Abusi edilizi e vincoli: niente condono di nuove costruzioni
Il TAR chiarisce che non è possibile ottenere la sanatoria edilizia, ai sensi del terzo condono, di nuove costruzioni in zona con vincolo assoluto o relativo
Parlare di abusi e sanatoria edilizia non è mai semplice. In Italia bisogna prendere in considerazione non solo la normativa edilizia di cui al d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) ma anche una serie interminabile di provvedimenti risalenti nel tempo , soprattutto, le tre leggi che hanno consentito un regime speciale per l'ottenimento del condono edilizio.
Abusi e condono edilizio
Sto parlando delle tre leggi:
- Legge 28 febbraio 1985, n. 47;
- Legge 23 dicembre 1994, n. 724;
- Legge 24 novembre 2003, n. 326 di conversione del Decreto-Legge 30 settembre 2003, n. 269.
E molte delle istanze presentate sono ancora nascoste in molti cassetti della pubblica amministrazione con la conseguenze che eventuali effetti di dinieghi portano strascichi che arrivano ai nostri giorni.
Abusi edilizi e vincoli: la sentenza del TAR Lazio
È il caso della Sentenza del TAR Lazio 25 ottobre 2021, n. 10909 che ci consente di approfondire l'annosa questione del terzo condono in area sottoposta a vincolo. Una problematica tornate prepotentemente alla ribalta nella Regione Siciliana con la pubblicazione della Legge Regionale 29 luglio 2021, n. 19 recante “Modifiche alla legge regionale 10 agosto 2016, n. 16 in materia di compatibilità delle costruzioni realizzate in aree sottoposte a vincolo”. Una legge prontamente impugnata dal Governo nazionale perché violerebbe il principio sancito dalla Costituzione (art. 117) eccedendo dalle competenze statutarie della Regione Siciliana in quanto introduce, con una norma di interpretazione autentica, una estensione dei limiti applicativi del terzo condono, consentendo il rilascio del titolo in sanatoria anche in presenza di vincoli relativi, in contrasto con quanto stabilito dall'art. 32, comma 27, del citato D.L. n. 269/2003, le cui previsioni non risultano derogabili da parte delle Regioni, anche ad autonomia speciale, secondo quanto chiarito anche dalla Corte costituzionale.
Nel caso sottoposto ai giudici di primo grado finisce il diniego di condono edilizio per un ampliamento e una nuova costruzione realizzati in area sottoposta a vincolo.
I motivi del ricorso
Secondo il ricorrente, però, il vincolo sarebbe stato apposto dopo la realizzazione dell’abuso, trovando così applicazione l’art. 32, comma 25 del D.L. n. 269/03. Stessa cosa per il vincolo paesaggistico per il quale il ricorrente avrebbe presentato alla Regione domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica, con conseguente preclusione alla formalizzazione del diniego (in pendenza del relativo procedimento).
Il Terzo Condono edilizio
Per una migliore trattazione in discussione, i giudici del TAR hanno ricordato i contenuti dell'art. 32, comma 27, lett. d) del D.L. n. 269/2003:
“Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora: […] d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
Con riferimento, poi, al tipo di abuso, il precedente comma 26,
sancisce che “Sono suscettibili di sanatoria edilizia le
tipologie di illecito di cui all’allegato 1:
a) numeri da 1 a 3, nell’ambito dell’intero territorio nazionale,
fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del
presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell’ambito degli immobili
soggetti a vincolo di cui all’articolo 32 della legge 28 febbraio
1985, n. 47;
b) numeri 4, 5 e 6, nelle aree non soggette ai vincoli di cui
all’articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in attuazione
di legge regionale […] con la quale è determinata la possibilità,
le condizioni e le modalità per l’ammissibilità a sanatoria di tali
tipologie di abuso edilizio”.
Nel dettaglio, le tipologia di opere abusive suscettibili di sanatoria alle condizioni di cui all’articolo 32, comma 26 sono (allegato 1 al D.L. n. 269/2003):
- Tipologia 1. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
- Tipologia 2. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio, ma conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici alla data di entrata in vigore del presente decreto;
- Tipologia 3. Opere di ristrutturazione edilizia come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;
- Tipologia 4. Opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera c) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio, nelle zone omogenee A di cui all’articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444;
- Tipologia 5. Opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera c) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;
- Tipologia 6. Opere di manutenzione straordinaria, come definite all’articolo 3, comma 1, lettera b) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio; opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume.
Le 4 condizioni per il condono edilizio
Dalla lettura delle suddette norme e secondo il prevalente (e condivisibile) indirizzo giurisprudenziale venutosi a formare sull’operatività delle previsioni appena riportate, ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), del D.L. n. 269/2003, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, tra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
- siano state realizzate prima dell’imposizione del vincolo;
- seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
- siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria);
- vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo stesso.
Allo stesso modo, fermo è il principio per cui non possono essere comunque sanate le opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque d’inedificabilità, anche relativa.
Gli abusi c.d. “maggiori” in area vincolata non possono in alcun modo beneficiare della sanatoria ai sensi del D.L. n. n. 269/2003, essendo possibile condonare solo interventi di minore rilevanza, ovvero opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria.
Il condono in area vincolata
Il ricorrente contesta:
- da un lato che le previsioni vincolistiche siano sopravvenute rispetto all’esecuzione delle opere e pertanto non sono idonee a precludere il condono;
- dall'altro risulterebbe ancora pendente la menzionata domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica, avente esito prodromico rispetto alla conclusione dell’iter di sanatoria.
