara;
- mancata nomina del responsabile del procedimento (RUP);
- omessa valutazione della proporzionalità della demolizione;
- tempo trascorso per la demolizione (25 anni).
Demolizione abuso edilizio: chi se ne occupa
Relativamente al primo punto, la Cassazione ha confermato che non essendo stata eseguita la demolizione dal Provveditorato delle Opere Pubbliche, come disposto dal giudice dell'esecuzione, ben poteva la Procura della Repubblica, attesa l'inerzia, procedere nelle forme di legge.
Il principio del ne bis in idem non può essere invocato quando non si tratta di eliminare uno dei provvedimenti emessi dal giudice dell'esecuzione ma, piuttosto, come nel caso in esame, di determinare modalità di esecuzione del provvedimento giudiziario diverse da quelle fissate in un primo momento dal giudice dell'esecuzione.
Violazione del Codice dei contratti
Per quanto riguarda l'eventuale violazione delle procedure di affidamento previste dal Codice dei contratti, la Cassazione ha conferma che non esiste alcun interesse concreto del ricorrente ad impugnare la procedura di affidamento dell'intervento demolitorio posta in essere dalla Procura della Repubblica.
Il conferimento dei lavori di demolizione ad una ditta mediante affidamento diretto senza previo esperimento di una procedura di gara non farebbe venir meno né l'ordine di demolizione né il relativo obbligo imposto dalla sentenza passata in giudicato.
Il pregiudizio deriva, infatti, esclusivamente dall'ordine di demolizione la cui validità e obbligatorietà non è determinata dalle vicende della procedura esecutiva e dalle modalità dell'affidamento dei lavori.
La Cassazione ha, dunque, confermato la carenza di legittimazione ad agire rispetto all'affidamento dell'incarico, rispetto al quale il ricorrente, destinatario dell'ordine di demolizione non eseguito spontaneamente in proprio, pur avendone la possibilità, non è una contro-interessata.
L'interesse ad agire contro l'affidamento diretto dei lavori potrebbe al più riconoscersi alle imprese concorrenti eventualmente pregiudicate dalla pretermissione della gara pubblica.
Nomina del RUP
Insussistente è anche l'interesse ad agire contro la mancata nomina del responsabile unico del procedimento che non invaliderebbe comunque la procedura demolitoria.
Secondo una costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, in caso di mancata nomina espressa, il RUP deve intendersi individuato nel dirigente o funzionario responsabile dell'ufficio.
Proporzionalità della demolizione
Relativamente all'invocata richiesta di valutazione della proporzionalità dell'ordinanza di demolizione, la Cassazione ha ritenuto corretta la decisione di rigetto dell'istanza di revoca dell'ingiunzione a demolire un immobile abusivo, rilevando che i ricorrenti:
- avevano commesso numerose contravvenzioni urbanistiche e paesaggistiche e più delitti di violazione dei sigilli;
- avrebbero potuto avvalersi di plurimi rimedi per la tutela in giudizio delle proprie ragioni;
- avevano comunque beneficiato di un congruo tempo per individuare altre situazioni abitative;
- non avevano indicato specifiche esigenze che giustificassero il rinvio dell'esecuzione dell'ordine di demolizione onde evitare la compromissione di altri diritti fondamentali.
Inoltre, il giudice dell'esecuzione ha messo in evidenza il lungo lasso di tempo trascorso dalla condanna (25 anni), senza che il ricorrente abbia intrapreso iniziative per reperire una sistemazione alternativa.
Il tempo non sana l'abuso
Sull'ultimo rilievo, infine, esiste una copiosa giurisprudenza per cui il tempo trascorso tra la realizzazione dell'abuso, l'ordinanza di demolizione e l'esecuzione della stessa è assolutamente irrilevante.
A far data del passaggio in giudicato della sentenza il ricorrente è a conoscenza di aver realizzato un immobile abusivo destinato alla demolizione. L'unica prospettiva individuabile resta solo la demolizione.
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 22 febbraio 2023, n. 7637IL NOTIZIOMETRO