Accertamento di compatibilità paesaggistica: il silenzio assenso della PA
Cosa prevede il Codice dei Beni Culturali in caso di inerzia da parte della Soprintendenza
Il silenzio assenso non è ammissibile nel caso di tutela del paesaggio: lo conferma ancora una volta il TAR Sicilia con la sentenza n. 1141/2022, riguardante il ricorso proposto per l’annullamento di un provvedimento della Soprintendenza che aveva negato la compatibilità paesaggistica ex art.167 e 181 del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) per opere realizzate in difformità su un immobile.
Accertamento di compatibilità paesaggistica: il parere della Soprintendenza
In particolare, la Soprintendenza ha riconosciuto la compatibilità paesaggistica per l’intervento di demolizione e ricostruzione di una parte del fabbricato, subordinandone il mantenimento “al pagamento dell’indennità” di cui all’art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, ritenendo invece le altre opere non compatibili con il paesaggio tutelato e con le norme dettate dal P.T.P., perché reputate in difformità dalle condizioni poste con l’autorizzazione paesaggistica.
Secondo il ricorrente, su tali opere si sarebbe formato il silenzio assenso e il provvedimento sarebbe stato carente di motivazione.
Compatibilità paesaggistica e silenzio assenso
Il TAR ha respinto entrambi i motivi di ricorso. Il giudice amministrativo ha ricordato che il silenzio assenso è escluso per i provvedimenti in materia di tutela del paesaggio ad opera dell'art. 146 cod. beni culturali, che prevede invece, al comma 10, appositi rimedi sostitutivi nel caso di inerzia dell'amministrazione procedente.
Tale esclusione si pone in linea con il principio generale stabilito all'art. 20, comma 4, della L. n. 241 del 1990, che vieta la formazione per silentium del provvedimento conclusivo nei procedimenti implicanti la tutela di "interessi sensibili", come è testualmente confermato, d'altro canto, dal comma 9 dello stesso art. 146, là dove, nel prevedere che con norme regolamentari siano stabilite procedure autorizzatorie semplificate per gli interventi di lieve entità, tiene "ferme ... le esclusioni di cui all'articolo 20, comma 4 della L. 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni".
Non solo: il provvedimento impugnato è stato reso su istanza del ricorrente al fine dell’accertamento “in sanatoria” di opere già realizzate in difformità dell’autorizzazione paesaggistica, per le quali non poteva operare il meccanismo del silenzio assenso di cui all’art. 46 della L.R. Sicilia n. 17/2004, che riguardava esclusivamente “le autorizzazioni ad eseguire opere in zone soggette a vincolo paesistico…” e non le richieste in sanatoria.
La motivazione di un provvedimento
Come spiega il TAR, la compatibilità paesaggistica costituisce espressione di discrezionalità tecnica e, dunque, non è sindacabile nel merito se non nei ristretti limiti dell’irragionevolezza e/o dell’illogicità manifeste, del travisamento dei fatti e della carenza di motivazione.
Nei pareri negativi di compatibilità paesaggistica l’onere motivazionale è ben assolto "con l’individuazione, nel bene abusivo, di caratteristiche che oggettivamente ne impediscano il corretto inserimento nell’area oggetto di specifica tutela” e ciò anche quando siano utilizzate “formule stringate o usuali di diniego”, pertanto tale parere può esser sinteticamente motivato nel riferimento alla descrizione delle opere e alle concrete circostanze nelle quali le stesso sono collocate, essendo la tutela del paesaggio valore costituzionale primario.
La Soprintendenza in questo caso, ha adeguatamente esplicitato le ragioni per le quali le opere “non possono considerarsi compatibili con il paesaggio”, richiamando l’inottemperanza alle prescrizioni già dettate “per armonizzare l’intervento richiesto al paesaggio circostante” e alle “norme dettate dal PTP nonché l’alterazione del territorio in ragione dell’ampliamento della superficie antropizzata rispetto a quella agricola” “con conseguente aumento dell’impatto dell’opera sul paesaggio” e “perdita dei valori propri dell’ambiente tutelato” e della “connotazione dell’edilizia rurale tradizionale”.
E tutto ciò a prescindere dalla diversa circostanza che le opere realizzate non avrebbero apportato alcun rilevante aumento di volumetria e della superficie utile.
Il ricorso è stato dunque respinto: il silenzio assenso in caso di compatibilità paesaggistica non si forma perché non è ammissibile; inoltre le motivazioni del provvedimento sono rimesse alla discrezionalità della PA, nei limiti della ragionevolezza e della logicità.
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