I giudici, però, hanno ricordato che l’esclusione della condonabilità delle opere discende pianamente dalla circostanza che esse non rientrano nelle tipologie 4, 5 e 6 previste dall’Allegato 1 al D.L. n. 269/2003) .
Ne discende l’ininfluenza delle restanti questioni sollevate dall’interessata, ivi inclusa quella relativa alla pretesa posteriorità del vincolo (rispetto all’esecuzione delle opere), aspetto che avrebbe semmai potuto avere rilievo solo nel caso, non ricorrente nella specie, di abusi “astrattamente sanabili in area vincolata” (in quanto rientranti nelle tipologie 4, 5 e 6).
La Legge della Regione Lazio
Il TAR ricorda pure che per l’art. 3, comma 1, lett. b), della Legge della Regione Lazio 8 novembre 2004, n. 12 ha previsto che “[…] non sono comunque suscettibili di sanatoria: […] b) le opere di cui all’articolo 2, comma 1, realizzate, anche prima della apposizione del vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all’interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali”.
Con questa norma è stata introdotta una disciplina del c.d. terzo condono più rigorosa rispetto alla disciplina statale, essendo stata vietata la condonabilità di opere realizzate “anche prima dell’apposizione del vincolo”.
La sentenza della Corte Costituzionale
Con la recente sentenza 30 luglio 2021, n. 181, la Corte costituzionale ha riconosciuto la ragionevolezza di tale previsione, affermando quanto segue:
- “la normativa concernente il terzo condono (art. 32, comma 27, lettera d, del d.l. n. 269 del 2003, come convertito), […] pur facendo salve le previsioni degli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985, presenta «un ambito oggettivo più circoscritto» rispetto a quello di quest’ultima legge. Mentre, infatti, in base alla normativa del 1985 l’efficacia ostativa al rilascio del condono dei vincoli in esame era collegata al parere negativo dell’autorità preposta alla loro tutela, la disciplina del 2003 prevede che […] essi precludano senz’altro la sanatoria, al pari di quelli che comportano l’inedificabilità assoluta […]”;
- “la richiamata normativa del 2003 aggiunge che i vincoli aventi carattere ostativo alla sanatoria sono quelli «istituiti prima della esecuzione delle opere abusive”;
- “la normativa regionale del Lazio distingue tra «[o]pere abusive suscettibili di sanatoria» (art. 2 della legge reg. Lazio n. 12 del 2004) e «[c]ause ostative alla sanatoria edilizia» (art. 3 della stessa legge), annoverando, tra queste ultime, anche la successiva apposizione del vincolo (art. 3, comma 1, lettera b), senza che in via interpretativa tale non condonabilità possa ritenersi superabile”;
- “introducendo un regime più rigoroso di quello disegnato dalla normativa statale, il legislatore regionale del Lazio non ha oltrepassato il limite costituito dal principio di ragionevolezza. Per un verso, infatti, la possibile sopravvenienza di vincoli ostativi alla concessione del condono risulta espressamente prevista dalla disposizione censurata, ciò che ne esclude la lamentata assoluta imprevedibilità. Per altro verso, il regime più restrittivo introdotto dalla legge regionale ha come obiettivo la tutela di valori che presentano precipuo rilievo costituzionale, quali quelli paesaggistici, ambientali, idrogeologici e archeologici, sicché non è irragionevole che il legislatore regionale, nel bilanciare gli interessi in gioco, abbia scelto di proteggerli maggiormente, restringendo l'ambito applicativo del condono statale, sempre restando nel limite delle sue attribuzioni”.
Verrebbe da dire...diversamente da cosa sta cercando di fare la Regione Siciliana con la Legge n. 19/2021.
La posteriorità dell'apposizione del vincolo
Per quanto concerne la asserita posteriorità del vincolo, il TAR ricorda un orientamento pacifico per il quale in materia di abusi edilizi e del relativo regime sanzionatorio, l’onere di fornire la prova dell’epoca di realizzazione di un abuso edilizio e della sua consistenza incombe sulla parte privata e non sull’amministrazione, la quale, in presenza di un’opera edilizia non assistita da un titolo che la legittimi, ha solo il potere-dovere di sanzionarla ai sensi di legge.
La prova circa l’epoca di realizzazione delle opere edilizie e la relativa consistenza è nella disponibilità dell’interessato, dato che solo quest’ultimo può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’addotta sanabilità del manufatto e/o del suo carattere non abusivo in ragione dell’eventuale preesistenza rispetto all’epoca dell’introduzione di un determinato regime autorizzatorio dello ius aedificandi, dovendosi in ogni caso fare applicazione del generale principio processuale per cui la ripartizione dell’onere della prova va effettuata secondo il principio della vicinanza della prova.
Nel caso in esame la ricorrente assume che l’ampliamento e la nuova costruzione erano stati realizzati dal precedente proprietario e già prima dell'apposizione del vincolo. Tale circostanza tuttavia non è evincibile dalla documentazione versata in atti.
In definitiva il ricorso è stato integralmente respingo e confermato il diniego dell'amministrazione al permesso di costruire in sanatoria.
Documenti Allegati
Sentenza TAR Lazio 25 ottobre 2021, n. 10909IL NOTIZIOMETRO